L’articolo prende in esame Sanditon, l’ultima e incompiuta opera austeniana, con informazioni essenziali sulla stesura del manoscritto e sulle vicende biografiche che caratterizzarono i circa tre mesi intercorsi tra l’inizio e l’abbandono della composizione. Nella seconda parte l’attenzione è rivolta sia alla novità di un argomento come la speculazione immobiliare legata allo sviluppo di una località balneare, un tema piuttosto inusuale nella narrativa austeniana, sia, in particolare, al ritorno a uno stile parodico che sembrava essersi fatto più sfumato nel tempo, tanto da permettere di trovare alcune analogie con le opere giovanili, i cosiddetti Juvenilia, e con il romanzo che per primo conobbe una stesura definitiva: Northanger Abbey.
L’articolo originale è apparso sulla rivista di Jane Austen Society of Italy “Due pollici d’avorio”, numero 6 (2016), pagg. 11-18. Per richiedere l’intero numero, scrivere a info@jasit.it.
Ammiro la Perspicacia e il Buongusto di Charlotte Williams. Quegli occhioni scuri giudicano sempre bene. – Le farò omaggio, dando il suo nome a un’Eroina.[1]
Così Jane Austen scriveva alla sorella Cassandra in una lettera dell’11 ottobre 1813. Di eroine che si chiamano Charlotte non v’è traccia nei romanzi canonici scritti dopo quella data (Mansfield Park, Emma e Persuasione), ma quel nome lo troviamo invece nell’ultima opera austeniana, il romanzo incompiuto che prende il nome da un’immaginaria località marina: Sanditon, dove tra i personaggi troviamo appunto Charlotte Heywood. Vista l’incompiutezza dell’opera non possiamo esserne assolutamente certi, ma tutto porta a ritenere che sia lei l’eroina della storia.
Non possiamo naturalmente essere certi nemmeno dell’effettiva relazione tra quella frase appena accennata in una lettera del 1813 e un nome inserito in un lavoro iniziato poco più di due anni dopo, anche se il giudizio sulla Charlotte reale, della quale Jane Austen ammirava «la perspicacia e il buongusto», potrebbe tranquillamente essere trasferito alla Charlotte immaginaria.
Sulle date di composizione di Sanditon abbiamo una fonte la cui autorità è indiscussa, visto che si tratta della stessa autrice. Ci è infatti rimasto il manoscritto dell’opera, prezioso sia perché è l’unico, insieme ai due ultimi capitoli di Persuasione poi parzialmente riscritti, della maturità di Jane Austen, sia per la presenza di numerose correzioni, che ci permettono di studiarne da vicino le modalità creative, i ripensamenti e gli aggiustamenti in corso d’opera[2].
Sulla prima pagina del manoscritto, suddiviso in tre fascicoli, troviamo la data «Jan: 27. – 1817», sulla prima del terzo fascicolo (cap. 9) «March 1.st» mentre sull’ultima, il capitolo 12 del quale non sappiamo se fosse o meno terminato, si legge «March 18.», quattro mesi esatti prima della morte. Il manoscritto è di 120 pagine, corrispondenti a poco più di 70 pagine a stampa.
L’opera fu quindi iniziata alla fine di gennaio del 1817, quando la malattia che avrebbe portato Jane Austen alla morte sei mesi dopo era ormai piuttosto avanzata. Che in una situazione del genere abbia comunque cominciato a scrivere un romanzo nuovo indica che molto probabilmente non fosse ancora pienamente consapevole della gravità della malattia, che invece meno di due mesi dopo sarebbe apparsa evidente e l’avrebbe costretta a rinunciare a proseguire la scrittura. Il fatto poi che sul manoscritto vi sia quella data finale è particolarmente significativo: è come se l’autrice si fosse arresa alla realtà dei fatti, e avesse con quella data chiuso definitivamente con la possibilità di riprendere l’opera in un futuro più o meno lontano.
