Lo scorso 16 gennaio, il Jane Austen Book Club (JABC) di Biblioteca Salaborsa e JASIT ha offerto l’occasione di esplorare il terreno letterario su cui è germogliata l’opera di Jane Austen. L’incontro, infatti, è stato dedicato a tre romanzi rappresentativi delle sue letture e citati anche nei suoi scritti: Tom Jones di Henry Fielding, Evelina di Frances Fanny Burney e I Misteri di Udolpho di Ann Radcliffe. I partecipanti hanno potuto scegliere liberamente uno solo tra questi tre titoli – ma non è mancato chi ne ha scelti due o addirittura tutti e tre.
Ad introdurre i tre romanzi, la prof.ssa Serena Baiesi del Dipartimento di Lingue Straniere dell’Università di Bologna, che ha condotto e animato la discussione. La sala era affollata e la conversazione è stata talmente partecipata, in un continuo scambio tra il tavolo degli oratori/moderatori e la platea, da raggiungere senza nemmeno accorgercene la durata record di tre ore (che avrebbero potuto essere di più se non fosse arrivato l’orario di chiusura).
Nel ringraziare ancora vivamente Serena Baiesi (che ci ha gentilmente concesso di pubblicare qui la presentazione che ha utilizzato in sala), Rosalia Ragusa e tutti coloro che hanno dato vita a questo vivace scambio da vero salotto letterario (espressione che rubo al commento entusiasta di Elisabetta Bisello, una delle partecipanti), lascio lettrici e lettori di jasit.it al resoconto di questo bel pomeriggio alla scoperta delle letture di Jane Austen.
Sfruttando al meglio l’ambiente informale del Gruppo di Lettura che favorisce la condivisione, l’incontro è stato organizzato dalla prof.ssa Serena Baiesi, in tre diverse sezioni, una per ogni romanzo e autore, seguendo l’ordine cronologico delle opere, in modo da dare spazio alla discussione al termine di ogni sezione.
Proprio come nel più classico dei gruppi di lettura, l’esposizione inizia con un ricordo della prima lettura di Ann Radcliffe da parte di Serena Baiesi: questo primo incontro fu molto difficile e solo dopo un suggerimento dato dalla sua insegnante di allora, la prof.ssa Beatrice Battaglia, riuscì a cogliere l’atteggiamento giusto con cui affrontare questo tipo di romanzo, e in particolar modo la sua eroina (fedele allo stereotipo della fanciulla in pericolo che attende di essere salvata da parte dell’eroe). Il suggerimento ci è stato rivelato durante la trattazione dei Misteri di Udolpho, quindi anche qui scelgo di rimandare i lettori a questa parte dell’articolo.
A proposito dei romanzi che celebrano protagoniste stereotipate, Serena Baiesi ha suggerito che sarebbe molto interessante parlare dei romanzi che JA non poteva permettersi di leggere perché all’epoca considerati dei veri e propri libri “proibiti”, come A Simple Story (1791) di Elizabeth Inchbald, Memories of Emma Courtney (1796) di Mary Hays, o Maria; or the Wrongs of Woman (1798) di Mary Wollstonecraft, la madre del femminismo, già autrice della Rivendicazione dei diritti della donna del 1792. In libri del genere, le protagoniste, ad esempio, sceglievano di non sposarsi e di convivere con i loro compagni, e diventare madri dei loro figli, rischiando la condanna sociale (in alcuni casi, assomigliando molto alle loro creatrici, donne dalla vita decisamente fuori dagli schemi, proprio come Mary Wollstonecraft).
Seguendo l’ordine cronologico delle opere, iniziamo la conversazione su Tom Jones.
Con Henry Fielding (1707-1754) nasce il romanzo moderno, realista, di cui egli è considerato uno dei padri insieme a Daniel Defoe e Samuel Richardson. I suoi titoli – per citarne solo alcuni, Joseph Andrews e Amelia – sono famosi anche presso il grande pubblico, proprio come il testo di cui parliamo oggi, Tom Jones. Queste opere mettono in scena la società con un realismo inusuale per l’epoca con dosi massicce di ironia e parodia utilizzate per criticare schemi stereotipati e spingere così il lettore a metterli in discussione. In particolare, la penna di Fielding si sofferma sulla classe sociale in ascesa, la borghesia.
