Jane e l’arte epistolare

Sebbene Jane se ne sia discostata per precisa scelta stilistica nei suoi romanzi maggiori, la forma epistolare informava di sé sia i costumi e i modi dell’epoca, sia la vita stessa della famiglia Austen dato che era l’unico mezzo per dare notizie di sé e riceverne, prendere accordi, fare progetti. Si trattava di una vera e propria arte in cui Jane Austen può essere considerata, ancora una volta, eccellente:

Ormai ho acquisito la vera arte epistolare, che come ci hanno sempre detto, consiste nell’esprimere su carta esattamente ciò che si direbbe alla stessa persona a voce; ho chiacchierato con te quasi alla mia velocità abituale per tutta questa lettera.
(Lettera 29, 3 gennaio1801)

I have now attained the true art of letter-writing... (Ormai ho acquisito la vera arte epistolare...)
I have now attained the true art of letter-writing…
(Ormai ho acquisito la vera arte epistolare…)

Questa attività comportava il suo bel daffare perché oltre a essere un impegno quotidiano rappresentava anche un dovere da cui non ci si poteva esimere e a essa ci si dedicava quando, appena dopo colazione, si aspettava l’ora delle visite, o si approfittava di qualche momento di solitudine. Dato che vigeva un fiscalissimo regime di affrancatura, e il costo della lettera non era propriamente economico, non si sprecava nessuno spazio del foglio e, quando si poteva, si approfittava della franchigia spettante a qualche deputato locale: “Mary aveva tutta l’intenzione di scriverti con la franchigia di Mr Chute” (L25, 8-9 novembre 1800) o più frequentemente ancora si affidava a qualche visitatore di passaggio, o meglio a qualche familiare che se ne facesse latore, sebbene questo non fosse il mezzo di consegna che Jane prediligeva:

Comincio a intuire che questa Lettera l’avrai domani. Mandare una Lettera tramite un ospite è un po’ come buttarla via, non c’è mai tempo sufficiente per leggerla – e l’Ospite può anche dire più cose. – Avevo pensato con piacere di risparmiarti l’affrancatura – ma cos’è il vile Denaro –
(L94, 26 ottobre 1813)

Un esempio di foglio riempito anche con righe perpendicolari e rovesciate (lettera 39 del 14 settembre 1804 da Lyme Regis)
Un esempio di foglio riempito anche con righe perpendicolari e rovesciate
(lettera 39 del 14 settembre 1804 da Lyme Regis)

Jane era particolarmente attenta e diligente in questa sua occupazione tanto da aprire o chiudere ogni sua lettera con un commento, un riscontro, un’accusa di ricevuta. Da rapidi commenti si capisce come prestasse attenzione e cura alla sua calligrafia:

Per la tua lettera da Kintbury e per tutti i complimenti che contiene sulla mia calligrafia, ti mando ora i miei migliori ringraziamenti.
(L38, 26-27 maggio 1801)

alla debolezza o pesantezza della penna prima ancora che alla sostanza o corposità degli argomenti:

Devo procurarmi una penna più morbida. – Questa è troppo rigida. Sono angosciatissima.
(L87, 15-16 settembre 1813)

alla pronta risposta dell’interlocutrice e alla lunghezza della lettera che considerava segno di riguardo:

Mia carissima Cassandra, posso ricambiare il complimento ringraziandoti per l’inaspettato piacere della tua Lettera di ieri, e dato che mi piacciono i piaceri inaspettati ne sono stata molto felice; E inoltre, non hai bisogno di scusarti in alcun modo della tua lettera perché è tutta bellissima, ma spero non troppo bella per non essere scritta di nuovo, o per scriverne di simili.
(L71, 25 aprile 1811)

Mi guarderò bene dal contare le righe della tua ultima Lettera; mi hai proprio costretta a sentirmi umiliata; comunque ti sono davvero obbligata, e anche se in generale è molto più piacevole recriminare che essere grati, stavolta non ci faccio caso.
(L77, 29-30 novembre 1812, a Martha Lloyd)

 Precisa nel tracciare le righe prima di scrivere:

Uso il primo foglio di questa carta listata di fino per ringraziarti della tua lettera da Weymouth
(L39, 14 settembre 1804)

gelosa delle sue lettere tanto da non lasciare spazio alla nipote Fanny:

Mia carissima Zia Cass. – Ho appena chiesto a Zia Jane di farmi scrivere un po’ nella sua lettera, ma non vuole così non lo faccio – Arrivederci
(L91, 11-12 ottobre 1813)

 e da non gradire che la madre le leggesse come precisa a Cassandra:

