Pellegrinaggio a Chawton

Romina Angelici condivide con noi il diario del suo pellegrinaggio a Chawton.

È la mia prima volta a Londra con la famiglia e non posso non andare a trovare la mia cara Jane Austen- Prendere il treno per Alton è come entrare nel cuore della campagna inglese. Una modesta stazione ferroviaria ci accoglie senza clamore e senza difficoltà siamo convogliati in direzione di Chawton lungo il saliscendi di High Street. Oltrepassato il centro abitato giungiamo allo slargo di un rasatissimo parco. Da qui, superati la doppia rotonda e il French Horn pub – dove nemmeno Jane si fermava – imbocchiamo Winchester Road. Il quartiere è silenzioso, i cottage sono curatissimi e rifiniti, ogni anfratto è stato seminato di fiori. Guardo gli alberi secolari che si stagliano contro il cielo azzurro dell’Inghilterra e penso che quelle fronde odorose hanno ombreggiato anche la passeggiata di Jane e della sua abituale compagna. Ma il vero tuffo nel passato lo compio appena avvisto il sottopassaggio pedonale – con indicazioni del Jane Austen Trail – che conduce nel borgo di Chawton, un ristretto caseggiato che si riversa sulla strada. Già quando intravvedo la tenuta dei Prowtings, avverto l’imminenza di un cottage ben più importante. Siamo arrivati a quel fatidico crocevia! Sono qui, sono davvero qui, non ci credo ma voglio rendermene conto per godermi questo momento, registrare e annotare ogni particolare.
Mi attardo un po’ prima di entrare, costeggio e accarezzo le mura esterne, scruto le targhe commemorative che dichiarano con marmorea chiarezza che sono davanti alla casa dove Jane Austen esplicò pienamente il suo talento, trovò l’ambiente ideale e la sistemazione congeniale al fluire del suo genio creativo che le fece perfezionare i romanzi già scritti e produrne di nuovi e magnifici, a ritmi sorprendenti.
Infine mi decido, pregustando un itinerario che conosco solo per sentito dire. L’ingresso laterale immette direttamente nella Drawing Room, la stanza più grande della casa dove ricevevano visite e Jane suonava il piano esercitandosi ogni mattina prima di colazione. Le quattro donne di casa Austen si ritiravano qui ogni sera, dopocena, per cucire o dipingere mentre una di loro leggeva uno dei romanzi presi in prestito dalla biblioteca circolante.
Nella sala da pranzo, accanto al tavolo apparecchiato per il tè, Jane trascorreva la mattina, scrivendo vicino alla finestra rivolta verso la strada di passaggio, raccolta su un minuscolo tavolino rotondo con un pennino fine e sottile, come la sua ironia, sempre intinto nell’inchiostro.
Ora è esposto in tavola il servizio di porcellana Wedgwood che Jane accompagnò il fratello Edward e la nipote Fanny a scegliere e acquistare a Londra.
Nel vestibolo che collega le due stanze della zona giorno sono custoditi i tesori terreni – in fatto di gioielli – posseduti da Jane: accanto alla citata croce di topazio, che vive il suo momento di celebrità in Mansfield Park, regalata da Charles alle sue due sorelle, brilla un anellino turchese, la cui provenienza è un mistero, e un braccialetto di perline, bianco e celeste, che forse lasciò alla nipote Fanny. Quando Cassandra le scrive, subito dopo la perdita della cara zia Jane, le domanda quale oggetto vuole ricevere in memoria di lei: “Sii così buona da dirmi se preferisci una spilla o un anello”.
Salendo al primo piano, le scale immettono direttamente nella camera di Jane e Cassandra che dormivano insieme in un unico letto a due piazze (quello esposto è una replica). In un dente ricavato in fondo alla stanza, lateralmente, è incastonato un modestissimo catino con il lavabo e la brocca, per le abluzioni mattutine, permesse dal pozzo in cortile. Vicino alla finestra, che si affaccia sull’amato giardino, un tavolino e una sedia. Costellano tutto questo magico cammino nella casa di Jane, mazzetti di lavanda: poggiati delicatamente sul sofà o sulla sua sedia, quasi a volerne testimoniare l’impronta soave.

Foto di Romina Angelici
Foto di Romina Angelici

Non mi trasmettono emozioni particolari la stanza denominata “dell’ammiraglio” (per gli ospiti) e la camera di Mrs. Austen, se non per averne, gli oggetti, circondato la vita quotidiana di Jane. Invece nell’ala che volge verso il giardino interno, mi aspettano il letto originale a baldacchino, protetto da una teca e avvolto dalla trapunta patchwork realizzata dalle sue stesse mani, e il manichino che indossa il suo cappotto doppiopetto blu navy, con bottoni dorati, e fa materializzare per un attimo la sua figura, magra e alta, accanto alla quale mi posiziono, tremando nello sfiorare la manica che termina senza mano.