Nel gennaio del 1817 Jane Austen si sentiva in effetti più in forze, dopo i continui disturbi e il progressivo indebolimento iniziati nella primavera dell’anno precedente. In due lettere dei giorni immediatamente precedenti leggiamo infatti:
Io mi sento più forte di quanto non fossi sei mesi fa, e sono così perfettamente in grado di camminare fino a Alton, oppure di tornare indietro, senza la minima fatica che spero di poter fare entrambe le cose una volta arrivata l’estate. (23 gennaio 1817, alla nipote Caroline Austen)
Siamo tutte in buona salute, io ho sicuramente riacquistato energia durante l’Inverno e non sono lontana dal sentirmi bene; ora credo di aver capito il mio caso molto meglio di prima, tanto da essere in grado con le dovute attenzioni di evitare serie ricadute. Sono sempre più convinta che alla base di tutto ciò che ho sofferto ci sia la Bile, il che rende semplice capire come curarmi. (24 gennaio 1817, all’amica Alethea Bigg)
mentre nelle lettere a ridosso della data apposta sull’ultima pagina si nota un peggioramento, anche se mascherato da un ottimismo che però sembra ormai più consolatorio che reale:
Io sto di nuovo discretamente bene, in grado di passeggiare qui intorno e di godermi l’Aria aperta; e mettendomi a sedere e riposando un bel po’ tra le mie Passeggiate, faccio abbastanza esercizio. (13 marzo 1817, alla nipote Fanny Knight)
Tante grazie per le gentili domande sulla mia salute; di sicuro non sono stata bene per parecchie settimane, e circa una settimana fa ero molto malmessa, ho avuto un bel po’ di febbre a intervalli e brutte nottate, ma ora sto notevolmente meglio, e sto un po’ recuperando il mio Aspetto, che è stato abbastanza brutto, nero e bianco e di tutti i colori sbagliati. (23 marzo 1817, alla stessa)
Ho fatto una passeggiata sull’Asino e mi è piaciuta moltissimo – e devi cercare di procurarmi giornate tranquille e miti, affinché io possa uscire quasi sempre. – Troppo Vento non mi fa bene, dato che soffro ancora di Reumatismi. – In breve al momento sono un ben misero Tesoro. Voglio stare meglio per quando verrai a trovarci. (26 marzo 1817, alla nipote Carolina Austen)
Nelle ultime due settimane sono stata davvero troppo indisposta per scrivere nulla di più di quello che era strettamente necessario. Ho sofferto di un attacco Biliare, accompagnato da una forte febbre. (6 aprile 1817, al fratello Charles)
L’aggravamento del suo stato di salute è poi confermato dal fatto che poco più di venti giorni dopo quest’ultima lettera, il 27 aprile 1817, Jane Austen fece testamento, a un mese dal trasferimento a Winchester per l’ultimo tentativo di cura prima della morte il 18 luglio.
Sanditon rimase quindi incompleto, senza neanche un titolo, tra le carte lasciate da Jane Austen alla sorella Cassandra. Alla sua morte il manoscritto passò alla nipote Anna Lefroy, figlia di James Austen, che collaborò con il fratello James Edward all’esame del testo per la pubblicazione di numerosi estratti nella seconda edizione della prima biografia austeniana[3]. Il capitolo con gli estratti ha il titolo «The Last Work», anche se in una lettera del periodo immediatamente precedente alla pubblicazione della biografia, Anna Lefroy si riferisce all’opera chiamandola «Sanditon»[4]. Riguardo al titolo, c’è anche una lettera a R. W. Chapman, il curatore della prima edizione critica delle opere di Jane Austen, in cui Mrs. Janet Sanders, una nipote di Frank Austen (figlia di un figlio), afferma, sulla base dei ricordi tramandati dal nonno, che l’autrice avrebbe voluto dare all’opera il titolo «The Brothers»[5].
I tre fascicoli furono poi ereditati da Mary Isabella Lefroy, figlia di un figlio di Anna e quindi, nel 1930, donati al King’s College di Cambridge, dove si trovano attualmente. La prima edizione integrale sulla base del manoscritto risale al 1925, a cura di R. W. Chapman, anche se nel volume manca l’indicazione del curatore[6].
