Un articolo che riguarda un angolo poco frequentato dell’opera austeniana: le sue poesie. Versi per lo più d’occasione, che permettono di scoprire momenti quasi sempre privati visti con l’occhio ironico e disincantato di un’autrice che riusciva a cogliere il lato giocoso di fatti anche minimi e banali. Per ogni poesia sono ricostruite brevemente le circostanze che diedero origine ai versi. In questa seconda parte vengono prese in esame le poesie scritte dal 1809 fino alla morte nel 1817. (Vedi la prima parte)
L’articolo originale è apparso sulla rivista di Jane Austen Society of Italy “Due pollici d’avorio”, numero 8 (2017), pagg. 37-45. Per richiedere l’intero numero, scrivere a info@jasit.it.
Case nuove, mal di testa, dilemmi e santi in collera:
Le poesie di Jane Austen (seconda parte)
Riprendiamo l’esame delle poesie di Jane Austen, partendo dai versi inviati al fratello Frank pochi giorni dopo il trasferimento nel cottage di Chawton.[1]
Mio carissimo Frank
Il 7 luglio 1809 le Austen e l’amica Martha Lloyd, che era andata a vivere con loro dopo la morte della madre nel 1805, si trasferirono nel cottage di Chawton, messo a disposizione della madre e delle sorelle da Edward Austen. Chawton è nello Hampshire, la stessa contea di Steventon, dove gli Austen erano vissuti fino al trasferimento a Bath nel 1801, e probabilmente questa fu una delle ragioni, forse quella principale, che fecero preferire Chawton a Wye, nel Kent, dove si trovava l’altro alloggio che Edward aveva proposto in alternativa, vicino alla sua residenza abituale di Godmersham Park.
In questo cottage Jane Austen ebbe una sorta di risveglio creativo, dopo la pausa degli anni 1801-1808 durante i quali non aveva scritto nulla, e, con la revisione di tre romanzi già in prima stesura e la scrittura di tre nuovi, iniziò la sua vicenda editoriale, che, dal 1811 al 1817 vide la pubblicazione dei sei romanzi cosiddetti «canonici».
Dal punto di vista che ci interessa qui, quello delle poesie, l’inizio della permanenza a Chawton venne celebrato praticamente subito; il primo componimento poetico è infatti in una lettera al fratello Frank del 26 luglio 1809, dove viene anche citata direttamente la nuova casa inaugurata da meno di tre settimane.
L’occasione era la nascita del primo figlio maschio del fratello, nato il 12 luglio 1809 ad Alton, la cittadina di mercato vicinissima a Chawton dove in quel periodo abitava la famiglia di Frank, in servizio nei mari della Cina, di scorta a un convoglio della Compagnia delle Indie Orientali diretto a Canton.[2]
La poesia è abbastanza lunga, 52 versi, e inizia con le congratulazioni per la nascita:
My dearest Frank, I wish you joy
Of Mary’s safety with a Boy,
Whose birth has given little pain
Compared with that of Mary Jane. –
May he a growing Blessing prove,
And well deserve his Parents’ Love! –
Endow’d with Art’s & Nature’s Good,
Thy name possessing with thy Blood,
In him, in all his ways, may we
Another Francis William see! –
Mio carissimo Frank, con te gioisco
Per Mary in salute con un Figlio maschio,
Nato con pene molto limitate
Non quelle con Mary Jane provate. –[3]
Possa una Benedizione dimostrarsi,
E l’Amore dei Genitori meritarsi! –
D’Ingegno e di Natura ben fornito,
Col tuo Sangue e il tuo nome avito,
In lui, e nei modi che avrà,
Un altro Francis William si vedrà! –
Segue una parte dedicata a evidenziare in modo scherzoso le dovute somiglianze del pargolo nei confronti del padre:
Thy infant days may he inherit,
Thy warmth, nay insolence of spirit; –
We would not with one fault dispense
To weaken the resemblance.
May he revive thy Nursery sin,
[…]
His saucy words & fiery ways
In early Childhood’s pettish days,
In Manhood, shew his Father’s mind
Like him, considerate & kind;
[…]
Then like his Father too, he must,
To his own former struggles just,
Feel his Deserts with honest Glow,
And all his self-improvement know. –
A native fault may thus give birth
To the best blessing, conscious Worth. –
I tuoi giorni d’infanzia possano a lui passare,
Ardore e spirito insolente ereditare; –
Che di difetti non vi sia mancanza
A ridurre la perfetta somiglianza.
