Le edizioni critiche dell’opera completa di Jane Austen sono due: una pubblicata dalla Oxford University Press nel 1923 (The Novels) e nel 1954 (Minor Works), curata da R. W. Chapman, e l’altra dalla Cambridge University Press, pubblicata negli anni 2005-2008, a cura di Janet Todd (General Editor) e con curatori diversi per i singoli volumi.
Tra le due ci sono alcune differenze formali, mai però macroscopiche e più che altro dovute a scelte tra piccole differenze rilevabili tra le prime edizioni delle opere delle quali non esistono manoscritti, o da letture leggermente diverse dei manoscritti rimasti.
Una però è abbastanza significativa, e trae origine da una correzione proposta da uno storico e uomo politico inglese, nonché appassionato lettore austeniano: Thomas Babington Macaulay (1800-1859), che tra l’altro è famoso in ambito austeniano per essere stato il primo ad avvicinare Austen a Shakespeare (vedi Thomas Babington Macaulay on Jane Austen).
Nella prima edizione di Persuasion l’inizio è questo:
Sir Walter Elliot, of Kellynch-hall, in Somersetshire, was a man who, for his own amusement, never took up any book but the Baronetage; there he found occupation for an idle hour, and consolation in a distressed one; there his faculties were roused into admiration and respect, by contemplating the limited remnant of the earliest patents; there any unwelcome sensations, arising from domestic affairs, changed naturally into pity and contempt. As he turned over the almost endless creations of the last century – and there, if every other leaf were powerless, he could read his own history with an interest which never failed – this was the page at which the favorite volume always opened:
ELLIOT OF KELLYNCH-HALL.
ovvero, in italiano:
Sir Walter Elliot, di Kellynch Hall, nel Somersetshire, era un uomo che, per suo diletto, non prendeva mai in mano altro libro che il Baronetage; lì trovava occupazione per un’ora d’ozio e consolazione in una di tristezza; lì il suo animo si accendeva di ammirazione e rispetto, contemplando le scarse vestigia delle nomine più antiche; lì qualsiasi spiacevole sensazione suscitata da questioni domestiche si trasformava in modo naturale in compassione e disprezzo. Quando scorreva le quasi infinite concessioni dell’ultimo secolo – e lì, se ogni altra pagina si fosse rivelata fiacca, poteva leggere la propria storia con un interesse che non veniva mai meno – questa era la pagina alla quale si apriva sempre il volume prediletto:
ELLIOT OF KELLYNCH-HALL
Nel leggere questo inizio Macaulay notò qualcosa che non quadrava. Quel punto fermo dopo “contempt” (disprezzo) che chiudeva la prima parte faceva credere che la compassione e il disprezzo provati da Sir Walter fossero dovuti alle questioni domestiche, troppo banali per competere con la grandezza delle nomine più antiche. Fin qui nulla da dire. Il problema era nella seconda parte, che cominciava con “As he turned over the almost endless…” (Quando scorreva le quasi infinite…), leggendo la quale si è indotti a credere che fosse qui, ovvero nelle nomine più recenti, che si trovava la pagina dedicata alla sua famiglia, quella che il baronetto apriva sempre. Ma poco dopo, a pagina 3, si legge che il titolo di baronetto era stato assegnato alla famiglia “in the first year of Charles II.” (nel primo anno di regno di Carlo II), ovvero nel 1660, molto prima del “last century” (ultimo secolo) delle nomine recenti.
Macaulay suggerì allora una cosa molto semplice: il punto fermo dopo “contempt” era sbagliato, e lì era necessaria una virgola al posto del punto. In questo modo la lettura corretta del passaggio era “changed naturally into pity and contempt, as he turned over the almost endless creations of the last century” (si trasformava in modo naturale in compassione e disprezzo, quando scorreva le quasi infinite concessioni dell’ultimo secolo), e la compassione e il disprezzo erano in questo modo rivolti non alla questioni domestiche, ma alle nomine recenti, molto meno illustri di quelle più antiche, che comprendevano anche quella degli Elliot.
In effetti la correzione ha una sua significativa ragion d’essere, anche perché ripristina il susseguirsi dei tre “there” (lì), che assumono una forte connotazione iterativa se li leggiamo come se fossero uno sotto l’altro:
– lì trovava occupazione per un’ora d’ozio e consolazione…
– lì il suo animo si accendeva di ammirazione e rispetto…
– lì, se ogni altra pagina si fosse rivelata fiacca, poteva leggere la propria storia…
Chapman accolse la correzione, e in una nota scrisse: “the correction was made by Macaulay”, mentre l’edizione Cambridge di Persuasion, curata da Janet Todde e Antje Blank, riporta la lezione originale, quella col punto fermo. In quest’ultimo volume non c’è una nota che spieghi la scelta di non accogliere la correzione, né se ne parla nella “Note on the text” subito dopo l’Introduzione. Probabilmente le due curatrici hanno ritenuto di attenersi in modo scrupoloso alla prima edizione, indicata come “the authoritative text” nella nota citata.
Nell’edizione JASIT di Persuasione, pubblicata in occasione del bicentenario della prima edizione (tradotta dallo scrivente, con apparato grafico a cura di Petra Zari), troverete il testo dell’edizione Cambridge, così come nel sito jausten.it, dove, dopo aver scoperto la correzione di Macaulay, ho aggiunto una nota che racconta brevemente la vicenda.
Dal 2009 al 2013 ha tradotto tutte le opere e le lettere di Jane Austen, raccolte nel sito jausten.it. Ha scritto due biografie di Jane Austen: Jane Austen si racconta (Utelibri, 2012) e In Inghilterra con Jane Austen (Giulio Perrone Editore, 2022). Nel 2015 ha curato e tradotto Lady Susan e le altre (Elliot), una raccolta di romanzi e racconti epistolari di Jane Austen. Nel 2017, in occasione del bicentenario della morte di Jane Austen, ha curato tre volumi editi da Elliot: Juvenilia, Ricordo di Jane Austen e altre memorie familiari (di James Edward Austen Leigh) e I Janeites (di Rudyard Kipling), oltre a un’antologia delle lettere pubblicata da “La biblioteca di Repubblica-L’Espresso”, comprendente anche l’incompiuto Sanditon.