Un esame approfondito del manoscritto, in relazione soprattutto alle numerose correzioni presenti, è nel libro di Kathryn Sutherland Jane Austen’s Textual Lives, Oxford University Press, 2005 («Sanditon», pp. 168-197), mentre una panoramica dei giudizi critici sull’opera si trova nel volume della Cambridge University Press citato nella nota 5 («Introduction», pp. LXXXIX-XCVIII).
Il romanzo si apre con un tipico incipit austeniano in medias res:
Un gentiluomo e la sua signora, in viaggio da Tunbridge verso quella parte del Sussex che si trova fra Hastings e Eastbourne, indotti da degli affari a lasciare la strada principale e ad affrontare una stradina molto dissestata, si rovesciarono mentre risalivano a fatica un lungo pendio frammisto di rocce e sabbia.
in cui entra subito in scena Mr. Parker, il protagonista principale di una speculazione immobiliare relativa ai tentativi di trasformare un piccolo paese sul mare in una località balneare capace di fare concorrenza a quelle che si contendevano i favori dei vacanzieri dell’epoca.
È un argomento piuttosto inusuale all’interno del corpus austeniano, anche se alcune località balneari sono comunque presenti in alcuni dei sei romanzi canonici. In Orgoglio e pregiudizio la fuga di Lydia Bennet e Wickham avviene a Brighton, forse il posto di mare più famoso dell’epoca, soprattutto dopo la costruzione del Pavillon, il fastoso palazzo iniziato nel 1787 dal principe di Galles, il futuro reggente, e poi ristrutturato nel 1802 secondo uno stile che richiamava l’oriente. In Emma le vacanze balneari di John Knightley e della moglie Isabella provocano una divertente conversazione tra quest’ultima e il padre, Mr. Woodhouse, che magnifica le virtù terapeutiche di una località diversa da quella scelta dalla famiglia della figlia, sollevando le ire del genero, mentre in Persuasione un’altra località di mare, Lyme Regis, diventa lo scenario di un importante e decisivo sviluppo della vicenda.
Sono però solo degli accenni, dei luoghi in cui vengono ambientate alcune vicende, o dei quali si parla più o meno estesamente. In Sanditon invece il luogo, e soprattutto il tentativo di trasformarlo da sonnolento paesotto sul mare a località alla moda, diventa una caratteristica essenziale dell’azione, e le vicende in cui vengono coinvolti i personaggi sono fortemente influenzate da questa circostanza.
Per esempio, l’incidente descritto all’inizio del romanzo è dovuto alla ricerca da parte di Mr. Parker di un medico da portare a Sanditon per assicurare ai visitatori un’adeguata assistenza sanitaria; i rapporti tra Parker e l’altra protagonista della speculazione immobiliare, Lady Denham, hanno come punto di riferimento lo sviluppo urbanistico del luogo; l’arrivo a Sanditon delle due sorelle e di uno dei fratelli di Parker ha lo scopo di cercare casa per alcuni previsti, o meglio presunti, inquilini delle tante case di nuova costruzione.
Questa significativa importanza del luogo, o meglio delle circostanze relative al luogo in cui si svolge la vicenda, determina un uso piuttosto esteso delle descrizioni di quelli che, con un termine cinematografico, potremmo chiamare «esterni», un uso sicuramente più ampio di quello dei romanzi precedenti.
Nel capitolo 6 Mr. Parker non si fa scrupolo di negare qualsiasi rimpianto per la vecchia casa di famiglia, pur di magnificare il più salubre edificio che si è fatto costruire di recente:
È un onesto edificio vecchio stile, e Hillier lo mantiene in ottimo stato. Sapete, l’ho ceduta all’uomo che ha in affitto la maggior parte delle mie terre. Lui ha ottenuto una casa migliore, e io una posizione ancora meglio! Un’altra collina e saremo a Sanditon, la Sanditon moderna, un bel posto. I nostri antenati, lo sapete, costruivano sempre in una fossa. Stavamo qui, confinati in questo stretto angolo, senza né aria né vista, a solo un miglio e tre quarti dalla grandiosa distesa dell’oceano tra South Foreland e Land’s End, e senza trarne il minimo vantaggio. Non penserete certo che io abbia fatto uno scambio sfavorevole, quando saremo a Trafalgar House, che, a proposito, vorrei quasi non aver chiamato Trafalgar, perché ora sarebbe più giusto Waterloo.[7]
mentre la moglie non sembra altrettanto convinta della convenienza di quello scambio:
“È sempre stata una casa molto confortevole”, disse Mrs. Parker, guardandola attraverso il finestrino posteriore con qualcosa come un affettuoso rimpianto. “E con un giardino così bello, un bellissimo giardino.”