Foto di Romina Angelici
Foto di Romina Angelici

Non riesco a vedere la cucina ma la rimessa con il suo carrozzino che trainato dall’asino la conduceva nelle sue ultime passeggiate nei dintorni quando ormai la forza nelle gambe di camminatrice instancabile, l’aveva abbandonata.
Il giardino, orlato di un muro di cinta, avvolge la casa di profumi e colori, disegna angoletti furtivi e ombreggiati dai frondosi alberi. Essi silenziosamente hanno assistito alle sue passeggiate, hanno ascoltato qualche pensiero sussurrato, hanno carpito le confidenze tra sorelle e custodiscono tutto nella loro maestosa immobilità.
Dopo il pranzo con vista al Cassandra’s Cup, proseguiamo in direzione della Chiesa di S.Nicholas e della Chawton House. Visitiamo solo i giardini della magione di Edward Austen-Knight (occorrendo prenotazione per gli interni) apprezzando la bellezza dei luoghi ma con minore coinvolgimento. La Chiesa di S. Nicholas custodisce la perfetta quiete in cui riposano Cassandra e Mrs. Austen. Ci lasciamo tutto questo alle spalle con la tristezza per la caducità della vita, la sfortuna di alcune esistenze, la longevità di altre.

Foto di Romina Angelici
Foto di Romina Angelici

Il ritorno ad Alton è più duro e faticoso. Lungo il cammino volgo lo sguardo indietro più volte per cercare di imprimere nella mia mente a futura memoria, ogni particolare, anche il più insignificante e comunque suggello l’esperienza vissuta cogliendo un fiore da un cespuglio profumato nei pressi della stazione per portar via, sempre con me, il dolce aroma di quei luoghi.

Chawton, giovedì 3 luglio 2014

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Una passeggiata a Winchester

Roberta Zanasi ci accompagna a fare due passi, molto emozionanti, per Winchester.

Saluto i miei compagni di viaggio al pub Old Vine e passo dopo passo, mi lascio sempre più alle spalle l’andirivieni e il chiacchiericcio della High Street. Davanti a me si aprono le tipiche strade di paese inglese, con i loro piccoli giardini pieni di fiori, le ringhiere in ferro, le porte colorate, gli infissi bianchi e le finestre così pesantemente protette da occhi indiscreti. Non un’anima in giro. Se non fosse per le automobili parcheggiate ai lati della strada penserei di aver varcato un passaggio spazio temporale che mi ha riportato indietro di duecento anni. Non avrò sbagliato strada? Potevo chiedere indicazioni precise all’ufficio informazioni come mi aveva consigliato mio marito invece di volermi affidare ostinatamente alla mappa turistica presa alla stazione dei treni. Ma è mai possibile che nessuno stia andando dove vado io? O forse è stato l’acquazzone di poco fa a scoraggiare i visitatori? Accipicchia, quei dieci minuti di pioggia mi hanno risvegliato la cervicale. Mentre continuo per il percorso che dovrebbe portarmi al fatidico numero 8 di College Street faccio i miei esercizi per il collo, quelli che il mio medico mi ha consigliato di fare tutti i giorni per prevenire gli attacchi di cervicale ed emicrania, ma che puntualmente mi ricordo di fare solo quando inizio a sentire dolore. Mi annodo bene la pashmina e per associazione di idee ripenso ad un altro medico, il dott. Lyford, e alla sua illustre paziente che in passato ha sofferto, ben più di me, in questa stessa strada. Sì perché se la cattedrale è alle mie spalle e il college dietro a quell’arco in fondo alla strada di fronte a me, la direzione è quella giusta ergo, questa deve essere College Street, anche se non ho fatto caso al segnale con il nome della via. Cerco di capire che numero sia la casa che mi trovo davanti ma non lo trovo e ricordo di aver letto in Watching the English di Katie Fox dell’avversione degli inglesi a mostrare il numero di casa, quasi per proteggere il loro “castello” da eventuali intrusioni. Ora ho caldo, e il collo continua a darmi fastidio. Procedo ancora un po’ e decido di sedermi un attimo su un muretto che delimita un piccolo giardino ben tenuto di fronte a una graziosa ma desolata… casa… gialla. Seduta a bocca aperta vedo la targa metallica. La scritta slavata e sbiadita mi informa che
In this house JANE AUSTEN lived her last days and died 18 July 1817“.

