Jane Austen e la poesia

Le sue letture erano molte estese in storia e belle lettere, e la sua memoria estremamente tenace. I suoi scrittori morali prediletti erano Johnson per la prosa e Cowper per la poesia.
(Henry Austen, Nota biografica sull’autore, 1817)

Tra i suoi scrittori preferiti, i primi posti erano occupati da Johnson per la prosa, Crabbe per la poesia, e Cowper per entrambe. […] Adorava Crabbe, forse per una certa somiglianza con lei nei dettagli più minuti e finemente cesellati, e talvolta diceva, per gioco, che se mai si fosse sposata avrebbe voluto diventare Mrs. Crabbe, guardando all’autore come a un’idea astratta, senza conoscerlo e senza curarsi di che tipo d’uomo fosse. Lo Scott poeta le piaceva moltissimo; non visse abbastanza da conoscere molto dei suoi romanzi.
(James Edward Austen-Leigh, Ricordo di Jane Austen, 1870, cap. V)

Così il fratello e il nipote di Jane Austen descrivevano le sue preferenze poetiche, ed entrambe le testimonianze risultano sicuramente attendibili, visto che proprio William Cowper (1731-1800), George Crabbe (1754-1832) e Walter Scott (1771-1832) sono tra i poeti maggiormente citati nelle lettere e nelle opere.

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George Crabbe

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La struttura di Mansfield Park

Oggi pubblichiamo la traduzione di un articolo da “Persuasions on-line” apparso nel 2006. L’autore, Bruce Stovel, analizza la struttura di Mansfield Park, proponendo interessanti analogie con gli altri romanzi, in particolare Emma, con una lettura che mette in luce l’esistenza di blocchi narrativi che si ripetono, sia nella forma che nel contenuto, con una sorta di andamento ciclico che rivela, e approfondisce, i sentimenti dei personaggi e le relazioni che via via si instaurano tra loro, con particolare riferimento, naturalmente, alla figura di dell’eroina del romanzo, Fanny Price.

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Una volta ancora con sentimento: La struttura di Mansfield Park
di Bruce Stovel
V.27, NO.1 (Winter 2006)

Questo saggio è un tentativo di descrivere la struttura, lo schema di Mansfield Park: l’ampio arco che dà unità al romanzo e ne costituisce la spina dorsale. Che cosa ci può essere in questo romanzo di equivalente all’alternanza tra il corteggiamento di due sorelle da parte di due enigmatici spasimanti in Ragione e sentimento, o alla relazione di amore-odio tra Elizabeth e Darcy che dà unità a Orgoglio e pregiudizio? Il mio punto di vista è che Mansfield Park, il primo dei tre romanzi che Jane Austen avrebbe scritto nei suoi ultimi anni, sviluppa nel primo volume un’azione che sale di tono e raggiunge l’apice in un modo che è esattamente rispecchiato negli eventi principali del secondo e terzo volume. Nell’episodio del teatro, che occupa gli ultimi sei capitoli del primo volume, l’eroina, Fanny Price, si trova isolata e sulla difensiva, soggetta a continue pressioni per recitare e accusata di ingratitudine quando resiste ai desideri dell’intera famiglia, compreso il suo unico amico e mentore Edmund. Il primo volume giunge al punto culminante quando Sir Thomas Bertram torna in modo inaspettato; la commedia non sarà mai recitata, e l’ordine domestico sarà ripristinato. Negli eventi principali del secondo e terzo volume, Fanny affronta una seconda prova, molto più difficile: si oppone nuovamente ai desideri della famiglia, compreso Edmund, quando rifiuta la proposta di matrimonio di Henry Crawford, e ancora una volta è soggetta a pressioni e ad accuse di ingratitudine. Alla fine, a Mansfield Park l’ordine viene ripristinato, ma solo dopo una terribile sequenza di avvenimenti innescati dalla risoluta resistenza di Fanny nei confronti di Henry Crawford. Questo utilizzo del primo volume come prologo autosufficiente dell’azione principale è una struttura che Jane Austen elaborerà nel suo romanzo successivo, Emma, nel quale il primo volume illustra il fallimento dell’eroina nel promuovere il matrimonio tra Mr. Elton e Harriet, e il secondo e terzo un corteggiamento immaginario straordinariamente simile, ma molto più subdolo e difficile da scoprire, non da parte di Emma ma di Frank Churchill.