In questo momento la Mamma sta leggendo una lettera della Zia. La tua a Miss Irvine, che aveva sottoposto a un’accurata lettura – (il che per inciso, al tuo posto non gradirei) le ha gettate nell’incertezza circa Charles e i suoi progetti.
(L39, 14 settembre 1804)

Jane rimaneva delusa quando il giro di posta le recava una sola lettera, temendo la penuria di notizie da diffondere, constatando amaramente che la ricchezza di argomenti dipendesse dalle informazioni degli amici o dal suo ingegno:

Non sono sorpresa mia cara Cassandra, che tu non abbia trovato la mia ultima lettera molto ricca di Argomenti, e mi auguro che questa non abbia lo stesso difetto; – ma noi non stiamo facendo nulla degno di essere scritto, e dipendo perciò completamente dalle Informazioni dei nostri amici, o dal mio Ingegno.
(L64, 10-11 gennaio 1809)

Esigente con gli altri ma soprattutto con se stessa, invidiava l’efficace stile mascolino del fratello Francis:

L’11 di questo mese mi ha portato la tua lettera e ti assicuro che ho pensato valesse tutti i suoi 2 scellini e 3 pence. Ti sono molto grata di aver riempito per me un foglio di carta così lungo, sei generoso nello sdebitarti in questo modo, e ripaghi con molta liberalità; – la mia Lettera in confronto alla tua è uno scarabocchio di biglietto – e poi scrivi in modo così ordinato, così chiaro sia nello stile che nella calligrafia, così dritto allo scopo e dai così tante informazioni concrete che ce n’è da far stramazzare chiunque.
(L90, 25 settembre 1813)

e l’eleganza della grafia di Cassandra tradendo una perenne insoddisfazione:

Ho ripreso la tua lettere per rinfrescarmi le idee dato che sono un po’ stanca; e sono stata colpita dall’eleganza della grafia ; a volte è davvero una bella calligrafia – così minuta e così netta! – Vorrei essere capace di mettere così tante cose in un foglio di carta. – La prossima volta mi prenderò due giorni per scrivere una Lettera; è faticoso scrivere una lettera; è faticoso scriverne una lunga tutta in una volta.
(L95, 3 novembre 1813)

Si sentiva così in debito nel ricevere 42 righe di lettera di due pagine da Cassandra:

Povera me! Che ne sarà di me! Una Lettera così lunga! – Quarantadue Righe in 2 Pagine.
(L91, 11-12 ottobre 1813)

che dopo un paio di giorni si sforzava di pareggiare scrivendo “stretto stretto” per sentirsi meno indegna e concludendo orgogliosa:

Ora credo di averti scritto una lettera di proporzioni tali da meritarne qualunque altra io possa ricevere in risposta.
(L92, 14-15 ottobre 1813)

 E se poco prima aveva commentato caustica:

Ho mandato a Mrs Knight tramite loro il mio duplice gradimento per il biglietto e l’invito, cosa che ho scritto senza sforzarmi troppo; poiché ero ricca – e i Ricchi sono sempre rispettabili, qualunque sia il loro stile epistolare.
(L53, 20-22 giugno 1808)

subito dopo, nella stessa lettera, l’insoddisfazione la faceva lagnare di un tentativo stupido di arguzia e di non avere materiale interessante:

Sei molto cortese e molto abile a scrivere Lettere così lunghe; ogni pagina delle tue ha più righe di questa, e ogni riga più parole della media delle mie. Sono davvero imbarazzata – ma tu hai di certo molti più piccoli fatti di quanti ne abbiamo noi. Mr Lyford ti fornisce un bel po’ di Materiale interessante (Materiale Intellettuale, non fisico) – ma io non ho nulla da dire su Mr Scudamore. E ora, visto questo deplorevole e stupido tentativo di Arguzia, sul Materiale, che non fa ridere nessuno, sono davvero scoraggiata. Sono nauseata da me stessa, e dalla mia brutta penna.

Ma capita spesso che i grandi siano i primi detrattori di loro stessi, e la modestia alimentava la ricerca di perfezione; infatti la nipote Caroline Austen, nei suoi ricordi della zia Jane, ne elogia l’eccellenza della calligrafia e la precisione nel confezionare le sue lettere:

A quel tempo ripiegare e sigillare le lettere era un’arte, non c’erano buste da incollare per rendere tutto più facile; le lettere di alcuni apparivano sempre fissate male e sciatte, ma i suoi fogli erano certi di prendere la giusta piega, e la sua ceralacca di cadere nel punto giusto.
(Caroline Austen, Mia zia Jane Austen. Ricordi, jausten.it)

E sul loro contenuto la nipote respinge ogni curiosità esagerata:

non c’è nulla nelle lettere che ho visto, che possa suscitare l’attenzione del pubblico. Erano scritte benissimo e dovevano essere di estremo interesse per chi le riceveva; ma riguardavano principalmente i dettagli di avvenimenti domestici e familiari, e lei raramente azzardava anche solo un’opinione…Erano eccessivamente prudenti, per avere valore. Le sue lettere alla zia Cassandra.. credo proprio che fossero aperte e confidenziali.