Foto di Roberta Zanasi
Foto di Roberta Zanasi

Sono arrivata a destinazione. Sono seduta sul muretto del giardino del rettore del college, il Dott. Gabell, ai tempi di Jane Austen.
Le parole e le frasi di tutte quelle lettere e dei sei romanzi incominciano a ruotare come in un vortice nella mia mente. I volti, le voci, lo scroscio di quei vestiti, la musica dei balli, il rumore di un pennino intriso di inchiostro trascinato sulla carta, il gusto amarognolo del tè, il tocco del velluto e del taffetà. Quella casa evoca emozioni per tutti i miei sensi. E gli occhi mi si riempiono di lacrime quando mi si presenta davanti l’immagine di una donna stanca quasi da non stare in piedi che entra in casa appoggiata all’amata sorella. Ha più o meno la mia età e nella sua vita ha saputo sfidare la convenzioni del suo tempo non volendosi sposare per convenienza ma cercando di mantenersi con la sua scrittura. Non ha mai avuto una stanza tutta per sé in cui lavorare, ma da un tavolino poco più grande di un vassoio da tè ha dato vita a personaggi indimenticabili e si è presa gioco della società in cui viveva.
Non voglio piangere. Sono una persona adulta, con pensieri e problemi da adulta, non posso sciogliermi come un’adolescente davanti alla casa del proprio mito. Ma non ce la faccio e abbassando gli occhiali da sole che tenevo sui capelli, abbandono tutto il mio sense e cedo alla sensibility.

Foto di Roberta Zanasi
Foto di Roberta Zanasi

Tanto sono immersa in questi pensieri che non mi accorgo neppure che qualcuno, silenziosamente, mi ha raggiunto e sta guadando la casa da seduto sul muretto esattamente come me. Una turista, giapponese direi. In fretta mi asciugo la lacrima che è scivolata sotto agli occhiali. Guardo la ragazza con la coda dell’occhio, vorrei quasi dirle qualcosa. Non so chi sia ma so che condividiamo qualcosa, che nonostante le migliaia di chilometri e di anni di storia e cultura che ci dividono, stiamo provando la stessa sensazione. Anche lei ha gli occhi umidi. Chissà se, come me, sta protestando dentro di se per la trascuratezza con cui sembra tenuta questa casa, per quella targa così poco evidente, per quelle tende così serrate da non lasciare intravedere assolutamente nulla delle stanze a cui danno luce. Vorrei rivolgerle la parola, ma non so se abbia voglia di condividere quel momento con me e non voglio disturbarla. Così non faccio altro che togliermi gli occhiali da sole senza più temere che veda le mie lacrime e le rivolgo un piccolo cenno di saluto mentre passo davanti a lei per tornare alla vita reale, quella di tutti i giorni, fatta di computer, contratti, dizionari, ragazzini che sbuffano a lezione, quella dove Jane Austen è relegata ai pomeriggi piovosi o alle letture prima di addormentarmi. Lei mi guarda con un sorriso malinconico e risponde al mio cenno inclinando il busto, in un gesto tipico della sua cultura millenaria poi ricambia il mio sguardo e mi dice “Yes, I know”. Non c’è davvero nient’altro da dire.
Mentre mi allontano getto un ultimo sguardo alla finestra ad arco della casa gialla e mi immagino, dietro al vetro impolverato, una donna che in abito Regency verde scuro assiste alla scena sorridendo e ripensando orgogliosa alle piccole grandi cose che i suoi amati figlioli mandati per il mondo duecento anni prima, sono riusciti a fare.

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Ricordi di viaggio in Austenland

La nostra Socia Catia Boetti ci racconta il suo recente viaggio nel cuore di Austenland.

