Riporto qui un interessante articolo pubblicato su L’Unità il 12 dicembre 1994, dal titolo “Jane Austen. Orgoglio e conti in tasca”. Lo trascrivo esattamente come compare nell’originale. Buona lettura!
Proseguendo nella edizione delle Opere Complete di Jane Austen, Theoria pubblica ora Orgoglio e pregiudizio, certamente l’opera più famosa della scrittrice, nata a Steventon (Hampshire) nel 1775, morta a Winchester nel 1817, autrice tra l’altro di L’abbazia di Northanger (apparsa di recente anche nella nuova collana dei Classici Giunti) e incluso nella serie “Illusioni e fantasmi” de L’Unità), e Mansfield Park, Emma, Persuasione, Sanditon, Ragione e sentimento, pubblicati con scarso successo immediato e riconoscimenti tardivi. Malcolm Skey, lo storico inglese curatore della edizione delle Opere complete di Theoria, ha scritto per noi questa riflessione sull’attualità di Jane Austen.
“Chiunque abbia avuto la temerarietà di scrivere di Jane Austen sarà fin troppo consapevole di due fatti: primo, che di tutti i grandi scrittori è il più difficile da cogliere nei momenti di massima grandezza; secondo, che ci sono venticinque signori di una certa età residenti nei dintorni di Londra i quali si offendono per qualsiasi osservazione circa la sua genialità come si trattasse di un insulto alla castità delle loro zie”. Così Virginia Woolf. Inutile dire che la situazione italiana – anche oggi – è assai diversa: sarebbe strano a dir poco se chi scrivesse della Austen su un quotidiano dovesse ricevere lettere inviperite da Bracciano o da Grottaferrata.
Jane Austen infatti appartiene ancora alla categoria degli scrittori noti ma non riconosciuti; spesso viene letta in chiave meramente consolatoria e perciò tende a essere disprezzata da chi predilige sapori più forti. Non molto tempo fa un mio amico editore ha osato dirmi con aria serissima che si tratta di una “scrittrice per donne” (quindi doppiamente squalificata, presumo). Questo basta, mi pare, per giustificare la pubblicazione delle opere complete a quasi centottant’anni dalla morte. Non solo è quasi un invito a privilegiare quelle opere o frammenti poco conosciuti – soprattutto Sanditon, cui la Austen lavorò fino a pochi mesi prima di morire – che per certi versi sono l’antitesi dell’immagine tradizionale della “divina zia Jane”. Finalmente si riesce a vedere che non è tanto l’autrice di sfavillanti romanzi di formazione come Orgoglio e pregiudizio e Emma, bensì una scrittrice seria, consapevole, per nulla bacchettona e – vivaddio – settecentesca, non vittoriana.
I giovani lo hanno capito. Non per niente la via d’accesso più comune all’opera austeniana è diventata L’abbazia di Northanger, quell’allegra demistificazione del romanzo gotico quasi introvabile quindici anni fa e ora, forse, l’opera della quale vi sono più edizioni disponibili (L’Unità lo ha recentemente incluso nella collezione “Illusioni e fantasmi”).
A parte ogni considerazione puramente letteraria circa la vivacità dello stile conversazionale – che Dacia Maraini, nella sua introduzione a Orgoglio e pregiudizio definisce “goldoniano” – oppure circa la sottile quanto costante insistenza sul contrasto tra illusione e realtà, mi pare che le ragioni principali per un approccio “revisionista” alla Austen, oggi, siano due: il denaro e le donne. Si pensi per esempio al famoso incipit di Orgoglio e pregiudizio: “È una verità universalmente riconosciuta che uno scapolo in possesso di un bel patrimonio debba aver bisogno di una moglie” (“universalmente” da chi?), oppure a quello di Emma: “Emma Woodhouse, attraente, intelligente e ricca (corsivo nostro); oppure ai primi paragrafi di Ragione e sentimento, pieni di riferimenti a eredità, meschinità di parenti maschi, ecc.