Siano nella Culla i tuoi peccati rinnovati,
[…]
Parole sfacciate e maniere ardite,
Dopo la Fanciullezza siano bandite,
Crescendo, del Padre siano appresi
I modi solleciti e cortesi;
[…]
Poi deve, come ha fatto il suo Papà,
Combattere i difetti della giovane età,
Riconoscere i suoi Errori con Occhio onesto,
E sapersi migliorare in tutto il resto. –
Un difetto infantile può così portare
A un Valore consapevole e salutare. –
Nell’ultima parte il protagonista diventa il cottage di Chawton, con parole che sembrano indicare una notevole soddisfazione per quel luogo che sarà la culla della maturità austeniana:
As for ourselves we’re very well;
As unaffected prose will tell. –
Cassandra’s pen will paint our state,
The many comforts that await
Our Chawton home, how much we find
Already in it, to our mind;
And how convinced, that when complete
It will all other Houses beat
That ever have been made or mended,
With rooms concise, or rooms distended.
You’ll find us very snug next year,
Perhaps with Charles & Fanny near,
For now it often does delight us
To fancy them just over-right us. –
Quanto a noi va bene ogni cosa;
Come leggerai in una spontanea prosa. –
La penna di Cassandra dirà come stiamo,
Le molte comodità che ci aspettiamo
Qui a Chawton, e quante ne troviamo già
Per soddisfare la nostra intimità;
E di come sappiamo, che una volta finita
Di tutte le altre Case sarà meglio fornita
Che siano mai state costruite o restaurate,
Con stanze ristrette, o stanze dilatate.
Tra un anno ci troverai ben sistemate,
Forse da Charles e Fanny allietate,[4]
Poiché ora ci dilettiamo spesso
A immaginarli a noi dappresso.
In versi cadenzati
Jane Anna Elizabeth Austen, poi chiamata sempre Anna, fu la seconda nipote di Jane Austen; nacque il 15 aprile 1793, quando la zia Jane aveva poco più di diciassette anni, figlia di James Austen, il primogenito della famiglia, e della prima moglie, Anne Mathew, che morì due anni dopo. Doveva avere un carattere non facilissimo, visto che in una lettera del 20 febbraio 1817 alla prima nipote, Fanny, nata circa tre mesi prima, il 23 gennaio, la zia scrisse, parlando di Anna:
lei aveva un aspetto così grazioso, è stato un tale piacere vederla, così giovane, così in fiore, così innocente, come se non avesse mai avuto un Pensiero cattivo in Vita sua – eppure qualche ragione per supporre che l’abbia avuto c’è, se crediamo nella Dottrina del Peccato Originale, o se rammentiamo gli episodi di quando era una ragazzina.
Nei versi che seguono le attrattive «dell’amabile Anna» sono paragonate agli sconfinati paesaggi americani con un evidente gusto per l’iperbole.
1
In measured verse I’ll now rehearse
The charms of lovely Anna:
And, first, her mind is unconfined
Like any vast savannah.
2
Ontario’s lake may fitly speak
Her fancy’s ample bound:
Its circuit may, on strict survey
Five hunfred miles be found.
3
Her wit descends on foes and friends
Like famed Niagara’s Fall;
And travellers gaze in wild amaze,
And listen, one and all.
4
Her judgment sound, thick, black, profound,
Like transatlantic groves,
Dispenses aid, and friendly shade
To all that in it roves.
5
If thus her mind to be defined
America exhausts,
And all that’s grand in that great land
In similes it costs –
6
Oh how can I her person try
To image and portray?
How paint the face, the form how trace
In which those virtues lay?
7
Another world must be unfurled,
Another language known,
Ere tongue or sound can publish round
Her charms of flesh and bone.
1
In versi cadenzati ora illustrerò
Le attrattive dell’amabile Anna:
In primis, la sua mente è sconfinata
Come una vasta prateria.
2
Il lago Ontario è appropriato a descriverne
I fantastici e ampi confini:
Il perimetro, dopo approfondita indagine
Può stimarsi in cinquecento miglia.
3
La sua arguzia si abbatte su amici e nemici
Come le rinomate Cascate del Niagara;
E i viaggiatori guardano sbalorditi,
E ascoltano, da cima a fondo.