Dopo molti anni in cui ho anelato a questo viaggio e incoraggiata dagli scritti di numerose amiche conosciute grazie a JASIT e ai gruppi su Facebook… finalmente ce l’ho fatta:  sono riuscita a ritagliarmi lo spazio di un weekend a Londra e dintorni alla scoperta dei luoghi austeniani (Chawton e Winchester).
In un viaggio simile al mio, ecco le dieci cose che meritano assolutamente, “da non perdere”, se siete appassionati di Jane Austen:
1. Andare a vedere il ritratto originale di Jane Austen dipinto dalla sorella Cassandra alla National Portrait Gallery (ingresso gratuito, stanza 18, molto ben segnalata appena si entra nel museo… deve essere uno dei ritratti più ricercati da appassionati di tutto il mondo!). Da non perdere, perché da questo ritratto così esile, appena tratteggiato, non più grande di una cartolina, abbiamo potuto “conoscere” il vero viso di Jane.
2. Fare un salto alla British Library dove sono presenti anche alcune pagine di  Persuasione. Da non perdere perché è troppo emozionante vedere gli scritti di Jane Austen vicino a quelli di Shakespeare e alla bozza di Yesterday di Paul McCartney. E poi perché la British Library (anche questa gratuita con un ristorante interno eccellente a prezzi veramente da studenti) è la biblioteca più grande del mondo!
3. Entrare nella biglietteria del Jane Austen’s House Museum esibendo la preziosa tessera della JASIT e scoprire che l’ingresso è gratis. Otto sterline risparmiate che potranno essere usate per un souvenir in più alla fine della visita!
4. Farsi una foto vicino al tavolino dove sono nati tanti capolavori e guardare attentamente cosa si vede dalla finestra, per capire cosa osservava Jane… Senz’altro il pub The Greyfair e la tea house Cassandra’s Cup (dove non si può non fare una sosta anche solo per fare una foto alle tazzine appese al soffitto) non erano tali all’epoca, ma il colpo d’occhio  doveva già essere quello.
5. Costruirsi il proprio sacchetto di lavanda nella cucina del cottage, perché ci si sente proprio un po’ come una  donna di casa Austen.
6. Fermarsi davanti alla lapide dedicata a Philip John Carpenter, che si trova all’esterno del cottage e ringraziare mentalmente i Carpenter e tutti i volontari che hanno lavorato per restituirci questa meravigliosa casa museo. Non oso pensare al periodo in cui era occupata dai braccianti della zona che avevano completamente stravolto anche gli spazi interni dell’abitazione.
7. Sedersi su una panchina nel giardino del cottage, respirare i profumi dei fiori e immergersi nell’atmosfera del luogo… perché chissà quante volte lo avrà fatto anche Jane.
8. Fermarsi dopo la visita al negozio del museo dove si trovano veramente souvenir unici. Quindi, se si vede qualcosa che piace, non bisogna pensarci  troppo su, perché, a meno che non capitiate a Bath, sarà difficile trovare un altro posto così fornito di articoli austeniani.
Io mi sono letteralmente innamorata di quadretti che rappresentavano i romanzi di Jane. Avrei preso tutta la serie, ma purtroppo il negozio era sfornito di quelli relativi ai libri più famosi come Orgoglio e pregiudizioRagione e sentimento e Mansfield Park.
Ma ho comunque trovato i quadretti dei miei favoriti: Persuasione ed Emma… e poi non ho potuto lasciare quello di Northanger Abbey perché la Catherine Morland ritratta era troppo simpatica.

Foto di Catia Boetti
Foto di Catia Boetti
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Foto di Catia Boetti
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Foto di Catia Boetti

9. Se la giornata è  bella e non piovosa, andare a piedi dal cottage fino alla casa del fratello Edward, Chawton House, e poi gironzolare nel parco di questa elegante dimora fino a raggiungere la chiesa di San Nicholas, nel cui giardino sono ben visibili le tombe della madre e della sorella Cassandra, respirando i profumi dell’aria e lasciandosi avvolgere dall’atmosfera ovattata del luogo.
10. Andare a vedere la tomba di Jane Austen all’interno della Winchester Cathedral…. Perché anche se non credevo fosse possibile ti lascia veramente senza fiato. Io sono arrivata alla cattedrale 20 minuti prima della chiusura delle 15.30 (e la biglietteria era già chiusa). Ho chiesto a un guardiano se potevo entrare solo per vedere la tomba di Jane dato che venivo apposta dall’Italia e non ero a conoscenza degli orari della cattedrale. Molto gentilmente mi ha lasciato entrare e sono stata molto felice di aver potuto avere questa possibilità. È stata un’emozione forte, toccante, indescrivibile, e proprio perché non voglio sciupare l’esperienza di chi ancora non l’ha vissuto non dico di più.

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A casa di zia Jane

Silvia Carnevale partecipa allo Speakers’ Corner descrivendoci la sua visita a Chawton, la Casa-Museo di Jane Austen.