Subito dopo la descrizione si estende al paese in generale, sempre con un deliziato Mr. Parker che ne decanta i particolari:
Il villaggio conteneva quasi solo cottage, ma lo spirito dei tempi si era imposto, come un deliziato Mr. Parker fece notare a Charlotte, e due o tre dei migliori di essi erano abbelliti da tendine bianche e dal cartello “Affittasi”, e più avanti, nel piccolo prato di una vecchia fattoria, in effetti si vedevano due donne vestite elegantemente in bianco, con i loro libri e seggiolini, e girando l’angolo del panettiere, si sentiva provenire il suono di un’arpa da una finestra del piano superiore. Per Mr. Parker quella vista e quei suoni erano una vera benedizione.
E più avanti c’è sempre questo intreccio tra la descrizione del luogo e i desideri di chi lo vorrebbe vedere crescere e svilupparsi in fretta:
Un po’ più su, iniziava la parte moderna e, nell’attraversare la collina, Charlotte poté guardare con la calma di una divertita curiosità una Prospect House, un Bellevue Cottage e un Denham Place, mentre l’occhio ansioso di Mr. Parker sperava di non vedere case vuote.
Già dal primo capitolo si avverte poi, soprattutto nella descrizione del carattere di Mr. Parker e nella conversazione iniziale con Mr. Heywood, una forte accentuazione dell’elemento parodico, che sembrava essere stato messo un po’ in ombra in Persuasione. Questa sensazione prosegue per tutto il frammento, e quasi nessun personaggio ne resta esente, tanto che nel corso della lettura non si può fare a meno di pensare alle opere giovanili, i cosiddetti Juvenilia, ma anche a Northanger Abbey, come se alla fine della sua breve vita Jane Austen avesse voluto in qualche modo riprendere le fila di quella sorta di esperimenti di parodia letteraria che l’avevano avviata alla scrittura. Se però i brevi divertissement delle opere giovanili, e in parte anche Northanger Abbey, avevano praticamente l’unico scopo di mettere alla berlina le esagerazioni dei romanzi gotici e sentimentali dell’epoca, qui la parodia, per quanto fortemente presente, non è mai fine a se stessa, ma diventa parte integrante della storia. In questo senso lo stile è senz’altro quello dei romanzi della maturità, e l’elemento parodico si distingue soltanto per la presenza più massiccia, che lo fa diventare, insieme al tema dello sviluppo balneare, una sorta di motore della vicenda.
Nel capitolo 6 possiamo leggere un brano che ci fa pensare sia al famoso incipit di Northanger Abbey («Nessuno che avesse conosciuto Catherine Morland nella sua infanzia avrebbe mai immaginato che fosse nata per essere un’eroina.»), sia alle eroine dei romanzi sentimentali (belle, povere e maltrattate) parodiati nelle opere giovanili:
Charlotte non poté non vedere in lei la perfetta personificazione di qualunque eroina potesse essere considerata la più bella e affascinante in tutti i numerosi volumi che si era lasciata alle spalle negli scaffali di Mrs. Whitby. Forse si doveva in parte al fatto di essere appena uscita da una biblioteca circolante, ma non riusciva a separare Clara Brereton dall’idea di una perfetta eroina. La sua condizione nei confronti di Lady Denham era talmente a favore di un’idea del genere! Sembrava messa lì apposta per essere maltrattata. Una simile povertà e dipendenza, unite alla sua bellezza e alle sue qualità, non sembravano lasciare scelta nella faccenda.