4
I suoi giudizi, solidi, densi, oscuri, profondi,
Come boschi d’oltreoceano,
Dispensano aiuti, e amichevoli ombre
A tutti quelli che ci vagano dentro.
5
Se è così definire la sua mente
L’America esaurisce,
E tutto ciò che di grandioso c’è in quella grande terra
Si valuta in similitudine.
6
Oh come posso la sua persona tentare
Di immaginare e ritrarre?
Come dipingere il volto, tracciare le forme
In cui risiedono queste virtù?
7
Un altro mondo c’è da dispiegare
Un altro linguaggio da imparare,
Che prima di parola o suono possa divulgare
Le sue attrattive in carne e ossa.
Il manoscritto è perduto, e quindi la data di composizione non è conosciuta, ma potrebbe risalire all’estate del 1810, quando Anna passò un periodo a Chawton con la nonna e le zie, o anche alla primavera/estate del 1811, un periodo in cui zia e nipote furono insieme prima a Londra e poi a Chawton.
Il testo deriva dal Memoir del fratellastro di Anna, James Edward, che pubblicò i versi definendoli «uno scherzoso panegirico su una giovane amica, che era realmente bella e intelligente.» e proseguendo poi con «Credo che tutto questo nonsense fosse praticamente estemporaneo, e che la fantasia di trarre le immagini dall’America sia scaturita al momento dalla facile rima presente nella prima strofa.»[5]
Ho un dolore di testa
In questi versi, del febbraio 1811, viene citata Miss Beckford, ovvero Maria Beckford, cugina di William Beckford, l’autore del romanzo gotico Vathek (1786). Dopo la morte, nel 1803, della sorella Charlotte, moglie di John Middleton, si era stabilita a casa del cognato per badare ai sei figli lasciati dalla sorella. I Middleton vissero in affitto nella casa padronale di Chawton, a poche centinaia di metri dal cottage in cui vivevano le Austen, dal 1808 al 1813.
I manoscritti rimasti sono due, sostanzialmente uguali: uno è nel City Museum di Winchester e l’altro in una collezione privata.
I’ve a pain in my head
Said the suffering Beckford,
To her Doctor so dread.
Oh! what shall I take for’t?
Said this Doctor so dread,
Whose name it was Newnham.
For this pain in your head,
Ah! What can you do Ma’am?
Said Miss Beckford, Suppose
If you think there’s no risk,
I take a good Dose
Of calomel, brisk. –
What a praise-worthy notion.
Replied Mr. Newnham.
You shall have such a potion,
And so will I too Ma’am. –
Ho un dolore di testa
Disse la sofferente Miss Beckford,
Al suo Dottore così riverito.
Oh! che cosa posso prendere per esso?
Disse il Dottore così riverito,
Il cui nome era Newnham.
Per questo vostro dolore di testa,
Ah! che cosa potete fare Signora?
Disse Miss Beckford, Vorrei
Se ritenete che non ci sia pericolo,
Prendere una buona Dose
Di calomelano, subito. –
Che idea degna di lode.
Replicò Mr. Newnham.
Avrete tale pozione,
E così farò io Signora. –
Sul matrimonio di Mr. Gell di East Bourn con Miss Gill
Lo spunto di questi versi fu una notizia pubblicata su The Hampshire Telegraph and Sussex Chronicle del 25 febbraio 1811: «Sussex, sabato 23 febbraio 1811. Sabato Mr. Gell, di Eastbourn, si è sposato con Miss Gill, di Well-street, Hackney». Il fatto che i nomi degli sposi fossero così simili l’uno all’altro evidentemente solleticò il gusto di Jane Austen per i giochi di parole. Al v. 6 del testo originale «i.s» (ovvero la «i» di Miss Gill) si legge «/ais/», come «eyes» («occhi»), mentre al v. 8 «e.s.» (la «e» di Mr. Gell) si legge «/is/», come «ease» («benessere»).
Of Eastbourn, Mr. Gell
From being perfectly well
Became dreadfully ill
For the love of Miss Gill.
So he said with some sighs
I’m the slave of your i.s
Ah! restore if you please
By accepting my e.s.
Di Eastbourn, Mr. Gell
Da che stava perfettamente bene
Divenne terribilmente malato
D’amore per Miss Gill.
