Questo articolo ci racconta nel dettaglio le collocazioni dei manoscritti di Jane Austen, tra lettere, opere incompiute e capitoli cancellati. Partiamo con l’autrice per un viaggio in una Austenland fatta di parole vergate da un pennino, fermandoci per un po’ nelle isole britanniche, volando fino agli Stati Uniti e sognando gli antipodi.
Molti, infatti, sono i modi in cui si può viaggiare in Austenland: uno di essi è, appunto, attraverso i manoscritti, testimonianze dirette e concrete della vita e dell’opera di Jane Austen, osservandoli da vicino nei luoghi in cui sono custoditi, oppure ammirandoli da lontano sullo schermo del nostro computer, grazie al prezioso e paziente lavoro di digitalizzazione compiuto da alcune istituzioni culturali.
L’articolo originale è apparso sulla rivista di Jane Austen Society of Italy “Due pollici d’avorio”, numero 2 (2015), pagg. 39-42. Per richiedere l’intero numero, scrivere a info@jasit.it.
Quando, nel febbraio del 2014, fu ritrovato un pezzo di carta incollato alla copertina di una prima edizione del Memoir of Jane Austen (Ricordo di Jane Austen) di James Ed-ward Austen-Leigh[1], recante una frase scritta dall’inconfondibile mano di Jane Austen, la notizia fece il consueto e prevedibile giro del mondo, suscitando grande entusiasmo e curiosità. Il frammento, che riportava una frase[2] che Jane aveva con tutta probabilità ricopiato per un sermone del fratello James, non sembrava avere di per sé particolare importanza e forse, se si fosse trattato di un altro autore, non avrebbe suscitato tanto scalpore. Il punto è che i manoscritti di Jane Austen arrivati fino a noi sono pochi se messi in relazione all’intero corpus delle sue opere, comprese le lettere e altri scritti, e il ritrovamento di un frammento di poche parole diventa, quindi, un avvenimento di enorme valore.
Uno dei più cocenti dispiaceri che affliggono tanto gli studiosi quanto gli appassionati di Jane Austen è la mancanza dei manoscritti dei suoi romanzi canonici.
Il fatto che siano sopravvissuti soltanto gli ultimi due capitoli della prima stesura di Persuasione sembra aumentare la sensazione di perdita dolorosa e irreparabile, soprattutto considerando l’enorme valore letterario che un documento del genere riveste, poiché permette ai lettori di osservare, anzi, ammirare il lavorio creativo dell’autrice che si dipana e si articola sulla pagina, animata dalle righe perfettamente dritte e la grafia chiara su cui spiccano le cancellazioni, le correzioni, le note – in breve, tutti i segni dinamici della sua creatività.
Ma se i romanzi canonici sono perduti per sempre, la collezione dei manoscritti austeniani ancora disponibili resta pur sempre popolata di altri pezzi di grande valore e importanza: dalla raccolta delle opere giovanili, i cosiddetti Juvenilia, al romanzo epistolare Lady Susan, agli incompiuti I Watson e Sanditon, a cui vanno aggiunti altri scritti di vario genere (come la nota del 1817 con i profitti delle sue pubblicazioni, o le raccolte di «Opinioni» su Mansfield Park e su Emma) e, ultime ma non meno importanti, la maggior parte delle 161 lettere sopravvissute alla selezione operata dalla sorella Cassandra poco prima di morire[3].
È possibile compiere un viaggio in questa Austenland di carta e inchiostro in due modi: inseguendo i manoscritti nei luoghi in cui sono conservati, tra il Regno Unito e gli Stati Uniti, sulle due sponde dell’Oceano Atlantico (facendo persino una deviazione agli antipodi, in Australia), oppure esplorandoli nei siti che li custodiscono nel grande mare di internet.