Importante è anche la forma narrativa scelta dallo scrittore: contrariamente alla moda dell’epoca, sceglie la forma in prosa e non la forma epistolare – utilizzata, ad esempio, in Pamela, o la virtù premiata, di S. Richardson, un conduct book, o libro educativo, di grande successo all’epoca, del quale Fielding scrisse una parodia intitolata Shamela, dove si gioca palesemente con la parola shame, vergogna. Jane Austen sceglierà di criticare i libri di questo genere con maggiore sottigliezza, utilizzando una chiave narrativa a lei congeniale, la commedia e l’ironia.
Ancora un riferimento a Richardson e ad una delle sue opere: secondo alcuni critici, Tom Jones sarebbe una forma parodica di Clarissa, un romanzo in cui la protagonista del titolo vive una serie di avventure e disavventure sentimentali e sociali, ma in chiave drammatica.
Si può dire che l’autore sia un vero e proprio narratore onnisciente anche piuttosto invadente (un aspetto sul quale il pubblico in sala è stato unanime) perché appare costantemente in prima persona per fare lunghe riflessioni sulla vicenda e le sue implicazioni sociali e morali. Viene ricordato che, infatti, nell’adattamento televisivo di BBC del 1997 questo dettaglio viene reso con un vero e proprio attore che impersona Henry Fielding ed appare spesso sulla scena, talvolta addirittura intralciando, con sottile ironia, i movimenti dei personaggi della vicenda. La differenza con Jane Austen è eclatante poiché l’autrice, soprattutto grazie al suo stile caratterizzato dal discorso indiretto libero, riesce addirittura a non farci accorgere della sua presenza.
Un’altra caratteristica di Tom Jones è la trama, intricata e fitta di avvenimenti e personaggi, e sempre avvincente. S. T. Coleridge la definì una delle “più perfette” mai scritte.
Dal pubblico vengono ricordati due passaggi del romanzo.
Il primo riguarda proprio la presentazione dell’eroina, Sofia Weston, che l’autore “allunga” per quasi due capitoli (Libro 4, capp. 1 e 2), attraverso analogie con la natura e la mitologia classica, fino a descrivere l’aspetto di Sofia minuziosamente. Quando arriva il momento di descriverne il carattere, si ferma affermando che parlarne sarebbe “un tacito affronto all’intelligenza del lettore”, anche perché “gli potrebbe togliere il piacere di formarsi lui stesso un giudizio del carattere di Sofia”, e per questo lascerà che il lettore la osservi nel corso della vicenda.
Questo ricorda una delle caratteristiche stilistiche più importanti della scrittura austeniana: Jane Austen, infatti, non ci intrattiene mai con descrizioni fisiche o caratteriali, lascia che i personaggi (anche i più marginali) si presentino attraverso le loro azioni.
Il secondo brano riguarda la proposta di matrimonio del capitano Blifil a Miss Allworthy (Libro 1, cap. 11), che viene debitamente rifiutata due volte ma, una volta ripetuta “secondo l’etichetta”, fu accettata. Lo stesso autore, con una vivace ironia, traduce questa etichetta del rifiuto reiterato della proposta di matrimonio con una formula latina, Nolo Episcopari (“non desidero accettare la carica di vescovo”) utilizzata come prova di umiltà dai candidati alla carica di vescovo anglicano, i quali rifiutano le prime due proposte e accettano la terza. Questo potrebbe spiegare il motivo per cui Mr Collins, in Orgoglio e Pregiudizio, sia convinto che il rifiuto della sua proposta di matrimonio da parte di Elizabeth Bennet diventerà presto un assenso.