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Due passi per Austenland: Steventon e dintorni

Finalmente, vediamo un vecchio appoggiato al cancello del suo giardino. «Può dirci» gli chiediamo ansiose, «dove si trovava la canonica in cui viveva la famiglia Austen, tanto tempo fa?» «Sì che posso» esclama. «Forse avete visto il campo all’angolo dove la strada della chiesa esce da Steventon Lane? Bene, se l’avete visto, avete notato una pompa al centro del campo?» «Sì, sì!» «Bene, quella pompa stava nella lavanderia sul retro della canonica. C’è un pozzo sotto la pompa. Gli Austen prendevano l’acqua da quel pozzo. Ero piccolo quando la vecchia casa fu abbattuta ma ricordo bene di aver visto tutti i mattoni e le macerie sparsi sul terreno.»

Così leggiamo a pag. 40 di Jane Austen: i luoghi e gli amici di Constance Hill, e nella pagina seguente possiamo vedere il disegno della sorella Ellen, che catturò l’immagine di quella pompa che ora non è più visibile.

Steventon_hill_pompa

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Come comincia? Gli incipit di Jane Austen

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Snoopy non poteva trovare modo migliore per cominciare, visto che il famoso “Call me Ishmael” di Moby Dick  è uno degli esempi più famosi e citati di incipit che si scolpiscono nella memoria del lettore.
Gli incipit sono un po’ i gesti di benvenuto di una narrazione, la porta d’ingresso che oltrepassiamo per addentrarci poi nel libro, nel racconto che lo scrittore ha estratto da un mondo “dato in blocco, senza un prima né un poi”, come scrive Italo Calvino nell’Appendice alle sue Lezioni americane:

Fino al momento precedente a quello in cui cominciamo a scrivere, abbiamo a nostra disposizione il mondo, una somma di informazioni, di esperienze, di valori – il mondo dato in blocco, senza un prima né un poi, il mondo come memoria individuale e come potenzialità implicita; e noi vogliamo estrarre da questo mondo un discorso, un racconto, un sentimento: o forse più esattamente vogliamo compiere un’operazione che ci permetta di situarci in questo mondo. Abbiamo a disposizione tutti i linguaggi: quelli elaborati dalla letteratura, gli stili in cui si sono espressi civiltà e individui nei vari secoli e paesi, e anche i linguaggi elaborati dalle discipline più varie, finalizzati a raggiungere le più varie forme di conoscenza: e noi vogliamo estrarne il linguaggio adatto a dire ciò che vogliamo dire, il linguaggio che è ciò che vogliamo dire.

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Due passi per Austenland: Sotherton o Stoneleigh?

L’immaginazione di Fanny si era preparata per qualcosa di più grandioso di una semplice sala ampia e oblunga, fornita del necessario per le devozioni, senza nulla di più eccitante o di più solenne della profusione di mogano, e di cuscini di velluto purpureo sui parapetti della galleria riservata alla famiglia nella parte alta.
(Mansfield Park, cap. 9)

La gita a Sotherton Court, la residenza di Mr. Rushworth in Mansfield Park, che occupa due interi capitoli del romanzo (9 e 10, oltre alla fine del capitolo 8), contiene uno dei passaggi più interessanti del romanzo, quello dove vengono descritte le schermaglie tra i vari gruppi in cui si divide la compagnia durante la passeggiata nel parco. All’inizio è esplicitamente messa in evidenza la suddivisione simmetrica dei nove personaggi in tre gruppi di tre (Fanny/Edmund/Mary Crawford – Maria/Henry Crawford/Mr. Rushworth – Julia/Mrs. Norris/Mrs. Rushworth), in ciascuno dei quali sono presenti amori e malumori, per poi mescolare le carte con separazioni e ricongiungimenti perfettamente calcolati per essere funzionali al gioco tra le parti. Uno schema molto settecentesco, in cui alla razionalità della suddivisione simmetrica si unisce l’intrecciarsi di sentimenti diversi, che di volta in volta uniscono e dividono i personaggi nei, e tra, i diversi gruppi.

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Due passi per Austenland: Godmersham Park

Sono tutta sola. Edward se n’è andato nei suoi Boschi. – In questo momento ho cinque Tavoli, Ventotto Sedie e due caminetti tutti per me.

È il 3 novembre del 1813, e Jane Austen sta scrivendo alla sorella Cassandra da Godmersham Park, la residenza nel Kent del fratello Edward, che dall’anno precedente non si chiamava più Austen ma Knight, il cognome del lontano parente che lo aveva adottato da bambino. Le parole di JA sulle sedie, i tavoli e i caminetti a sua disposizione ci forniscono una descrizione concisa ma puntuale delle sue sensazioni nel ritrovarsi in quella casa così lussuosa, così diversa dal cottage di Chawton dove le Austen risiedevano dal 1809.

Godmersham Park: facciata anteriore
Godmersham Park: facciata anteriore

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