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Foto di SIlvia Carnevale

L’estate scorsa sono andata in vacanza a Londra per la prima volta, e ho dedicato una giornata alla visita della Casa-Museo di Jane Austen, forse il giorno più emozionante e soddisfacente di tutta la vacanza!
Sono arrivata a Chawton a piedi da Alton, raggiunta invece in treno, e attraversare la bellissima campagna inglese ha aggiunto a questa giornata un’altra piacevole esperienza. Ho cercato di seguire il Jane Austen Trail ma purtroppo la mia incapacità di orientarmi mi ha fatto perdere diversi dei punti di interesse che avrei dovuto incontrare nella passeggiata, ma per fortuna me la sono goduta comunque perché Alton è una cittadina carinissima, con un sacco di case pittoresche, locali e fiori (tanti tanti fiori!) e Chawton è ancora più carina!
E poi, finalmente, arriviamo alla casa di Jane Austen.
Devo stare qui a descrivere l’emozione che mi ha preso ad essere lì? 🙂 Superata la biglietteria, la prima cosa ad accogliere i visitatori è il giardino. E già di per sé questo giardino merita la visita perché è veramente bello! Ci sono moltissimi fiori, l’effetto è di un’armoniosa esplosione di colori, e il bello è che sono tutte piante che probabilmente gli Austen coltivavano davvero, in quanto per la maggior parte piante edibili o officinali. Entrando nella casa vera e propria visitiamo le varie stanze che purtroppo non sono proprio tutte le stesse in cui viveva Jane: la casa è stata abitata fino al Novecento, e quindi ha subito varie modifiche. I mobili, così come i vestiti e oggetti vari in esposizione, non sono tutti realmente appartenuti alla famiglia Austen ma sono tutti risalenti a quell’epoca, o riguardano in qualche modo lei e i suoi romanzi. Infine ce ne sono alcuni che le appartenevano davvero come un bellissimo set da cucito cinese, o alcune porcellane, o ancora alcuni fazzoletti di Cassandra con le iniziali ricamate da Jane.
Ma più importante di tutti è sicuramente il famosissimo TAVOLINO! Che grandissima emozione entrare in sala da pranzo e scorgerlo lì, nell’angolino! Anche se ne avevo sentito tanto parlare, mi ha comunque stupito vedere quanto fosse effettivamente poco appartato! Cioè, la stanza non è per niente grande, il tavolino è quasi appiccicato al tavolo da pranzo! Guardandolo, mi sono tornate in mente le parole di Virginia Woolf: «e mi chiedevo se questo romanzo sarebbe stato migliore se Jane Austen non avesse ritenuto necessario nascondere il manoscritto ai visitatori» (Virginia Woolf, Una stanza tutta per sé, trad. di Maura Del Serra, Newton&Compton, p. 64), se avesse avuto uno spazio privato, una “stanza tutta per sé” dove poter scrivere in pace. Chissà, magari avrebbe anche scritto di più!
Non so se riesco a spiegare bene l’emozione che mi ha dato vedere questo tavolino dal vivo. L’avevo visto in fotografia, dal vivo è uguale, è proprio lui, l’ho riconosciuto subito, ma allo stesso tempo è diverso, è diventato all’improvviso più vero, perché ce l’ho a portata di mano (è isolato da pannelli trasparenti, ma comunque ho potuto sfiorarne la superficie), e zia Jane si sedeva proprio lì, curva su quel tavolino a scrivere gli ultimi dei suoi romanzi, alzando gli occhi guardava fuori da quella finestra, o li faceva vagare per quella stanza… insomma, proprio lì ha vissuto alcuni dei più importanti momenti degli ultimi anni della sua vita. Lì, dov’ero io in quel momento! Non so se vi rendete conto! Va bè, la smetto! 🙂
Dopo ho proseguito con la visita della casa. Inutile descrivervi ogni singola stanza, finirei col tediarvi troppo, ma sappiate che era tutto meraviglioso! La visita alla casa per una Janeite è veramente un’emozione dopo l’altra, ma devo dire che proprio il Museo di per sé, al di fuori dell’insana passione che uno può avere per Jane Austen, è davvero ben fatto e tenuto benissimo.

Foto di Silvia Carnevale
Foto di Silvia Carnevale

Uscita dalla casa la visita continuava in cucina (un edificio separato), dove era possibile confezionarsi un profumatissimo sacchetto di lavanda essiccata da portare a casa per profumare la biancheria. Erano inoltre a disposizione dei visitatori cappelli e vestiti (anche da uomo) per farsi una foto in stile Regency. Ne ho approfittato anch’io per farmi qualche selfie austeniano!
Finita la visita al Museo, non è ancora però finita la mia visita a Chawton perché, seguendo sempre il Jane Austen Trail, sono andata a fare un’altra passeggiatina per la città per andare a vedere la chiesa di San Nicola. Questa chiesetta si trova vicino a Chawton House, residenza del fratello di Jane, Edward, che però non ho visitato… sarà per la prossima volta! Comunque la chiesa di St. Nicholas, anche se non è affatto quella in cui si recava la nostra Jane per le funzioni perché in gran parte distrutta da un incendio nel 1871, è comunque molto pittoresca, con belle vetrate, e in particolare sono rimasta affascinata dal cimitero sito nel cortile della chiesa. Ora, io non sono particolarmente attratta dai camposanti, ma questi cimiteri inglesi piccolini, con le tombe nel terreno e le lapidi messe un po’ a casaccio, in mezzo al verde, li trovo molto affascinanti! Jane non è sepolta qui, ma ci sono le pietre tombali della madre e della sorella.