Prima di passare ad Evelina, è importante, a questo punto, ricordare una distinzione fondamentale tra novel e romance. In italiano, in entrambi i casi si è soliti usare una sola parola, romanzo, ma è bene precisare che, nel primo caso, siamo di fronte ad un romanzo realistico (in cui, ad esempio, i personaggi non sono stereotipati ma cambiano nel corso della vicenda, c’è maggiore introspezione, e risultano verosimili) mentre, nel secondo, ad un romanzo sentimentale (in cui sono utilizzati schemi narrativi rigidi ed i personaggi sono espressione di veri e propri stereotipi, mentre si fa largo uso della fantasia). Fielding e Jane Austen sono esponenti del novel mentre Ann Radcliffe è la madrina del romance, di genere gotico.
Se Henry Fielding è indiscutibilmente uno dei padri del romanzo, Frances Fanny Burney (1752-1840) ne è la madre, come confermò Virginia Woolf quando la definì the mother of English fiction (la madre della narrativa inglese). Sempre la Woolf dichiarò che la sua importanza è tale anche per Jane Austen che l’autrice di Steventon dovrebbe deporre dei fiori sulla sua tomba. Burney è in effetti anticipatrice di quanto Austen rappresenterà in modo inarrivabile qualche decennio più tardi.
Questa qualità di pioniera che rompe gli schemi riguarda anche la vita di Fanny Burney: dama di compagnia alla corte della Regina, autodidatta, sposa (di un generale francese in esilio) e madre in età matura, soffrì di cancro al seno, una patologia che affrontò con enorme coraggio accettando di essere operata (in un’epoca in cui la chirurgia era ben poco scientifica e “umana”).
Il suo primo romanzo, pubblicato anonimo, è Evelina, il cui sottotitolo è emblematico: the History of a Young Lady’s Entrance into the World, storia dell’ingresso in società di una giovane. Infatti, il lettore segue la vicenda della protagonista, giovanissima ed inesperta, cresciuta in un idilliaco ambiente rurale, che lascia la sua quieta campagna e si fa strada nella società, frequentando il mondo scintillante ma insidioso delle città alla moda, come Londra e Bath.
La padronanza della forma epistolare ricorda Richardson ma il gusto per la parodia e la satira sociale ricorda Fielding. Il romanzo è, in effetti, una commedia divertente e brillante, ricca di dialoghi vivaci e funzionali alla caratterizzazione dei personaggi, e la cui eroina, immersa in mille avventure sociali, gradatamente si trasforma: non è vittima passiva degli eventi ma diventa sempre più una persona che prende in mano la propria vita e compie scelte autonome, talvolta contrarie alle consuetudini. Anche grazie a queste qualità, il romanzo diventò presto un grande successo editoriale, il romanzo che tutti dovevano leggere, e non smise di appassionare i lettori nei decenni successivi.
È interessante notare come all’inizio del libro accada un incidente diplomatico che ci riporta subito a Jane Austen: al ballo, il futuro innamorato di Evelina la disdegna giudicandola inadeguata a lui, e da questo nascono alcune conseguenze… Ma le affinità riguardano non solo i singoli accadimenti ma anche e soprattutto i temi trattati ed i personaggi messi in scena e la loro caratterizzazione.
Vengono ricordati due dettagli importanti che testimoniano il legame tra le due autrici.
Jane Austen amava talmente questa scrittrice che, nel 1795, decise di contribuire alla raccolta fondi per finanziare la pubblicazione del romanzo Camilla. Inoltre, pare che il titolo Pride and Prejudice (Orgoglio e Pregiudizio) sia stato ispirato dall’ultima parte del romanzo Cecilia, dove questa combinazione di parole viene ripetuta da un personaggio importante del romanzo, che riassume la vicenda giudicandola il frutto dell’orgoglio e del pregiudizio.
Perché, però, oggi siamo così entusiasti di Jane Austen mentre di Fanny Burney si è persa quasi memoria? Al di là di qualunque valutazione sul diverso ordine di grandezza delle due autrici, un dato emerge su tutti: Burney è comunque strettamente legata a temi e situazioni tipiche della sua epoca, in modo evidente, che riflettono assai poco la nostra realtà, mentre Austen, pur usando gli stessi elementi, li racconta in modo originale e senza tempo, risultando ancora oggi modernissima.
Dal pubblico, viene confermato che la lettura di questo romanzo è non solo molto divertente ma fa scoprire come Fanny Burney sia stata una fortissima fonte di ispirazione per Jane Austen, e anche per questo da più parti si invitano i presenti in sala a leggerlo.