Tant’è che sono state cautelativamente censurate dall’interlocutrice prediletta.

 ***

I primi esperimenti letterari erano avvenuti proprio nella forma epistolare; gli “Juvenilia” sono costellati di componimenti in lettere: Love and Freindship, Lesley Castle, A Collection of Letters, The Three Sisters, e in questa forma è il romanzo breve Lady Susan. Tutti rappresentano una parodia del romanzo sentimentale, con uso e abuso degli stereotipi di quel genere, e la forma epistolare viene investita dello stesso effetto corrosivo diventando frammentaria, sfogo isolato, ostentazione insincera di esasperata sensibility (Cfr. Mirella Billi, Il Testo riflesso, Ed. Liguori, pag. 127), ma anche lo strumento che nelle mani dell’autore permette il disvelamento dell’effusione soggettiva separatamente dal racconto oggettivo attraverso la lettura distaccata di entrambi.

Love and Freindship elenca le disgrazie capitate in sorte alla sfortunatissima Laura che le ripercorre scrivendo alla figlia della sua cara amica Isabel per narrarle di come, dopo aver trovato l’amicizia e l’amore, si è consolata abbastanza ragionevolmente quando le sono stati sventuratamente strappati. L’utilizzo di consumati cliché (per esempio l’adieu in chiusura di lettera), le caratteristiche dei personaggi, la mancanza di un vera e propria trama, tutti gli elementi usati denotano una espertissima padronanza del genere letterario sentimentale in voga a quell’epoca, intenzionalmente preso di mira e sbeffeggiato.

Probabile che, diversamente da qualche altra signorina più emotiva, Jane Austen non compose diari, non cercò di dare libero sfogo a sentimenti che covassero ribelli nel suo animo adolescente, ma usando gli strumenti da lei acquisiti tramite l’accesso libero e diffuso alla fornitissima biblioteca paterna, ne volse le conoscenze per la critica di loro stesse sotto forma di paradigmi ridicoli e superati.

Lesley Castle dev’essere stato scritto da Jane intorno ai 16-17 anni e lascia intravedere qualche spunto costruttivo che poi è stato sviluppato dalla scrittrice nei suoi romanzi successivi.
Si tratta di lettere redatte da diverse donne, ognuna con la sua storia e le sue preoccupazioni, più o meno nobili, personali e familiari da raccontare, che le identificano e le distinguono rispetto alle altre (le lettere di Charlotte Lutterell sono farcite di espressioni sottratte al gergo culinario). Lo scambio di corrispondenza si compone in un intreccio più vasto e complesso riuscendo a dare, grazie all’ipocrisia di ciascuna e a qualche scontatissimo colpo di scena, la molteplice prospettiva di tanti punti di vista che al lettore assicura la visione super partes della storia complessiva.

La Collection of Letters raccoglie soggetti e temi diversi aventi però come ricorrente argomento l’ingresso in società delle fanciulle in età da marito con le loro – e delle loro madri – malcelate intenzioni in quella direzione e le Tre sorelle combuttano per il matrimonio con uno scapolo bruttissimo ma facoltoso ai danni della più vanesia di loro.

Lady Susan si impone per la sua autosufficiente compiutezza; rompe la monotonia del romanzo epistolare del ‘700 grazie alla sua avvincente struttura ad incastro dove mittente e destinatario delle lettere cambiano continuamente, la trama scorre fluida senza pause introspettive, con un risultato complessivo polifonico è intrigante.
È un romanzo breve, scritto presumibilmente nel 1793-94 quando l’autrice aveva 18-19 anni, che rivela lo stile, l’arguzia, il realismo della maturità.
È singolare – sebbene non assolutamente innovativo – (cfr. la Shamela di Henry Fielding, parodia della Pamela di Richardson) – che la protagonista dichiarata di questo romanzo non sia una sfortunata e maltrattata ragazza, ma una vedova arrivista e senza scrupoli e sentimenti nemmeno per la figlia, una donna tutt’altro che fragile e romantica, tanto agli antipodi dell’eroina dei romanzi sentimentali quanto si avvicina agli ideali di femminismo più spinto. La stessa caratterizzazione eccessiva, sia in negativo sia in positivo, dei personaggi, si traduce in una irriverente presa in giro dei prototipi classici e la forma epistolare “pone qui in evidenza ciò che la protagonista appare e quello che effettivamente è” (Mirella Billi, op. cit., p. 142).