Così disse con qualche sospiro
Sono schiavo dei vostri occhi
Ah! guaritemi per favore
Acconsentendo al mio benessere.
Due i manoscritti: uno è in possesso di Park Honan (l’autore di una biografia di Jane Austen), l’altro del Roman Baths Museum. Nel secondo il titolo è più lungo. «On reading in the Newspaper, the Marriage of “Mr. Gell of Eastbourn to Miss Gill”» («Leggendo sul Giornale del Matrimonio di “Mr. Gell di Eastbourn con Miss Gill”») e le abbreviazioni fittizie dei vv. 6 e 8 sono sciolte in «eyes» e «ease».
Sono in un dilemma
I versi che seguono sono in una lettera del 30 aprile 1811 a Cassandra, da Londra a Godmersham.
I am in a Dilemma,
For want of an Emma,
Escaped from the Lips,
Of Henry Gipps. –
Sono in un Dilemma,
In mancanza di una Emma,
Sfuggita dalle Labbra,
A Henry Gipps. –
«Emma» era Emma-Maria Plumptre, che si fidanzò con Henry Gipps nel settembre del 1811 e lo sposò nel 1812. I versi derivano probabilmente da qualche informazione ricevuta dalla nipote Fanny circa le voci di un fidanzamento tra i due.
La famiglia Plumptre viveva a Fredville, vicino a Godmersham, ed era in rapporti di amicizia con Edward Austen. Il fratello di Emma, John-Pemberton Plumptre, fu per qualche tempo innamorato di Fanny, e la nipote, indecisa sui propri sentimenti, chiese consiglio alla zia, che le rispose in due lettere del 18 e del 30 novembre 1814.
Nella lettera i versi sono preceduti da «Oh! sì, mi rammento perfettamente dell’importanza Locale di Miss Emma Plumbtree» e seguiti da tre frasi, l’ultima delle quali scritta in un modo evidentemente conosciuto sia da Cassandra che da Fanny, che sembra quasi far seguito al gioco dei versi: «Ma parlando sul serio, non mi ci sono mai dedicata molto, oltre a escogitare una risposta al messaggio precedente di Fanny. Che c’è da dire su un argomento del genere? – Penissimo – o pono poro? o po – o al massimo, Pero pe a poro pada pene.»[6]
Tra Sessione e Sessione
I versi sono nella stessa lettera di quelli riportati sopra, preceduti da «Mi congratulo con Edward per il rinvio a un’altra Sessione del Pagamento per il Canale nelle campagne del Kent, come ho appena avuto il piacere di leggere. C’è sempre qualcosa da sperare in una Proroga.»
Between Session & Session
The just Prepossession
May rouse up the Nation
And the villainous Bill
May be forced to lie Still
Against Wicked Men’s will.
Tra Sessione e Sessione
Il giusto Preconcetto
Può risvegliare la Nazione
E l’infame Pagamento
Può essere costretto a mettersi da Parte
Contro la malvagia volontà degli Uomini.
In quel periodo era in progetto un canale che avrebbe attraversato il Weald del Kent (una zona della contea ricca di boschi) e i lavori avrebbero interessato anche alcune terre di proprietà di Edward Austen.
Nell’edizione delle Lettere curata da Deirdre Le Faye, al v. 2 si legge «The first Prepossession» (Il primo Preconcetto); in Later Manuscripts (vedi la nota 1) «first» diventa «just», e le curatrici annotano: «Come ha fatto rilevare Southam (Jane Austen: A Students’ Guide to the Later Manuscripts Works, Concord Books, 2007, p. 208), “just” (una parola usata da JA anche alcune righe prima nella lettera) sembra più probabile, e ha più senso nella frase.»
Quando ci si rigira nel letto
L’argomento è lo stesso di «Ho un dolore di testa», ma stavolta il soggetto che ne soffre non è specificato, e la poesia diventa una riflessione, stavolta seria e non ironica come la maggior parte delle altre poesie, sulla relatività delle nostre sensazioni.
Il manoscritto, al Roman Baths Museum, è nello stesso foglio della poesia su Mr. Gell e Miss Gill.
When stretch’d on one’s bed
With a fierce-throbbing head
Which precludes alike Thought or Repose,
How little one cares
For the grandest affairs
That may busy the world as it goes! –
How little one feels
For the Waltzes and reels
Of our dance-loving friends at a Ball!