Foto di Silvia Carnevale
Foto di Silvia Carnevale

A questo punto la mia escursione austeniana è finita, ma vorrei aggiungere ancora un commentino, perché dopo la visita sono andata a mangiare alla sala da tè che si trova di fronte al Museo. Ne avevo letto proprio sul sito della JASIT, e siccome adoro l’afternoon tea, non potevo lasciarmi scappare l’occasione di prenderlo anche alla tearoom Cassandra’s Cup. Be’, sarà perché me lo sono goduto potendo guardare dalla finestra la casa di zia Jane, ma è stato veramente l’afternoon tea più bello, buono, ricco e anche più economico che ho assaggiato. E la sala da tè è piccolina ma graziosissima! Consiglio a tutti di concludere (o spezzare, o anche iniziare, insomma, come volete voi!) la vostra visita al Jane Austen’s House Museum e a Chawton con una puntata alla Cassandra’s Cup, non ve ne pentirete!

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Gita a Lyme Regis

Partecipa al nostro Speakers’ Corner dedicato ad Austenland Alessandra Quattrocchi, che ci racconta la sua visita a Lyme Regis.

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Foto di Alessandra Quattrocchi

Dopo aver detto “Laim Regis” per una vita, ho scoperto che si dice “Laim Rigis”, perché quel buffo genitivo latino si pronuncia all’inglese. Sono partita da Londra per visitare la minuscola cittadina sulla costa del Devon, alla ricerca di un pezzo di Persuasion. Lyme Regis, poche case arrampicate su una scogliera lungo un parco dall’erba curatissima digradante lungo il mare: una località turistica piena di bei negozi affacciata su un’insenatura dove la marea va profondamente su e giù, come in tutta la costa. Ha anche una pagina Facebook – per dimostrare al mondo che in 150 anni non è gran che cambiata… C’è un treno diretto per Axminster, la stazione più vicina, ma da Londra non è una gita dalla mattina alla sera: troppo lungo il viaggio, tre ore buone. Per cui ho cercato una stanza in un pub – che facesse anche cucina senza glutine perché sono celiaca. L’ho trovato e sono partita con il cuore più leggero.

Da Axminster si arriva anche con un autobus, ma a me hanno consigliato il taxi dalla stazione perché costa 15 sterline ed è, dicono, più affidabile… Quello che non mi aspettavo è l’aria. Appena scesi dal vagone, anche se Axminster non è sul mare, si viene avvolti da un intenso profumo di oceano: una miscela di alghe, merluzzo fresco e vento marino, impensabile alle nostre latitudini mediterranee. È il tipo di profumo che sarebbe insopportabile da un’altra parte, ma che si vorrebbe mettere in una boccetta per portarselo via, respirarlo e ritemprarsi di tanto in tanto.

Il tassinaro che mi porta sul mare mi dice che lui ha sempre vissuto qui, e se ne andrebbe volentieri, ma ha moglie e tre figli. “Ma è bellissimo” dico io. “Bello… sì. Ma qui dopo le sei di sera non c’è più nulla da fare, è tutto chiuso”. Ammutolisco.

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Foto di Alessandra Quattrocchi

È fine maggio ma fa ancora freddo (i locali in maglietta, io in piumino). Si arriva a Lyme Regis precipitando lungo una stradina ripida e stretta fino all’insenatura del porto. Ed eccola l’attrazione per i Janeites: il Cobb, il grande molo che si insinua serpeggiando verso il mare aperto. È di pietre scure, molto lungo, con una passeggiata inferiore rivolta verso terra e qui e lì ripidi gradini che portano alla passeggiata superiore esposta al vento. Da una di queste rampe, Louisa Musgrove precipita e batte la testa nell’episodio al cuore dell’ultimo romanzo di Austen. Su quel molo dunque Anne Elliot passeggiò… o quasi su quel molo: una targa ricorda che è stato ristrutturato negli anni Venti dell’Ottocento, dunque dopo la morte dell’autrice. Tant’è: non poteva essere molto diverso. Io l’ho percorso tutto tre o quattro volte, appena arrivata, la sera, la mattina dopo…. L’ho ammirato dall’alto dei giardini e l’ho filmato e ci ho letto sopra la descrizione amorosa che Austen fece della cittadina.

I turisti vengono anche perché su questo stesso molo, Isabelle Adjani andava disperatamente su e giù ne La donna del tenente francese. Ma a Lyme Regis ci sono soprattutto inglesi in vacanza. Riempiono i pub dove, come nel mio, si mangiano fish and chips, shepherd’s pie e sticky toffee pudding. Bevono birra, tanta birra, o vino mediocre. E passeggiano per il paesello. A Lyme si trovano e vendono molti minerali e conchiglie, e c’è l’immancabile negozio di robivecchi fra posate di Sheffield, vecchi cappelli e vassoi di anelli. E il tassinaro ha ragione: c’è ben poco da fare, nemmeno i solidi British osano accostarsi all’acqua, si può soprattutto camminare.