Non voglio affatto dire che la Austen sia una donna ossessionata dal denaro: semplicemente che in tutti e sei i romanzi canonici – e se è per quello, anche nei frammenti superstiti – è fondamentale il rapporto fra la donna e il denaro, l’assoluta necessità di trovare un buon partito se non si ha già una rendita sufficiente. Le sorelle Dashwood (Ragione e sentimento), Fanny Price (Mansfield Park), Emma Watson (I Watson) hanno tutte il medesimo problema, e anche quando la protagonista è ricca e indipendente – Emma Woodhouse o Anna Eliot [sic] (Persuasione) – vi è sempre un paragone con una donna meno fortunata che va compresa e aiutata.
La “carriera” editoriale della Austen sembra sottolineare tale interpretazione. Ragione e sentimento (si badi, non viceversa), scritto nel 1795, vede la luce soltanto nel 1811. Orgoglio e pregiudizio (1796-97, rifiutato subito da un noto editore londinese), nel 1813. Di soldi se ne videro ben pochi. Il manoscritto de L’abbazia di Northanger – destinato a rimanere postumo nel cassetto dell’editore – fu comprato per dieci sterline; quello di Orgoglio e pregiudizio per centodieci (mentre negli stessi anni Byron riceveva migliaia di sterline per ogni suo poema, anche il più noioso). I diritti d’autore percepiti dalla Austen in tutta la sua vita ammontarono a meno di settecento sterline in tutto.
Ovviamente a spiegare queste cifre, almeno in parte, sono le tirature basse: 1500 copie per Orgoglio e pregiudizio, 1200 per Mansfield Park, 2000 per Emma (mentre il solito Byron vide esaurirsi l’intera tiratura del Corsaro – diecimila copie – il giorno stesso della pubblicazione). Cosa che tra l’altro la Austen mostra di capire perfettamente. “P&P è venduto: Egerton lo paga 110 sterline. Avrei preferito 150 sterline ma non si poteva contentare entrambi e non mi sorprende affatto che non desideri rischiare tanto”. Di un altro editore – John Murray, l’amico di Byron e di Scott – scrive rassegnata dopo una offerta-bidone: “È una canaglia, naturalmente, ma cortese”.
Come si vede lo stile della Austen è sorprendentemente moderno, limpido e diretto. Ciò non vuol dire che sia facile schiacciare il pedale dell’ironia. Però a mio parere va tradotta esattamente come se stesse scrivendo oggi: ogni ampollosità, ogni ghirigoro dickensiano nuoce irrimediabilmente. L’unica concessione alla “antichità” che mi sembra giustificata – giusto per dare quel minimo di distanza nel tempo – è l’uso del “voi” al posto del “lei”. Speriamo, con i tempi che corrono, che nessuno se la prenda con noi.
La Jane Austen Society of Italy (JASIT) è un’Associazione Culturale Italiana, attiva su tutto il territorio nazionale; in quanto società letteraria, promuove in Italia la conoscenza e lo studio di Jane Austen, la sua vita, la sua opera e tutto ciò che è legato ad essa, attraverso qualunque attività utile a realizzare tale scopo, nel nome dell’arricchimento culturale personale e condiviso.
4 commenti
Il dato sorprendente è proprio l’attualità dei suoi romanzi, forse perché si basa sugli aspetti della natura umana, sia maschile sia femminile, che rimangono sempre gli stessi, nonostante il mutamento di tempi e condizioni.
Purtroppo il vil denaro governa l’esistenza umana da sempre….. ancora oggi domina le nostre vite.
Sempre attuale, la cara zia Jane !
Non dimentichiamo che Jane Austen da questo punto di vista era molto pragmatica. In una lettera alla nipote Fanny scrisse:
La gente è più propensa a prendere in prestito ed elogiare, che a comprare – cosa che non mi meraviglia; – ma anche se mi piacciono gli elogi come a tutti, mi piace anche quello che Edward chiama “la Grana”.
Il modo in cui Austen riesce sempre a trattare il rapporto tra il denaro e le delicate dinamiche della socializzazione e degli equilibri di genere è esattamente l’aspetto che rende impossibile definirla solo un’autrice per “lettrici”… La sua ampia visione dell’umanità rende le sue opere dei classici innegabilmente universali.