How slight one’s concern
To conjecture or learn
What their flounces or hearts may befall.
How little one minds
If a company dines
On the best that the Season affords!
How short is one’s muse
O’er the Sauces and Stews,
Or the Guests, be they Beggars or Lords. –
How little the Bells,
Ring they Peels, toll they Knells
Can attract our attention or Ears! –
The Bride may be married,
The Corse may be carried,
And touch nor our hopes nor our fears.
Our own bodily pains
Ev’ry faculty chains;
We can feel on no subject beside.
‘Tis in health & in Ease
We the Power must seize
For our friends & our Souls to provide.
Quando ci si rigira nel letto
Con un feroce pulsare nella testa
Che preclude sia Pensiero che Riposo,
Quanto poco ce ne importa
Delle grandiose faccende
Che occupano il mondo che procede! –
Quanto poco ripensiamo
A Valzer e giravolte
Di amici che si divertono in un Ballo!
Quanto è scarso l’interesse
Di supporre o sapere
Che succeda a balze o cuori.
Quanto poco ci chiediamo
Se qualcuno abbia pranzato
Con il meglio che offra la Stagione!
Quanto è breve la riflessione
Su Salse e Stufati,
O sugli Ospiti, siano Nobili o Plebei. –
Quanto poco le Campane,
Suonino a distesa, o con rintocchi funebri
Riescono ad attirare il nostro Orecchio!
La Sposa può essere condotta all’altare,
La Salma portata al funerale,
E intoccate restano speranze o timori.
I nostri dolori fisici
Bloccano ogni facoltà;
Non riusciamo a pensare ad altro.
È in salute e in Serenità
Che dobbiamo cogliere l’Energia
Da offrire all’Animo e agli amici.
La gioviale, allegra e piccola Camilla
I versi, dei quali non è rimasto il manoscritto, sono citati in una lettera del 29 novembre 1812 a Martha Lloyd: «I 4 versi che ti ho mandato su Miss W. erano tutti miei, ma in seguito James ha suggerito ciò che ho ritenuto un miglioramento degno di nota e tale da meritare la Steventon Edition.» Vista la mancanza del manoscritto originale, non sappiamo quali siano stati i miglioramenti apportati da James Austen, che in effetti era considerato un po’ il poeta della famiglia.[7]
La Miss W. della lettera, e la Camilla dei versi, era Urania-Catherine-Camilla Wallop (1774-1814), che sposerà il «Wake» del verso finale (il rev. Henry Wake) il 26 marzo 1813. Il secondo verso è riferito all’età di Camilla Wallop, ancora nubile a trentotto anni compiuti (era nata il 23 novembre 1774). Nel verso finale c’è un gioco di parole, visto che «jump a Wake» può significare anche «saltar su alla sveglia».
Camilla, good humoured, & merry, & small
For a Husband was at her last stake;
And having in vain danced at many a Ball
Is now happy to jump a Wake.
La gioviale, allegra e piccola Camilla
Per un Marito aveva un’ultima chance;
E avendo invano ballato a molte feste
È ora felice di cogliere un Wake.
Il testo riportato qui deriva da una copia fatta da Anna Austen, e potrebbe essere la versione «migliorata» da James descritta nella lettera. Esiste un’altra copia, trascritta nel 1860 da Stephen Terry, all’epoca consuocero di Anna Austen, con due versi, il secondo e il quarto, leggermente diversi: «For a Husband it happend was at her last stake;» («Per un Marito le capitò un’ultima chance;») e «Is now very happy to Jump at a Wake.» (“È ora felice di cogliere al volo un Wake.”).
I versi sono anche nel Memoir di James Edward Austen-Leigh, preceduti da «Sul matrimonio di una civetta di mezza età con un certo Mr. Wake, che si suppone non avrebbe mai accettato in gioventù».[8] Il primo verso è modificato, con Camilla che cambia il nome in Maria, probabilmente per non rivelarne la vera identità, e diventa alta invece di piccola: «Maria, good-humoured, and handsome, and tall,» («La gioviale, allegra e alta Maria»), mentre gli altri sono riportati con lo stesso testo della versione di Stephen Terry.