Faccio una lunga passeggiata fino alle strade interne al paese dove, l’ho detto, abbondano i bei negozi, di catene di abbigliamento ma anche di prodotti locali: per arrivarci si risale tutto il colle lungo le gradinate di legno fra i prati. Al ritorno scelgo la strada per riavere l’impressione precipitosa di cui parla anche Austen: “la particolare posizione della città, con la strada principale che quasi si affretta fin dentro l’acqua, la passeggiata sul Cobb, tutto attorno alla graziosa piccola baia…”, e i “frammenti di bassi scogli fra la sabbia che ne fanno il posto più felice per guardare il flusso della marea, seduti in contemplazione mai paga”. L’unica cosa di cui non parla, Jane, sono i gabbiani: stormi e stormi, protervi come sempre (anche a Roma), stridenti e bellissimi in questa cornice nordica. Ma forse, a inizio Ottocento i gabbiani non c’erano?

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Foto di Alessandra Quattrocchi

Il cielo è mutevole, naturalmente. Arrivo col sole, la sera cala una pioggerella fitta, il giorno dopo è fresco e coperto e ventoso. La mattina il mare è scomparso lasciando le barche in secca. Sono felice di essere stata qui; un posto in cui lascio pensieri di fatti miei, ricordi, aspirazioni vaghe o più precise. Alla mia età, Jane era morta già da molto tempo. Mi assale come sempre il pensiero di sfruttare i miei anni.

Il tassì che mi riporta in stazione arriva con mezz’ora di anticipo. Gli lascio la valigia: mi dice che va a fare una commissione e sparisce, bagagli e tutto. Resto perplessa, i miei preconcetti cittadini in lotta con il buon senso: siamo a Lyme Regis, qui si conoscono tutti, ci sarà ovviamente al momento giusto, preoccuparsi è assurdo. Intanto torno sul Cobb, su e giù, fra gli spruzzi del mare, e penso che questo odore di salsedine non lo sentirò mai da un’altra parte.

Torno indietro, e all’ora convenuta, il taxi riappare puntuale. “Scusi” ride, “ha pensato che fossi fuggito con i bagagli?”

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Le cinque sorelle Bennet in Austenland

La cronaca di un viaggio in quintetto, con le testimonianze raccolte da Raffaella Amicucci.

L’antefatto: Chiara, avrei una proposta da fare a te e a Silvia… un viaggio a Bath, Winchester, Alton-Chawton sulle tracce di Jane Austen, dove è vissuta, dove è morta, il tavolino dove ha risistemato i primi romanzi e scritto le ultime opere… E così siamo qui con l’aggiunta di Anna e di sua figlia Benedetta… le cinque sorelle Bennet in viaggio!
Quelli che seguono sono pochi brani tratti dal vero diario di viaggio che insieme abbiamo scritto.
Bath: arrivate in auto a Bath e alloggiate all’ostello YHA ceniamo alla Sally Lun’s House, il forno e la casa più antica di Bath dove magari la zia Jane avrà comprato i celebri Buns, che assaggiamo anche noi….
Il giorno dopo seguiamo l’audio guida scaricata dal web e visitiamo l’incantevole Bath dove tutto ci rimanda all’epoca Regency, a Persuasione, a Northanger Abbey.