Regno Unito – Londra, Chawton, Oxford, Cambridge
Questo percorso non può che iniziare nella madrepatria di Jane Austen, il Regno Unito, e più precisamente nella sua capitale, Londra, dove la British Library custodisce una quantità di tesori austeniani, tra cui il famoso scrittoio portatile, una scatola porta spilli, e numerosi manoscritti preziosi: alcune lettere, lo spartito di musica copiato a mano da Jane, i volumi 2 e 3 degli Juvenilia, gli ultimi due capitoli della prima stesura di Persuasione, le «Opinioni» su Mansfield Park e su Emma.
Gli Juvenilia sono le opere giovanili composte tra il 1787 e il 1793 circa, che una Jane Austen adolescente scrisse in tre quaderni. La British Library ne possiede il secondo e il terzo. Essi includono, ad esempio, il breve «romanzo in forma epistolare» Amore e Amicizia (Love and Freindship, con il famoso refuso nella parola Friendship, una grafia che, invece, all’epoca era diffusa); la Storia d’Inghilterra, illustrata da Cassandra, provetta disegnatrice; Catharine, ovvero La pergola, il racconto incompiuto la cui eroina sembra anticipare le grandi protagoniste dei romanzi che verranno negli anni seguenti. Ammirare questi volumetti, infatti, permette di avvicinarsi alle prime prove letterarie della futura creatrice delle opere che tutto il mondo ama da due secoli.
Dai lavori di una scrittrice in erba, i manoscritti della British Library ci permettono di percorrere l’intero arco di maturazione dell’autrice perché ci offrono gli ultimi due capitoli di Persuasione (capp. 10 e 11 del vol. II), l’ultima opera completata. Si tratta di un’esperienza metaletteraria peculiare. Innanzitutto, perché queste sono le uniche pagine manoscritte dei romanzi canonici arrivate fino a noi. Inoltre, ci offrono uno sguardo intenso sul lavoro di composizione di Jane Austen poiché il testo affidato a queste pagine è nella prima stesura (risalente al luglio del 1816), che in seguito fu sottoposta a una completa revisione: il capitolo 10 fu sdoppiato e riscritto – e mai ripensamento fu più provvidenziale perché ci ha regalato lo splendido penultimo capitolo della definitiva stesura di Persuasione, un ineguagliabile apice narrativo.
Ma dove si trova il primo volume degli Juvenilia? Per ammirarlo, il viaggiatore austeniano deve prendere la strada che da Londra porta a Oxford ed entrare alla Bodleian Library, che lo custodisce insieme alla seconda parte del romanzo più travagliato, l’incompiuto (per volontà dell’autrice, che lo abbandonò nel 1805 e non lo riprese mai più) I Watson. La prima parte di quest’opera si trova assai più lontano, oltreoceano – ma prima di andare nel Nuovo Mondo, concludiamo il nostro viaggio d’inchiostro nel Regno Unito con un’ultima tappa: Cambridge.
Nella prestigiosa città universitaria, al King’s College troviamo il manoscritto più toccante per il carico emotivo che porta con sé, Sanditon. Si tratta delle ultime pagine e delle ultime parole che Jane Austen scrive prima di morire, ad appena 41 anni, il 18 luglio del 1817, a Winchester, dopo una lunga malattia.
Il manoscritto termina con una sola riga sull’ultima pagina, che resta inesorabilmente vuota. Subito sotto questa riga, si legge la data «18 marzo», quattro mesi esatti prima di morire.
È probabile che la patologia di cui Jane Austen soffriva (ancora oggi oggetto di svariate ipotesi) si sia aggravata a partire da questo momento, poiché solo un evento invincibile come una malattia invalidante avrebbe potuto impedire all’autrice di continuare il romanzo facendo ciò che le veniva naturale come respirare: scrivere.
Le lettere presenti sul territorio inglese sono numerose e sparse in luoghi diversi: oltre alle già citate Londra, Oxford e Cambridge, il viaggiatore austeniano dovrebbe spostarsi in altre località, e spingersi fino a Edimburgo. Alcune, però, sono custodite al Jane Austen’s House Museum di Chawton, insieme ad altri oggetti austeniani, quindi una visita alla casa dell’autrice può soddisfare anche il desiderio di ammirare alcuni suoi manoscritti relativi alla sua corrispondenza.