Quando le corse di Winchester ebbero inizio
Questi versi furono scritti il 15 luglio 1817, tre giorni prima della morte di Jane Austen; almeno è questo che indica un manoscritto, non di mano dell’autrice, conservato alla New York Public Library: «scritti il 15 luglio 1817: da Jane Austen che morì il mattino del 18 luglio 1817 all’età di 41 anni.» Un’altra copia, scritta dalla sorella Cassandra, è conservata al Jane Austen Memorial Trust di Chawton. Potrebbe non essere mai esistito un manoscritto autografo, visto che, se la data della copia a New York è esatta, in quei giorni Jane Austen non aveva probabilmente la forza di scrivere e i versi potrebbero essere stati dettati.
La poesia è citata dal fratello Henry nella nota biografica anteposta all’edizione postuma de L’abbazia di Northanger e Persuasione: «Il giorno prima della sua morte scrisse alcune strofe colme di fantasia e vigore.»[9]
Si tratta dunque dell’ultimo lascito letterario di Jane Austen, che nemmeno a pochi giorni dalla morte, debilitata da una malattia che da più di un anno le toglieva man mano le forze, rinunciò al suo sguardo ironico e divertito su ciò che la circondava, imbastendo una sorta di racconto sull’ira del santo patrono di Winchester, che, anche da morto, riteneva di aver diritto a essere interpellato per dare o meno il permesso di organizzare le corse di cavalli della sua città.
When Winchester races first took their beginning
It is said the good people forgot their old Saint
Not applying at all for the leave of St: Swithin
And that William of Wykeham’s approval was faint.
The races however were fix’d and determin’d
The company met & the weather was charming
The Lords & the Ladies were satine’d & ermin’d
And nobody saw any future alarming.
But when the old Saint was informed of these doings
He made but one spring from his shrine to the roof
Of the Palace which now lies so sadly in ruins
And then he address’d them all standing aloof.
Oh, subjects rebellious, Oh Venta depraved
When once we are buried you think we are dead
But behold me Immortal. – By vice you’re enslaved
You have sinn’d & must suffer. – Then further he said
These races & revels & dissolute measures
With which you’re debasing a neighbouring Plain
Let them stand – you shall meet with your curse in your pleasures
Set off for your course, I’ll pursue with my rain.
Ye cannot but know my command o’er July.
Henceforward I’ll triumph in shewing my powers,
Shift your race as you will it shall never be dry
The curse upon Venta is July in showers.
Quando le corse di Winchester ebbero inizio
Si dice che la brava gente scordò il vecchio Santo
Non chiedendo affatto il permesso di St. Swithin[10]
E che il sì di William di Wykeham[11] fu vago.
Le corse tuttavia furono fissate e organizzate
La folla si radunò e il tempo fu incantevole
Nobili e Consorti in raso ed ermellino
E nessuno ebbe sentore di un qualche allarme.
Ma quando il vecchio Santo seppe queste cose
Fece un balzo dalla sua teca fino al soffitto
Del Palazzo che ora è così tristemente in rovina[12]
E poi intimò a tutti loro di starne lontani.
Oh, sudditi ribelli, Oh Venta[13] depravata
Se una volta seppelliti ci credete morti
Pur vedendomi Immortale. – Del vizio siete schiavi
Avete peccato e dovete soffrire. – Poi disse ancora
Queste corse, le baldorie e le dissolutezze
Con cui avvilite una vicina Spianata[14]
Fatele continuare – troverete la sventura nei vostri piaceri
Avviatevi pure, vi perseguiterò con la pioggia.
Vi accorgerete della mia autorità su luglio.
D’ora in poi trionferò mostrando i miei poteri,
Spostate le corse come volete, non saranno mai asciutte
La sventura su Venta sia un luglio bagnato.
In questo anno in cui ricordiamo il bicentenario della morte di Jane Austen è opportuno concludere con questi versi, che dimostrano come la giocosa ironia che ne caratterizza tutta l’opera letteraria ed epistolare non venne sconfitta nemmeno dalla morte imminente, una considerazione sorretta anche da quella che è considerata l’ultima lettera della scrittrice, della quale non possediamo l’autografo e che conosciamo dalla Nota biografica di Henry Austen citata sopra, dove possiamo leggere uno dei tanti esempi dell’irresistibile humour austeniano:
Troverete il Capitano *** un uomo molto rispettabile e benintenzionato, senza molte moine, sua moglie e sua cognata tutte cordialità e cortesia, e spero (per quanto lo permetta la moda) con sottane un po’ più lunghe dell’anno scorso.[15]
- Per saperne di più sulla rivista di JASIT, consultare la pagina dedicata a Due Pollici D’Avorio.