Subito dopo troviamo parole che fanno apparire Charlotte Heywood come un perfetto contraltare di Catherine Morland, l’eroina austeniana più influenzata dalla lettura dei romanzi:
Quei sentimenti non erano il risultato di uno spirito romantico, da parte di Charlotte. No, era una signorina molto assennata, sufficientemente esperta di romanzi per far sì che la sua immaginazione ne traesse divertimento, ma senza che ne fosse assolutamente influenzata in modo irragionevole.
Quello che leggiamo nel capitolo 8 su un altro personaggio, Sir Edward Denham, lo fa invece sembrare la versione maschile della protagonista di Northanger Abbey:
La verità era che Sir Edward, la cui situazione l’aveva confinato troppo in un posto solo, aveva letto più romanzi sentimentali di quanti ne potesse digerire.
In alcuni punti, in particolare quando è in scena la sorella di Mr. Parker, Diana, con il suo frenetico e non richiesto altruismo e le sue preoccupazioni mediche riguardanti se stessa, la sorella Susan e il fratello Arthur, ci sono affermazioni iperboliche che riportano alla mente i brani comici più esilaranti degli Juvenilia (il grassetto è mio):
Due anni fa mi capitò di far visita a Mrs. Sheldon, proprio quando il suo cocchiere prese una storta a un piede mentre stava pulendo la carrozza e riuscì a malapena a rientrare in casa zoppicando; ma con un solo massaggio immediato, portato avanti con continuità (gli ho massaggiato la caviglia io stessa per sei ore senza interruzioni) in tre giorni era guarito. (cap. 5)
dubito che i nervi di Susan siano all’altezza dello sforzo. Ha sofferto molto di mal di testa, e sei salassi al giorno per dieci giorni di seguito le hanno dato così poco sollievo che abbiamo pensato fosse giusto cambiare la cura, ed essendomi convinta, dopo un attento esame, che molto del malanno risiedesse nelle gengive, l’ho convinta ad attaccare là il disturbo. Di conseguenza, le hanno tolto tre denti, e sta decisamente meglio, ma i suoi nervi ne hanno alquanto risentito. Può parlare solo con un sussurro, e stamattina è svenuta due volte ai tentativi del povero Arthur di soffocare la tosse. Lui, sono felice di poterlo dire, sta discretamente bene, anche se è più fiacco di quanto vorrei, e temo per il suo fegato. (cap. 5)
Susan non mangia mai, te lo garantisco, e al momento io non ho bisogno di nulla; dopo un viaggio non mangio per circa una settimana, ma quanto a Arthur, lui è l’unico anche troppo incline al cibo.
Spesso siamo costrette a controllarlo. (cap. 9)
Tornando a Sir Edward Denham, la parte più significativa che lo riguarda la troviamo nel corso della lunga passeggiata con Charlotte Heywood nel capitolo 7, infarcita di citazioni che sembrano scelte a caso e piena di luoghi comuni e di immagini che sembrano tratte dal repertorio del più abusato «romanticismo»:
Cominciò, con un tono partecipe da fine conoscitore, a parlare del mare e della spiaggia, e si avventurò con energia in tutte le frasi usate di solito per esaltarne la sublimità, e per descrivere le indescrivibili emozioni che eccitano in un animo sensibile. La terrificante grandiosità dell’oceano in tempesta, la cristallina superficie nei momenti di calma, i gabbiani e la salicornia, l’insondabile profondità degli abissi, i rapidi mutamenti, le terribili insidie, i marinai allettati dal sole e sopraffatti da una tempesta improvvisa, tutto venne descritto con eloquente veemenza; luoghi comuni, forse, ma pronunciati molto bene dalle labbra di un bel Sir Edward, e lei non poté non ritenerlo un uomo sensibile, finché non iniziò a farla vacillare con la frequenza delle sue citazioni, e la confusione di alcune frasi.
tanto che alla fine provocano nella sua interlocutrice un giudizio molto efficace nella sua concisione: «Charlotte cominciò a pensare che fosse un perfetto cretino».