Anche nei romanzi della maturità, nessuno dei quali adotta la forma epistolare, le lettere giocheranno un ruolo fondamentale. Un ruolo strategico in Orgoglio e Pregiudizio, perché cosa sarebbe accaduto se Elisabeth avesse deciso di non leggere la lettera di spiegazioni di Darcy dopo il rifiuto alla sua prima dichiarazione? Risolutivo in Persuasione: come avrebbe fatto Anne a sapere che i sentimenti del Cap. Wentworth erano stati ridestati dal loro incontro?

In Ragione e Sentimento le lettere sono strumento di ipocrisia sia nelle mani di Willoughby, che rinnega tutto quello che c’è stato con Marianne, sia in quelle di Lucy Steele, che scrive da falsa amica a Elinor, così come in Northanger Abbey Isabel Thorpe – quando tutto è perduto – a Catherine, per riavvicinarsi a lei e al fratello tradito. E come non ricordare i capolavori epistolari redatti da Jane Fairfax, letti e riletti da Miss Bates, un vero tormentone per Emma che se ne sarebbe tranquillamente sottratta all’ascolto; poi sul finale la lettera di Frank Churchill arriva a chiarire tutti gli equivoci e le tresche segrete.

Jane Austen, nei suoi romanzi, trasforma la lettera da forma letteraria a espediente narrativo che agevola e districa l’intreccio, liberandosi di una tradizione che aveva forse ormai raggiunto il suo culmine e, in molti casi, risultava anche piuttosto “prolisso e noioso”, come si può leggere in una “Nota” del fratello Henry anteposta alla prima edizione, postuma, di Northanger Abbey e Persuasione:

È difficile dire a che età non fosse intimamente consapevole delle qualità e dei difetti dei migliori saggi e romanzi in lingua inglese. La capacità di Richardson di creare e mantenere la coerenza dei propri personaggi, esemplificata in particolare in Sir Charles Grandison, appagava la naturale perspicacia della sua mente, mentre il suo gusto la preservava dagli errori dello stile narrativo prolisso e noioso di questo autore.
(Henry Austen, Nota biografica sull’autore, jausten.it)

Romina Angelici

 Nota
Per i rimandi alle Lettere di Jane Austen, la numerazione è quella dell’ultima edizione curata da Deirdre Le Faye (Jane Austen’s Letters, Oxford University Press, 2011) e il testo è tratto dall’edizione curata e tradotta da Giuseppe Ierolli, on-line nel sito jausten.it (indice delle lettere).
Le lettere citate, se non diversamente indicato, sono tutte indirizzate alla sorella Cassandra.
Per le altre citazioni, i brani utilizzati sono stati tratti dal sito jausten.it di Giuseppe Ierolli.

 

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4 commenti

  1. AHHHH le lettere! che benedizione!
    infatti nella variation di Abigail Reynolds, Elizabeth non legge la lettera chiarificatrice di Darcy e succede un casino! 🙂

    1. Lo sto leggendo proprio ora ma non mi piace granché la piega che ha preso la storia e anche i caratteri dei personaggi rischiano di uscirne stravolti, però …. ovviamente se si tratta di JA, Darcy, Lizzie… la curiosità prevale su tutto!

      1. beh la mia opinione non si discosta troppo dalla tua. quando hai finito se ti incuriosisce leggi la recensione sulla mia libreria. Ho scritto anche un racconto inerente/inspirato al libro per partecipare ad un concorso!
        comunque vale la pena leggerlo! perchè riesce comunque a farci vivere un altro pezzo della storia, un altro pò in compagnia dei nostri amati!

  2. Grazie, Silvia, per il bell’articolo. Sto rileggendo proprio questi giorni le lettere di quella ragazzaccia di JA a Cassandra, e mi diverte il fatto che tutti i biografi ufficiali (a partire dai suoi parenti) siano stati turbati dalle cattiverie che dice o lascia trapelare. Io ho tre sorelle, e non ci siamo mai poste limiti di nessun genere nello scherzare senza pietà su noi stesse e su parenti e conoscenti: persino ora che abbiamo la nostra bella età e usiamo Whatsapp. Mi dispiace solo che si sia ormai persa la chiave per decifrare alcune sue comunicazioni ‘in codice’.

Che cosa ne pensi?