Stati Uniti d’America – New York
Nella guida del viaggiatore austeniano, a questo punto, mancano ancora molti manoscritti per completare questo viaggio di carta e d’inchiostro in Austenland. Per ammirarli, è necessario varcare l’Oceano Atlantico e sbarcare a New York, dove basterà entrare alla Morgan Library & Museum.
Innanzitutto, qui troviamo la prima parte del manoscritto del romanzo incompiuto I Watson, e l’unico romanzo epistolare di Jane Austen, Lady Susan (con l’unica eroina austeniana negativa).
Ci sono anche alcuni scritti che non sono opere letterarie ma sono comunque di grande interesse, come il Plan of a novel (Progetto di un romanzo): scritto probabilmente nei primi mesi del 1816, scaturisce dalla breve ma intensa corrispondenza tra Jane Austen ed il rev. James Stanier Clarke, il capo bibliotecario del Principe Reggente, che si avventurò a dare alla sua interlocutrice alcuni consigli di scrittura (impagabili le risposte in punta di fioretto con cui la «zitella illetterata» respinge qualunque tentativo di convincimento dell’importuno bibliotecario). Il Plan raccoglie i suggerimenti su un nuovo ipotetico romanzo giunti a Jane Austen da diverse persone.
Da non perdere una testimonianza di vita quotidiana che ha il pregio di raccontare molto della sua autrice. Profits of my novels (Profitti dei miei romanzi) è una nota del 1817 che riporta i guadagni ottenuti dalla vendita dei romanzi pubblicati fino a quel momento (i primi quattro):
la prima cifra riportata, 600 sterline, fa riferimento al totale dei primi tre romanzi (prima ed. di Ragione e Sentimento, prima e seconda ed. di Orgoglio e Pregiudizio e prima ed. di Mansfield Park), seguono i profitti di Emma e le perdite della seconda ed. di Mansfield Park. A conti fatti, Jane Austen, sempre attenta a ciò che suo nipote Edward chiamava «la Grana»[4], forse anche per le costanti difficoltà economiche che dovette affrontare, guadagnò circa 685 sterline per i suoi primi quattro romanzi, una cifra non particolarmente elevata ma di tutto rispetto.
Il viaggiatore austeniano ha ora il privilegio di concludere questo viaggio di carta e inchiostro in Austenland con un vero gran finale. La Morgan Library è, infatti, il forziere che custodisce un vasto tesoro austeniano: ben 51 delle 161 lettere giunte fino a noi[5].
Le lettere sono un’opera preziosa e speciale, il ritratto della vera Jane Austen e del mondo che la circondava, che era la materia prima della sua opera. Ammirarle dal vero e da vicino ci dà l’occasione di scoprire dettagli grafici che integrano il mero testo, così come siamo abituati a leggerlo in un libro. Ad esempio, la sua vanità femminile, che si soffermava spesso sugli abiti, i cappelli, gli ornamenti di vario genere, la spinse a disegnare il merletto che decorava la sua mantella nuova di zecca sul margine della lettera spedita da Bath il 2 giugno 1799, alla sorella Cassandra.
Questo diventa particolarmente significativo se si considera l’esigenza di utilizzare un solo foglio, sfruttandone tutto lo spazio disponibile (per contenere al minimo il costo dell’affrancatura, che all’epoca era a carico del destinatario), che rende Jane Austen una vera acrobata della scrittura incrociata e disposta su più lati, come ben dimostra la lettera spedita a Cassandra da Godmersham il 20-22 giugno 1808.
Per vedere i manoscritti delle altre lettere, sarebbe necessario spostarsi altrove, ad esempio a Harvard o Boston, e spingersi addirittura agli antipodi, fino in Australia, alla National Library di Canberra. Oppure, si può scegliere di… restare a casa.