Ann Radcliffe (1764 – 1823) è una scrittrice di romance di genere gotico, che ebbe grande successo tra a partire dalla seconda metà del Settencento. Il romanzo gotico nasce ufficialmente nel 1764 con Il Castello d’Otranto di Horace Walpole, un testo breve ma dalla vicenda molto intricata e disseminata di tutti gli elementi tipici di questo genere, con molta suspense e colpi di scena, eventi soprannaturali ed inspiegabili.
Uno dei punti cruciali di questo genere è proprio la suspense, che ha il compito di lasciare al lettore il compito di immaginare ciò che lo scrittore non svela. Questo stile esprime in modo esplicito l’angoscia di vivere ma anche il tentativo di esorcizzare le paure più profonde facendone esperienza attraverso la riproduzione di ciò che produce un effetto di spavento nel lettore.
Basti pensare alle molteplici declinazioni che il gotico ha avuto nel corso del tempo. Il gotico scientifico, ad esempio, abbandona il romance vero e proprio e riprende le innovazioni e le scoperte scientifiche per esprimere l’angoscia che la modernità produce sulle persone; un ottimo rappresentante di questo particolare genere è Frankenstein di Mary Shelley. Dal gotico sono nati anche i gialli, i polizieschi ed i loro simili, in cui la suspense è legata non solo ad un delitto ma anche e soprattutto alla ricerca del movente e del colpevole di tale delitto. Portato alle estreme conseguenze, il gotico ha generato anche l’horror, di cui un esempio famoso è il vittoriano Dracula di Bram Stoker.
A questo punto, è bene fare una distinzione importante tra terrore e orrore, utilizzando le parole che l’autrice stessa scrisse nel 1826 [The New Monthly Magazine and Literary Journal, vol. 16, n. 1, 1826, 145-152 ]
Terror and horror are so far opposite, that the first expands the soul, and awakens the faculties to a high degree of life; the other contracts, freezes, and nearly annihilates them.
[Terrore e orrore sono talmente l’uno l’opposto dell’altro che il primo espande l’animo e risveglia le facoltà ad un alto livello di vita; l’altro le contrae, le raggela e quasi le annichilisce.]
Si può dire, cioè, che questi due sentimenti estremi abbiano una qualità catartica che, però, ha un effetto evolutivo, quindi positivo, solo nel primo caso, il terrore, perché induce una crescita interiore. Questo è l’effetto che Ann Radcliffe vuole ricreare nei suoi romanzi con una tecnica semplice ma efficace: alla fine dell’intricata e spaventosa vicenda, ogni mistero viene spiegato – ed è come se l’autrice volesse cercare un dialogo con il suo lettore, per rassicurarlo e completare l’opera di elevazione e consapevolezza spirituale.
Nel romanzo gotico, vengono utilizzati degli schemi fissi. I personaggi sono molto stereotipati (ad esempio, l’eroina è sempre sola ed indifesa, virtuosa ed ingenua, inconsapevole vittima del cattivo di turno, che è sempre molto cattivo e perverso, e per questo è necessaria la presenza dall’eroe che protegge e salva l’eroina).
L’ambientazione svolge un ruolo primario, quasi da vero e proprio personaggio, ed è sempre un paese esotico, come l’Italia, dai forti contrasti visivi, che permette la tecnica del word painting, cioè dipingere usando le parole – un forte contrasto tra luce e ombra, l’uso abbondante di aggettivi, l’accento sul movimento, il ripetuto tema del sublime ed il tema stesso del viaggio che implica un cambiamento di prospettiva.
Il soggetto principale di questi dipinti narrativi è la natura. Nel PDF in fondo all’articolo, sono visibili alcuni famosi dipinti che hanno segnato lo sviluppo del concetto di pittoresco, che ritroviamo anche nei romanzi di A. Radcliffe (che amava molto la pittura).
