A margine dell’incontro speciale del Jane Austen Book Club dedicato a Emma, svoltosi lo scorso 25 settembre 2015 in Salaborsa (e del quale trovate un resoconto nel post dello scorso 5 ottobre), oggi pubblichiamo volentieri questa riflessione di Elisabetta Bisello, che in apertura dell’incontro ha dato voce alle parole di Jane Austen leggendo dal vivo alcuni brani tratti dal primo capitolo di Emma.
Nel prepararne la scaletta, avevamo concordato di tenere pronti altri brani significativi: tra questi, il rutilante monologo di Miss Bates all’entrata del Crown Inn per il ballo, al capitolo 38.
Non c’è stata l’occasione di leggerlo durante l’incontro ma Elisabetta ha accettato di condividere con noi gli appunti che ha elaborato come guida interpretativa alla lettura ad alta voce.
A corredo delle sue parole, in fondo al post trovate un prezioso regalo: la registrazione del brano che ha generato queste riflessioni preparatorie.
Ringraziamo fin d’ora Elisabetta per il suo contributo personale all’approfondimento di uno dei personaggi più affascinanti di Emma, Miss Bates.
Buona lettura e buon ascolto!
Riflessioni di Elisabetta Bisello sul monologo di Miss Bates al cap. 38 di Emma.
È un brano stupendo, in cui le parole e il loro non-significato (o probabilmente proprio per questo) assumono grande importanza. Dare un tono, un senso, una logica a parole che non hanno tono, senso, logica è praticamente impossibile. Ne esce una straordinaria pagina di letteratura nonsense, una accozzaglia di parole che hanno il solo scopo di coprire il silenzio e gratificare tutti i presenti con l’attenzione ma non con il contenuto. È una sequenza di frasi tronche, che si accavallano tra loro e si sovrappongono in un ritmo quasi sincopato. L’ho trovato un brano psichedelico.
Probabilmente il solo modo di leggerlo è quello di assecondare il flusso ininterrotto di parole, piatto (come è la personalità di Miss Bates) salvo brevi picchi dettati dalla vista di uno dei partecipanti o una delle signore: bla-bla-bla (monotono) oh! Ecco Miss Taldeitali, bla-bla-bla (monotono).
La lettura a voce alta di questo brano mi ha fatto comprendere la straordinaria capacità di JA di descrivere le situazioni attraverso le parole e i suoni, di descrivere la personalità dei personaggi attraverso il modo di parlare.
In Miss Bates questo raggiunge livelli altissimi e nel monologo ci viene porto su un piatto d’argento tutto di lei: la semplicità, la necessità di ringraziare ognuno, il bisogno di sentirsi viva solo attraverso il riconoscimento delle esistenze altrui, la mancanza totale di contenuti e cose da dire, le parole usate per colmare il vuoto culturale e individuale, l’assenza pressoché totale di qualsiasi controllo e collegamento testa-lingua.
Non è il chiacchiericcio pettegolo o autoreferenziale (per esempio di Mrs Elton) ma soltanto l’eterno, inutile, compulsivo, ossessivo ringraziamento del gruppo sociale di appartenenza e dei singoli elementi. Non c’è il riconoscimento di specificità individuali: sono tutti ugualmente gentili, generosi, premurosi e eleganti. Tutti nella stessa misura e nello stesso modo. Non viene riconosciuta a nessuno una qualche peculiarità o leggera imperfezione che lo renda unico, tutti uguali ai suoi occhi e tutti immensamente superiori a lei.
Tutto questo (e molto altro) Jane Austen lo dice attraverso parole che non hanno nessun senso, né capo né coda, parole di cui non c’è nessun bisogno e che non aggiungeranno nulla all’economia della serata.
È un capolavoro letterario. Oggi probabilmente siamo abituati a leggere di tutto scritto in ogni modo, senza o con l’ausilio della punteggiatura, ma allora non credo fosse così. È terribilmente innovativo questo brano, di un realismo puro, una forma di neorealismo ante litteram.
Mi ricorda alcuni monologhi di Woody Allen e le sue idiosincrasie, paranoie e paure.
Quanto è attuale la paura di Miss Bates di non piacere agli altri….!
Sarebbe bello che ogni lettore facesse il piccolo sacrificio di leggere ad alta voce questo brano per capire la sua irrealtà e al tempo stesso la sua perfetta attualità. Quando lo si legge si coglie certo l’ironia, l’impaccio e la timidezza, il carattere schivo di Miss Bates. Leggendo a voce alta si percepisce l’assoluta mancanza di senso della stessa esistenza di Miss Bates. È un monologo grande e terribile allo stesso tempo. Tanto più che si chiude con due parole assolutamente banali e ripetute, che lasciano la tristezza e l’amaro di frasi accostate che poggiano su una spaventosa assenza di contenuti.
Leggere e dare voce ai personaggi vuol dire immedesimarsi in essi. Commuove e rattrista il finale tiepido di questo monologo che lascia nel lettore un enorme senso di vuoto interiore. L’ho “sentita” Miss Bates, ho “sentito” la sua povertà umana e l’ho amata ancora di più.
Nota:
– il testo letto da Elisabetta è tratto dalla traduzione di Giuseppe Ierolli, al quale si deve anche il video
(Bologna, Italy) – Diplomata Traduttrice e Interprete e laureata in Lingue e Letterature Straniere, ha lavorato come traduttrice e da anni si occupa di marketing e comunicazione aziendale. Il suo maggiore interesse libresco è la letteratura scritta dalle donne. Ha letto Jane Austen per la prima volta a vent’anni (Orgoglio e Pregiudizio). Nel dicembre 2010 ha aperto il blog monografico Un tè con Jane Austen e nel 2013 ha fondato Jane Austen Society of Italy (JASIT), di cui è presidente.