“Proprio quando cominciava a sentire fiducia nel successo”. In ricordo di Jane Austen

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Jane Austen a Winchester – A sinistra, la casa di College Street n.8; a destra, la navata nord della cattedrale in cui si trova la tomba.

Il 18 luglio del 1817, alle 4 e mezza del mattino, Jane Austen muore dopo una lunga malattia (a tutt’oggi sconosciuta e ancora frutto di molte ipotesi).
I sintomi si erano manifestati già durante l’anno precedente, come testimoniano alcune lettere, ma si erano acuiti drasticamente nella primavera, tanto che la sorella Cassandra decise di portare Jane a Winchester dove, nell’appartamento in affitto al numero 8 di College Street, avrebbe potuto avere più facilmente le cure del Dott. Lyford, medico di grande fama che era già intervenuto a Chawton.

Oggi, desideriamo rendere omaggio alla donna e all’artista Jane Austen con l’aiuto di due testimoni di eccezione, che ci accompagneranno in questa giornata di commemorazione: la nipote Caroline Austen e la scrittrice Virginia Woolf.

In ricordo della donna Jane Austen
Cominciamo con la testimonianza della nipote Caroline, figlia di James Austen e Mary Lloyd, che ricorda l’ultima volta in cui vide la Zia, durante una visita a Chawton nell’aprile del 1817 (poco tempo prima del trasferimento di Jane Austen a Winchester, avvenuto il 24 maggio successivo).

Caroline Austen
Caroline Austen

Non so quando iniziarono gli allarmanti sintomi della sua malattia. Fu nel mese di marzo che capii per la prima volta come fosse malata seriamente. Era stato stabilito che all’incirca alla fine di quel mese, o all’inizio di aprile, avrei passato qualche giorno a Chawton, in assenza di mio padre e mia madre, che erano impegnati con Mrs. Leigh Perrot per sistemare gli affari del defunto marito – Mr. Leigh Perrot era morto da poco – ma la zia Jane stava troppo male per farmi stare in casa loro, e così andai da mia sorella, Mrs. Lefroy, a Wyards. Il giorno dopo andammo a piedi a Chawton per chiedere notizie della zia. Era rinchiusa in camera sua, ma disse che ci avrebbe visto volentieri, e andammo da lei. Era in vestaglia ed era seduta in poltrona proprio come un’invalida, ma si alzò e ci salutò con molta gentilezza, e poi, indicando le sedie che erano state sistemate per noi accanto al fuoco, disse, “C’è una sedia per la signora sposata, e uno sgabellino per te, Caroline.” È strano, ma queste parole scherzose sono le ultime che ricordo di lei, perché non ho serbato memoria di nulla di ciò che fu detto nella conversazione che naturalmente seguì.
Ero rimasta colpita dal cambiamento che c’era stato in lei. Era molto pallida, la voce era debole e bassa, e sembrava debilitata e sofferente; ma mi è stato detto che non ebbe mai dei veri dolori.
Non era in grado di fare lo sforzo di chiacchierare con noi, e la nostra visita nella stanza della malata fu molto breve. La zia Cassandra ci fece presto andar via. Credo che non restammo per più di un quarto d’ora, e non rividi più la zia Jane. (1)

In ricordo dell’artista Jane Austen
Dalla viva voce di Virgina Woolf, convinta estimatrice di Jane Austen, ascoltiamo alcune riflessioni sulle conseguenze letterarie di questa morte prematura, dove a parlare non è soltanto la grande scrittrice ma anche la lettrice appassionata.

Virginia Woolf
Virginia Woolf

Mai un romanziere ha saputo usare a questo modo il suo senso impeccabile dei valori umani. […]
Ci descrive un bel paesaggio notturno senza nominare una sola volta la luna. […]
L’equilibrio delle sue doti letterarie era singolarmente perfetto. Tra i romanzi che riuscì a portare a termine non ce n’è uno che sia fallito, e fra i suoi molti capitoli , pochissimi che scendano notevolmente al di sotto del livello degli altri. Ma è vero che Jane Austen morì a quarantadue anni. Cioè all’apogeo delle sue facoltà. Avrebbe ancora potuto subire uno di quei mutamenti che spesso fanno del periodo finale della carriera di uno scrittore il più interessante di tutti. Vivace, incontenibile, in possesso di un’inesauribile inventiva, non c’è dubbio che avrebbe scritto altre cose, se non fosse morta, e siamo tentati di credere che forse avrebbe scritto cose assai diverse. Le frontiere erano ancora nette; le lune, le montagne, i castelli si trovavano dall’altra parte. Ma non avrà mai avuto la tentazione di varcare queste frontiere, non fosse che per un minuto? Non aveva già incominciato, pur sempre nel suo stile gaio e brillante, a intravedere la possibilità di un piccolo viaggio di scoperta? […]
Ora, nel 1817, ella era pronta. Anche esternamente, per quel che riguarda la sua situazione personale, il mutamento era prossimo. La sua fama, molto lentamente, era andata crescendo. «Dubito,» scriveva Austen-Leigh «che mi sia possibile nominare un altro scrittore importante la cui oscurità personale fosse più completa»*. Se ella avesse vissuto qualche anno ancora, tutto ciò sarebbe cambiato. […]
E quale sarebbe stato l’effetto di tutto questo sui sei romanzi che Jane Austen non scrisse? […]
Sarebbe rimasta un po’ più in disparte, nei confronti dei suoi personaggi, per vederli più come gruppo che come individui. La sua satira, benché meno incessante, sarebbe diventata più stringente e più severa. Ella sarebbe divenuta la predecessora di Henry James e di Proust… Ma basta così. Queste speculazioni sono vane: la più perfetta artista tra le donne, la scrittrice i cui libri sono tutti immortali, morì «proprio quando cominciava a sentire fiducia nel successo»**. (2)


(1) Caroline Austen, My Aunt Jane Austen. A Memoir, Jane Austen Society, Alton, 1952, pagg. 14-15; trad. G. Ierolli
(2) Virginia Woolf, Jane Austen, in The Common Reader: First Series, 1925.  La traduzione utilizzata qui è di Adriana Bottini, da Le donne e la scrittura, ed. La Tartaruga, 2003.
* V. Woolf si riferisce al Memoir of Jane Austen (Ricordo di Jane Austen), di James Edward Austen-Leigh, la biografia pubblicata nel dicembre 1869 (datata 1870). Questa citazione è dal cap. VII.
** la fonte della citazione è la stessa, dal cap. XI

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