Lady Denham, la sodale in affari di Mr. Parker nell’opera di riqualificazione di Sanditon, molto meno entusiasta del suo socio e molto più attenta ai ritorni economici immediati, viene presentata all’inizio del capitolo 3, con parole sempre intrise di ironia: «Ogni posto dovrebbe avere una gran dama.», visto che in effetti la «gran dama» di Sanditon era in origine una semplice Miss Brereton, sposatasi prima con un ricco proprietario terriero non titolato e poi, dopo essere rimasta vedova, con un titolato privo di soldi, anch’egli passato a miglior vita. Miss Brereton si era quindi ritrovata sola e indipendente, con il denaro del primo marito e il titolo di «Lady» ereditato dal secondo.
I suoi interventi sono sempre fortemente orientati ai propri interessi e anche in questo caso l’elemento parodico è preponderante:
Resteranno per sei settimane, e fra tante, magari forse qualcuna soffrirà di consunzione e avrà bisogno di latte d’asina, e al momento io ho due asine da latte. Ma forse le signorinette potrebbero rovinare i mobili; spero che abbiano un’istitutrice capace e attenta che badi a loro. (cap. 6)
ed è anche molto attenta a non alleviare troppo le condizioni precarie di molti suoi concittadini, visto quanto dice circa l’incidente iniziale di Mr. Parker, avvenuto a causa della ricerca di un medico da portare a Sanditon:
Come avete potuto pensare a una cosa del genere? Mi dispiace molto per l’incidente ma, parola mia, ve lo siete meritato. Andare in cerca di un dottore! Perché mai, che cosa dovremmo farci con un dottore? Avere un dottore a portata di mano servirebbe solo a incoraggiare la servitù e i poveri a credersi malati. Oh! per favore, lasciate che a Sanditon non ce ne sia nessuno di quella razza, andiamo avanti benissimo così come stiamo. (cap. 6)
Quasi tutti i personaggi che vengono via via introdotti non sfuggono allo sguardo tagliente dell’autrice, che sembra farli sfilare man mano di fronte al lettore mettendone in risalto le caratteristiche più spassose.
Nel capitolo 6 c’è la brevissima, e unica, apparizione, di Miss Whitby, la figlia della bibliotecaria, che non ha molta fretta di rendersi utile ai visitatori:
mentre Charlotte, dopo aver aggiunto il suo nome alla lista come primo tributo al successo della stagione, si affrettò immediatamente a fare qualche acquisto, a ulteriore beneficio di tutti, non appena Miss Whitby riuscì a liberarsi dalla sua toletta, con riccioli messi a nuovo ed eleganti ninnoli, per mettersi a sua disposizione.
un’apparizione che fa capire al lettore quanto siano rilassate le abitudini degli abitanti di Sanditon rispetto al frenetico attivismo di Mr. Parker e della sorella Diana.
Nel capitolo 11 arrivano le ospiti tanto attese da Diana Parker, anche se in numero notevolmente inferiore alle previsioni. Sono solo in quattro, ivi comprese due signorine ansiose di trarre il massimo da quella vacanza in un posto così poco alla moda:
Le altre ragazze, due signorine Beaufort, erano esattamente il tipo di giovinette presenti dappertutto nel regno in almeno una famiglia su tre; avevano un colorito discreto, un aspetto vistoso, un portamento diritto e deciso e uno sguardo disinvolto; erano molto raffinate e molto ignoranti, visto che il loro tempo era diviso tra occupazioni che potevano suscitare ammirazione, e sforzi ed espedienti di ingegnosa abilità, attraverso i quali potevano vestire con uno stile molto al di là di quanto avrebbero potuto permettersi; erano tra le prime a seguire ogni cambiamento della moda, e l’obiettivo finale era di attrarre un uomo molto più ricco di loro.
e i loro sforzi sembrano coronati da un certo successo visti gli sguardi che attirano durante le loro «casuali» apparizioni alla finestra:
La casa d’angolo del Terrace fu quella nella quale Miss Diana Parker ebbe il piacere di sistemare le sue nuove amiche, e considerando che la facciata dominava sulla passeggiata preferita da tutti i villeggianti di Sanditon, e da un lato permetteva di vedere tutto ciò che succedeva nell’albergo, non ci sarebbe potuto essere un posto più favorevole per l’isolamento delle signorine Beaufort. E infatti, molto prima di essersi sistemate con uno strumento, o con i fogli da disegno, avevano, con la frequenza delle loro apparizioni alle porte-finestre del piano di sopra per chiudere le imposte, aprire le imposte, sistemare un vaso di fiori sul balcone o guardare nel vuoto con il telescopio, attirato in alto molti sguardi e indotto molti osservatori a osservare ripetutamente.
