Romina Angelici condivide con noi il diario del suo pellegrinaggio a Chawton.
È la mia prima volta a Londra con la famiglia e non posso non andare a trovare la mia cara Jane Austen- Prendere il treno per Alton è come entrare nel cuore della campagna inglese. Una modesta stazione ferroviaria ci accoglie senza clamore e senza difficoltà siamo convogliati in direzione di Chawton lungo il saliscendi di High Street. Oltrepassato il centro abitato giungiamo allo slargo di un rasatissimo parco. Da qui, superati la doppia rotonda e il French Horn pub – dove nemmeno Jane si fermava – imbocchiamo Winchester Road. Il quartiere è silenzioso, i cottage sono curatissimi e rifiniti, ogni anfratto è stato seminato di fiori. Guardo gli alberi secolari che si stagliano contro il cielo azzurro dell’Inghilterra e penso che quelle fronde odorose hanno ombreggiato anche la passeggiata di Jane e della sua abituale compagna. Ma il vero tuffo nel passato lo compio appena avvisto il sottopassaggio pedonale – con indicazioni del Jane Austen Trail – che conduce nel borgo di Chawton, un ristretto caseggiato che si riversa sulla strada. Già quando intravvedo la tenuta dei Prowtings, avverto l’imminenza di un cottage ben più importante. Siamo arrivati a quel fatidico crocevia! Sono qui, sono davvero qui, non ci credo ma voglio rendermene conto per godermi questo momento, registrare e annotare ogni particolare.
Mi attardo un po’ prima di entrare, costeggio e accarezzo le mura esterne, scruto le targhe commemorative che dichiarano con marmorea chiarezza che sono davanti alla casa dove Jane Austen esplicò pienamente il suo talento, trovò l’ambiente ideale e la sistemazione congeniale al fluire del suo genio creativo che le fece perfezionare i romanzi già scritti e produrne di nuovi e magnifici, a ritmi sorprendenti.
Infine mi decido, pregustando un itinerario che conosco solo per sentito dire. L’ingresso laterale immette direttamente nella Drawing Room, la stanza più grande della casa dove ricevevano visite e Jane suonava il piano esercitandosi ogni mattina prima di colazione. Le quattro donne di casa Austen si ritiravano qui ogni sera, dopocena, per cucire o dipingere mentre una di loro leggeva uno dei romanzi presi in prestito dalla biblioteca circolante.
Nella sala da pranzo, accanto al tavolo apparecchiato per il tè, Jane trascorreva la mattina, scrivendo vicino alla finestra rivolta verso la strada di passaggio, raccolta su un minuscolo tavolino rotondo con un pennino fine e sottile, come la sua ironia, sempre intinto nell’inchiostro.
Ora è esposto in tavola il servizio di porcellana Wedgwood che Jane accompagnò il fratello Edward e la nipote Fanny a scegliere e acquistare a Londra.
Nel vestibolo che collega le due stanze della zona giorno sono custoditi i tesori terreni – in fatto di gioielli – posseduti da Jane: accanto alla citata croce di topazio, che vive il suo momento di celebrità in Mansfield Park, regalata da Charles alle sue due sorelle, brilla un anellino turchese, la cui provenienza è un mistero, e un braccialetto di perline, bianco e celeste, che forse lasciò alla nipote Fanny. Quando Cassandra le scrive, subito dopo la perdita della cara zia Jane, le domanda quale oggetto vuole ricevere in memoria di lei: “Sii così buona da dirmi se preferisci una spilla o un anello”.
Salendo al primo piano, le scale immettono direttamente nella camera di Jane e Cassandra che dormivano insieme in un unico letto a due piazze (quello esposto è una replica). In un dente ricavato in fondo alla stanza, lateralmente, è incastonato un modestissimo catino con il lavabo e la brocca, per le abluzioni mattutine, permesse dal pozzo in cortile. Vicino alla finestra, che si affaccia sull’amato giardino, un tavolino e una sedia. Costellano tutto questo magico cammino nella casa di Jane, mazzetti di lavanda: poggiati delicatamente sul sofà o sulla sua sedia, quasi a volerne testimoniare l’impronta soave.
Non mi trasmettono emozioni particolari la stanza denominata “dell’ammiraglio” (per gli ospiti) e la camera di Mrs. Austen, se non per averne, gli oggetti, circondato la vita quotidiana di Jane. Invece nell’ala che volge verso il giardino interno, mi aspettano il letto originale a baldacchino, protetto da una teca e avvolto dalla trapunta patchwork realizzata dalle sue stesse mani, e il manichino che indossa il suo cappotto doppiopetto blu navy, con bottoni dorati, e fa materializzare per un attimo la sua figura, magra e alta, accanto alla quale mi posiziono, tremando nello sfiorare la manica che termina senza mano.
Non riesco a vedere la cucina ma la rimessa con il suo carrozzino che trainato dall’asino la conduceva nelle sue ultime passeggiate nei dintorni quando ormai la forza nelle gambe di camminatrice instancabile, l’aveva abbandonata.
Il giardino, orlato di un muro di cinta, avvolge la casa di profumi e colori, disegna angoletti furtivi e ombreggiati dai frondosi alberi. Essi silenziosamente hanno assistito alle sue passeggiate, hanno ascoltato qualche pensiero sussurrato, hanno carpito le confidenze tra sorelle e custodiscono tutto nella loro maestosa immobilità.
Dopo il pranzo con vista al Cassandra’s Cup, proseguiamo in direzione della Chiesa di S.Nicholas e della Chawton House. Visitiamo solo i giardini della magione di Edward Austen-Knight (occorrendo prenotazione per gli interni) apprezzando la bellezza dei luoghi ma con minore coinvolgimento. La Chiesa di S. Nicholas custodisce la perfetta quiete in cui riposano Cassandra e Mrs. Austen. Ci lasciamo tutto questo alle spalle con la tristezza per la caducità della vita, la sfortuna di alcune esistenze, la longevità di altre.
Il ritorno ad Alton è più duro e faticoso. Lungo il cammino volgo lo sguardo indietro più volte per cercare di imprimere nella mia mente a futura memoria, ogni particolare, anche il più insignificante e comunque suggello l’esperienza vissuta cogliendo un fiore da un cespuglio profumato nei pressi della stazione per portar via, sempre con me, il dolce aroma di quei luoghi.
Chawton, giovedì 3 luglio 2014