- Per leggere gli altri estratti, cliccare sul link agli articoli tratti dai numeri della rivista.
- A Jane Austen piaceva la poesia? Qui qualche notizia.
[1] I testi di tutte le poesie, in originale e traduzione italiana di chi scrive, si possono leggere nel sito jausten.it -> altre opere -> poesie.
[2] Per le notizie su Frank Austen vedi: Clive Caplan, «The Ships of Frank Austen», in Report for 2008, The Jane Austen Society, p. 80.
[3] La prima figlia di Frank Austen e Mary Gibson, nata nel 1807. In questa poesia, contrariamente alle altre, ho mantenuto la rima baciata dell’originale.
[4] Charles Austen era con la moglie Fanny (Frances Palmer) alle Bermuda, e tornò in Inghilterra solo nel 1811. Frank tornò invece nel 1810.
[5] James Edward Austen-Leigh, Ricordo di Jane Austen, cap. V, traduzione mia, nel sito jausten.it.
[6] Nel testo originale l’ultima parte è «Pery pell – or pare pey? or po. – or at the most, Pi pope pey pike pit.», con parole la cui iniziale è sostituita dalla lettera «p», e va quindi letta come «Very well – or are they? or no – or at the most, I hope they like it.» Nella traduzione (ovvero: «Benissimo – o sono loro? o no – o al massimo, Spero che a loro vada bene.») ho usato lo stesso sistema.
[7] Vedi The Complete Poems of James Austen, Edited by David Selwyn, The Jane Austen Society, Chawton, 2003.
[8] James Edward Austen-Leigh, Ricordo di Jane Austen, cap. V, traduzione mia, nel sito jausten.it.
[9] Henry Austen, Nota biografica sull’autore, traduzione mia, nel sito jausten.it.
[10] St. Swithin fu Vescovo di Winchester dall’852 fino alla sua morte nell’862 e fu poi nominato patrono della città. Il 15 luglio 971 (poi celebrato come festa del santo) il corpo fu trasferito dalla tomba esterna alla cattedrale in una teca all’interno. Sembra che quel giorno ci sia stata una tempesta e che da questo sia nato un proverbio che dice “Se piove il giorno di St. Swithin, pioverà per quaranta giorni.” (vedi gli ultimi versi).
[11] William of Wykeham (1324-1404) fu Vescovo di Winchester dal 1366 fino alla sua morte.
[12] I resti del Wolvesey Palace, l’antico palazzo vescovile di Winchester poi ricostruito alla fine del diciassettesimo secolo.
[13] Venta Belgarum era il nome romano di Winchester.
[14] Le corse si tenevano a Worthy Down, circa quattro miglia a nord di Winchester.
[15] Henry Austen non precisa la destinataria della lettera e omette il nome delle persone citate. Deirdre Le Faye (Jane Austen: «More Letters Redated», in Notes and Queries, n. 38 (3), set. 1991, pagg. 306-8) ritiene che la lettera sia stata scritta il 28 o 29 maggio 1817 e che fosse indirizzata a Frances Tilson, moglie di un socio del fratello Henry, e, per quanto riguarda l’identità del capitano, scrive: «si tratta probabilmente del Cap. Benjamin Clement, della Royal Navy, con sua moglie [Ann-Mary Prowting] e la cognata Miss Catherine-Ann Prowting.»
Dal 2009 al 2013 ha tradotto tutte le opere e le lettere di Jane Austen, raccolte nel sito jausten.it. Ha scritto due biografie di Jane Austen: Jane Austen si racconta (Utelibri, 2012) e In Inghilterra con Jane Austen (Giulio Perrone Editore, 2022). Nel 2015 ha curato e tradotto Lady Susan e le altre (Elliot), una raccolta di romanzi e racconti epistolari di Jane Austen. Nel 2017, in occasione del bicentenario della morte di Jane Austen, ha curato tre volumi editi da Elliot: Juvenilia, Ricordo di Jane Austen e altre memorie familiari (di James Edward Austen Leigh) e I Janeites (di Rudyard Kipling), oltre a un’antologia delle lettere pubblicata da “La biblioteca di Repubblica-L’Espresso”, comprendente anche l’incompiuto Sanditon.