Gli esempi di questo uso molto accentuato della parodia sarebbero innumerevoli, ma quello che è significativo sottolineare sono le due caratteristiche principali della narrazione: la novità della scelta di un argomento in qualche modo «sociale» e inusuale nella scrittura austeniana, insieme a quello che invece sembra un ritorno in grande stile a un linguaggio parodico talvolta vicino quello degli inizi. Purtroppo il frammento è troppo breve per farci capire se queste scelte avrebbero influenzato, e se sì quanto, l’intero romanzo; fra l’altro, è proprio nell’ultimo capitolo rimastoci che sembra esserci come uno scatto nella narrazione, con due scene sicuramente foriere di sviluppi futuri: il furtivo tête-à-tête tra Sir Edward Denham e Clara Brereton nel parco di Sanditon House intravisto da Charlotte Heywood, e l’apparizione di Sidney, l’altro fratello di Mr. Parker, che probabilmente doveva assumere il ruolo di protagonista maschile.
Quello che possiamo dire con certezza è che quest’opera, come tutte le altre uscite dalla penna di Jane Austen, ivi comprese le lettere, suscita comunque un interesse che non viene mai meno, e, sia pure nel suo stato di lavoro incompiuto, che sicuramente non è stato oggetto delle revisioni dei romanzi completi, rivela una inventiva letteraria e una vivacità intellettuale che ci fa rimpiangere ancora di più la sorte che ci ha privati così presto della sua voce.
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[1] Per le citazioni da opere e lettere austeniane ho utilizzato le mie traduzioni, reperibili nel sito jausten.it.
[2] Il manoscritto è visibile nel sito web «Jane Austen’s Fiction Manuscripts» all’indirizzo www.janeausten.ac.uk.
[3] James Edward Austen-Leigh, A Memoir of Jane Austen, Second Edition, London, Richard Bentley & Son 1871.
[4] Lettera di Anna Lefroy a James Edward Austen-Leigh del 20 maggio 1869 (cit. in: J. E. Austen-Leigh, A Memoir of Jane Austen and Other Family Recollections, edited by Kathryn Sutherland, Oxford University Press 2002, p. 184 – la lettera non contiene l’indicazione dell’anno, che non è quindi certo).
[5] Lettera di Janet Sanders a R. W. Chapman dell’8 febbraio 1925 (cit. in: Jane Austen, Later Manuscripts, edited by Janet Todd and Linda Bree, Cambridge University Press 2008, Introduction, p. LXXX).
[6] Jane Austen, Fragment of a Novel, Oxford, Clarendon Press 1925 [a cura di R. W. Chapman].
[7] La battaglia navale di Trafalgar era stata combattuta più di dieci anni prima, nel 1805, mentre quella di Waterloo, che nel 1815 segnò la definitiva sconfitta di Napoleone, era recentissima.
Dal 2009 al 2013 ha tradotto tutte le opere e le lettere di Jane Austen, raccolte nel sito jausten.it. Ha scritto due biografie di Jane Austen: Jane Austen si racconta (Utelibri, 2012) e In Inghilterra con Jane Austen (Giulio Perrone Editore, 2022). Nel 2015 ha curato e tradotto Lady Susan e le altre (Elliot), una raccolta di romanzi e racconti epistolari di Jane Austen. Nel 2017, in occasione del bicentenario della morte di Jane Austen, ha curato tre volumi editi da Elliot: Juvenilia, Ricordo di Jane Austen e altre memorie familiari (di James Edward Austen Leigh) e I Janeites (di Rudyard Kipling), oltre a un’antologia delle lettere pubblicata da “La biblioteca di Repubblica-L’Espresso”, comprendente anche l’incompiuto Sanditon.