Nel grande mare della rete
Il viaggiatore austeniano che non ha la possibilità di percorrere fisicamente i tanti chilometri che lo separano dai manoscritti, e che separano i diversi manoscritti tra loro (soprattutto le lettere), trova nella tecnologia moderna la migliore alleata.
Grazie al lavoro di un gruppo di studiosi capitanati da Kathryn Sutherland, una dei massimi esperti contemporanei di Jane Austen, tutti i manoscritti (ad esclusione delle lettere) sono stati digitalizzati e sono disponibili sul sito www.janeausten.ac.uk. La consultazione è agevolata dal fatto che ogni manoscritto è corredato di un testo a fronte che ne riporta la trascrizione completa.
Le lettere, invece, possono essere rintracciate sui siti delle diverse istituzioni che le ospitano (e che hanno provveduto a digitalizzarle), ad esempio il sito della British Library (www.bl.uk) e quello della Morgan Library & Museum (www.themorgan.org)[6].
Se è vero che nulla può eguagliare l’esperienza diretta, dal vivo, dei manoscritti austeniani, resta il fatto che avere la possibilità di osservarli a distanza sullo schermo freddo e piatto di un computer è comunque un incomparabile privilegio moderno di cui essere molto grati. Soltanto così possiamo aggiungere alla nostra già ricchissima esperienza di lettori delle opere di Jane Austen la straordinaria, entusiasmante esplorazione del processo creativo che le ha prodotte.
Note:
[1] Si veda in proposito l’articolo Ritrovato il frammento di un manoscritto di Jane Austen, di Silvia Ogier, 14 aprile 2014, sul sito internet della Jane Austen Society of Italy (www.jasit.it).
[2] «Men may get into a habit of repeating the words of our Prayers by rote, perhaps without thoroughly understanding – certainly without thoroughly feeling their full force & meaning» («Gli uomini possono abituarsi a ripetere a memo-ria le parole delle nostre Preghiere, forse senza capirle completamente – di certo senza sentirne completamente la piena forza e il significato», ibidem).
[3] Grazie alla testimonianza di una delle nipoti, Caroline Austen (figlia di James, fratello maggiore di Jane), si sa per certo che cosa è accaduto alle lettere. In My Aunt Jane Austen. A Memoir (Mia Zia Jane Austen. Ricordi) del 1867, Caroline raccolse i propri ricordi a proposito dell’illustre zia, scrivendo quanto segue: «Le sue lettere alla Zia Cassandra (perché talvolta erano separate) credo proprio che fossero aperte e confidenziali. Mia Zia le controllò e ne bruciò la maggior parte (così mi disse) due o tre anni prima della propria morte. Ne lasciò, o ne diede alcune come ricordo alle Nipoti, ma di quelle che ho visto io diverse avevano parti tagliate» (trad. it. di G. Ierolli).
[4] «La gente è più propensa a prendere in prestito ed elogiare, che a comprare – cosa che non mi meraviglia; – ma anche se mi piacciono gli elogi come a tutti, mi piace anche quello che Edward chiama la Grana» (Lettera del 30 novembre 1814, trad. it. di G. Ierolli).
[5] Cfr. nota 3.
[6] Un elenco completo delle istituzioni che conservano i manoscritti delle lettere è disponibile sul sito www.jausten.it alla pagina Lettere.
- Per richiedere l’intero numero di Due Pollici D’Avorio, scrivere a info@jasit.it
- Per saperne di più sulla rivista di JASIT, consultare la pagina dedicata a Due Pollici D’Avorio
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(Bologna, Italy) – Diplomata Traduttrice e Interprete e laureata in Lingue e Letterature Straniere, ha lavorato come traduttrice e da anni si occupa di marketing e comunicazione aziendale. Il suo maggiore interesse libresco è la letteratura scritta dalle donne. Ha letto Jane Austen per la prima volta a vent’anni (Orgoglio e Pregiudizio). Nel dicembre 2010 ha aperto il blog monografico Un tè con Jane Austen e nel 2013 ha fondato Jane Austen Society of Italy (JASIT), di cui è presidente.