Foto di Raffaella Amicucci
Foto di Raffaella Amicucci

Al numero 40 di Gay Street (pochi numeri dopo il 25, dove Jane ha vissuto qualche mese) ci attende il Jane Austen Centre. Il museo è ricco di memorabilia ma ciò che ci diverte di più è l’angolo dei travestimenti! Ognuna di noi si sceglie il proprio vestito e trasformate in nonna Belarda, più che in Jane Bennet, affrontiamo la foto di rito… Il Regency Tea nella Tea Room ci sembra un rituale da non perdere… Ordiniamo il tè preferito da Jane accompagnato da superbe fette di torta al limone, scones e finger sandwiches, deliziosi! Veniamo servite da un’impeccabile cameriera in cuffietta e grembiulino d’epoca. Siamo davvero gratificate.
Camden Place, ora Camden Crescent, dove è situata la casa degli Elliot in Persuasione: fotografiamo con cura meticolosa le case disposte a semicerchio proprio come quelle più maestose del Royal Crescent, poi, attraversando un piccolo parco, arriviamo alla chiesa di St. Swithin e chiediamo della tomba di George Austen…. La cripta è un locale molto accogliente con bar, tavolini e giochi per bimbi… poi fuori, nel piccolo giardino, troviamo la pietra tombale su cui si legge, ormai quasi cancellato dal tempo, il nome del reverendo George Austen.
Assembly Rooms: erano note come “Upper Rooms” (abbiamo visto infatti le “Lower Rooms”, ora un hotel). Entriamo nella Ball Room: l’atmosfera ci avvolge all’istante ed improvvisiamo un minuetto, poi rimaniamo incantate nell’ammirare i sontuosi lampadari, gli stucchi e i decori di questa grande sala. La fotografiamo da tutti gli angoli, sdraiandoci addirittura sul pavimento… mai contente, perché le immagini non rendono giustizia alla suggestione che ci pervade in questo posto magico.
Com’è facile immaginare questa grande, elegante sala azzurra gremita da dame e gentiluomini, che si scambiano intensi sguardi e messaggi furtivi, un ballo dopo l’altro… sembra quasi di sentire l’orchestra suonare, dall’alto della balconata….
L’attigua sala ottagonale mette in comunicazione gli ambienti, qui l’accogliente color crema delle pareti e il tepore dei camini invitavano gli avventori a intrattenersi in piacevoli conversazioni, solo se opportunamente presentati dal maestro di cerimonia, s’intende! Di lì si sceglieva se recarsi a giocare a carte o a bere il tè…
Royal Crescent N°1: so che da un momento all’altro uscirà da quella porta e si getterà lungo il Crescent per cercare il capitano Wentworth che è appena uscito. Ma Anne non esce, entriamo noi, il sogno però continua perché ad accoglierci c’è la housekeeper con tanto di cuffietta… Ci sorride, ci invita ad accomodarci e noi passiamo nella prima stanza…
Alton: dopo aver preso possesso delle regali stanze del pub The Queens entriamo a Alton… tocchiamo la porta della casa del capitano Francis, quella del chirurgo, sul quale Jane scrisse qualche frase umoristica e ci fermiamo al pub The Swan davanti al quale Jane attendeva le carrozze per Londra… Grazie a Jane Austen possiamo visitare anche sperduti paesi di campagna come Selborne o Alton. Ma è proprio guardando questi luoghi che Jane ha creato personaggi immortali come Mr Collins, Mrs Bennet o Sir Walter Elliot. Tra le ragazze del posto vive ancora una Elizabeth, un’Emma Woodhouse intenta a matchmaking e dove si sono baciati Catherine e Tilney?
Chawton: entriamo alla Jane Austen’s House…. la cucina. Qui si viene invitati a provare vestiti dell’epoca, cappelli di paglia o stoffa, a prepararsi sacchettini di lavanda e a scrivere con lunghe penne d’oca da intingere nei calamai… Passiamo molto tempo a svagarci e a ridere in questo ambiente, preparandoci al momento più importante, infine entriamo con trepidazione nella casa vera e propria. I soffitti sono bassi, il parquet scricchiola, la porta che dà sul salotto cigola ancora, come ai tempi di zia Jane, alla quale faceva comodo quel cigolio per poter nascondere in tempo i suoi scritti agli occhi dei domestici. Il tavolino davanti alla finestra porta emozioni e mette voglia di abbandonare i nostri freddi IPad e Smartphone per tornare a carta e calamaio.

Foto di Raffaella Amicucci
Foto di Raffaella Amicucci

Al piano di sopra troviamo la stanza che Jane e Cassandra condividevano e all’ingresso per un momento veniamo colte dal dubbio di un’apparizione: Jane è lì, con il suo vestito azzurro indifferente ai numerosi che invadono il suo spazio: il caminetto, lo stretto letto a baldacchino e un armadio…. Dopo aver visitato Chawton House, la casa del fratello, e lasciato un pensiero alle tombe della madre e della amata sorella Cassandra…. pranziamo al Cassandra’s Cup buttando un’occhiata di tanto in tanto alla casa di fronte…
Dopo pranzo partiamo, dirette a Winchester. Restiamo incantate dalla cittadina medievale e soprattutto dalla meravigliosa cattedrale. Questa racchiude dei tesori inestimabili: la Bibbia e una riproduzione del 1217 della Magna Charta! Ovviamente per noi c’é un terzo tesoro: la tomba di Jane Austen. Sulla lapide non viene menzionata la sua attività di scrittrice ma traspare tutto l’amore dei fratelli che l’hanno voluta lì.
Sopra la targa aggiunta a posteriori, che invece rende giustizia alla sua fama, si erge una vetrata con Sant’Agostino che, abbreviato, diviene Saint Austen… guarda caso!
Usciti dalla Cathedral…giungiamo a College Street e da lontano riconosciamo l’edificio bianco e giallo che fu l’ultima residenza della nostra eroina. Man mano che ci avviciniamo sentiamo la musica di un pianoforte provenire proprio da lì. Non ci sono dubbi per noi su chi sta suonando lì dentro…..

Anna, Benedetta, Chiara, Silvia e Raffaella

Foto di Raffaella Amicucci
Foto di Raffaella Amicucci
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