Benché le descrizioni paesaggistiche italiane dell’autrice lascino molto a desiderare quanto ad accuratezza geografica (basti pensare alla Pianura Padana con le palme e gli aranceti), I Misteri di Udolpho è un esempio eccellente della sua tecnica e del suo stile, molto cinematografico – a partire dall’incipit e proseguendo con l’apparizione e l’attraversamento delle Alpi (vol. 2, cap. 1), l’arrivo a Venezia (vol. 2, cap. 2) e l’approdo (dopo molte pagine!) al castello di Udolpho, sugli Appennini (vol. 2, cap. 5).
Torniamo un momento all’inizio e alla domanda lasciata in sospeso: come leggere Ann Radcliffe? La risposta si trova in quanto è appena stato detto e si ricollega al sottotitolo del romanzo: A Romance; Interspersed with Some Pieces of Poetry, un romanzo inframmezzato da alcuni brani di poesia.
La poesia è, infatti, non solo il brano letterario che, come indicato, apre ogni capitolo e, di tanto in tanto, contrappunta la narrazione ma è un una vera e propria chiave di lettura del romanzo, che permea tutta la narrazione.
Dal pubblico, emerge un favore generale per questo romanzo, che molti hanno definito divertente, (anche nei suoi difetti) e, appunto, poetico.
Da Radcliffe ad altri grandi esempi del gotico, il passo è breve: abbiamo citato più volte The Monk, Il Monaco, romanzo gotico del 1796 di Matthew Gregory Lewis, il cui successo fu proporzionale allo scandalo che suscitò a causa delle scene scabrose che conteneva.
Da Radcliffe a Jane Austen, il passo è addirittura brevissimo: I Misteri di Udolpho è grande protagonista, anche indirettamente, dell’Abbazia di Northanger, dove – ci suggerisce Serena Baiesi – la protagonista Catherine affronta il gotico (le disavventure, le angosce, i tranelli) presente nella società.
Presentazione in PDF a cura di Serena Baiesi (15 MB ca.)
Se trattare tre romanzi così importanti ed intensi come quelli oggetto del nostro gruppo di lettura è un’impresa ardua, raccontare tre ore di conversazione è addirittura impossibile. Ho cercato di condensare qui i temi principali trattati dalla prof.ssa Serena Baiesi e alcuni spunti emersi dal pubblico per fissare almeno l’essenziale di questa ricca esperienza di condivisione.
Come accaduto dal vivo, ringrazio ancora personalmente tutti coloro che hanno preso parte a questa conversazione: tre ore a parlare di libri con gioiosa serietà è quanto di più vicino a un paradiso in Terra, una magia degna del nostro Jane Austen Book Club.
Il prossimo appuntamento con il Gruppo di lettura di Biblioteca Salaborsa e JASIT è il 13 febbraio 2016, alle ore 16, in Auditorium Enzo Biagi. Parleremo di Vecchi amici e nuovi amori, di Sybil G. Brinton, il capostipite di tutti i derivati austeniani (Austen inspired novels). A guidarci in un’altra conversazione da salotto letterario, la prof.ssa Carlotta Farese, docente di letteratura inglese del Dipartimento di Lingue, Letterature e Culture Moderne dell’Università di Bologna, e una dei massimi studiosi di Jane Austen in Italia.
Tutti i dettagli nel post di presentazione dell’incontro.
(Bologna, Italy) – Diplomata Traduttrice e Interprete e laureata in Lingue e Letterature Straniere, ha lavorato come traduttrice e da anni si occupa di marketing e comunicazione aziendale. Il suo maggiore interesse libresco è la letteratura scritta dalle donne. Ha letto Jane Austen per la prima volta a vent’anni (Orgoglio e Pregiudizio). Nel dicembre 2010 ha aperto il blog monografico Un tè con Jane Austen e nel 2013 ha fondato Jane Austen Society of Italy (JASIT), di cui è presidente.
1 commento
Tante grazie per questo accurato resoconto di un incontro che è stato davvero ricco di contributi e riflessioni molto interessanti.
Vorrei aggiungere che la scelta di tali letture mi ha fatto avvicinare per la prima volta a due autrici che mi hanno appassionato e le cui opere, anche in relazione a Jane Austen, sono illuminanti. Evelina e Udolpho mi hanno divertita ed emozionata.
Well done … al prossimo incontro!