Jane Austen lettrice

Nei romanzi e nelle lettere di Jane Austen ci sono numerosi accenni ai suoi autori e opere preferite, o comunque a quelle circolanti in casa e lette la sera a voce alta dal Rev. Austen. Innanzitutto, nessuno in famiglia si vergognava di apprezzare quel genere letterario relativamente nuovo che era il romanzo e si iscrivevano alle biblioteche circolanti proprio per poter essere aggiornati sulle nuove uscite, gustarle e commentarle insieme:

Io ho ricevuto una nota molto cortese da Mrs Martin con la richiesta di Abbonarmi alla sua Biblioteca che apre il 14 gennaio, e di conseguenza le ho dato il mio nome, o meglio il Tuo. I Soldi li mette la Mamma. – Anche Mary si abbona, il che mi fa piacere, ma non me l’aspettavo. – Come incentivo all’abbonamento Mrs Martin ci dice che la sua Collezione non consiste solo di Romanzi, ma di ogni genere di Letteratura, ecc. ecc. – Avrebbe potuto risparmiarsi questa ostentazione con la nostra famiglia, dove ci sono grandi lettori di Romanzi che non si vergognano di esserlo; – ma suppongo che fosse necessaria per l’auto-compiacimento di metà dei suoi Abbonati.
(Lettera 14, 18-19 dicembre 1798)

La frase “Avrebbe potuto risparmiarsi questa ostentazione con la nostra famiglia, dove ci sono grandi lettori di Romanzi che non si vergognano di esserlo” fa il paio con un famoso brano de L’abbazia di Northanger (cap. 5):

“E che cosa state leggendo signorina?” “Oh! È solo un romanzo!” risponde lei, mentre posa il suo libro con affettata indifferenza, o con momentanea vergogna. “È solo Cecilia, o Camilla, o Belinda”, o, in breve, solo un’opera in cui si dispiegano gli enormi poteri dell’intelletto, in cui la massima conoscenza della natura umana, la più felice descrizione delle sue sfaccettature, la più vivida dimostrazione di spirito e intelligenza, sono trasmesse al mondo nel linguaggio più ricercato.

Comunque, il ricorso alla biblioteca circolante non deve far pensare che la famiglia Austen fosse sfornita di libri; quando si trasferiranno a Bath il padre dovrà sbarazzarsi dei ben 500 volumi della sua biblioteca, dei quali certamente Jane aveva fatto buon uso:

Il babbo ha 500 volumi di cui sbarazzarsi; – vorrei che li prendesse James uno per l’altro a mezza ghinea a volume.
(L31, 14-16 gennaio 1801)

C’erano comunque  “I grandi classici” che facevano parte di diritto del bagaglio culturale minimo e che tali restavano indiscussi per tutti i familiari. Leggere le poesie di Cowper in salotto la sera significava attribuire tale ovvio riconoscimento:

La sera il babbo ci legge Cowper, che ascolto quando posso.
(L14, 18-19 dicembre 1798)

Tra gli autori preferiti c’era sicuramente Fanny Burney, all’epoca molto famosa, tanto da essere citata dallo stesso padre come metro di paragone “quantitativo” in una lettera indirizzata all’editore Cadell, in cui proponeva in lettura un manoscritto della figlia (First Impressions, che sedici anni dopo diventerà Pride and Prejudice):

Sono in possesso di un Romanzo Manoscritto, composto di tre Voll. all’incirca della lunghezza di Evelina di Miss Burney. Dato che sono ben consapevole di quanto sia importante che un’opera del genere faccia la sua prima Comparsa sotto l’egida di un nome rispettabile mi rivolgo a voi. Vi sarò molto obbligato quindi se vorrete cortesemente farmi sapere se siete interessati a essere coinvolti in essa; A quanto ammonteranno le spese di pubblicazione a rischio dell’Autore; e quanto sareste disposti ad anticipare per l’acquisto dei Diritti, se a seguito di un’attenta lettura, fosse da voi approvata. Se la vostra risposta sarà incoraggiante vi spedirò l’opera.
(Lettera del rev. Austen a Thomas Cadell del 1° novembre 1797)

Cadell non prese nemmeno in considerazione la proposta e scrisse sulla lettera: “rifiutato a giro di posta”

Frances (Fanny) Burney
Frances (Fanny) Burney

Ma non era solo il padre a riconoscere la fama di Fanny Burney, le cui opere sono citate molto spesso nelle lettere e nei romanzi della figlia, anche collegate a banali avvenimenti reali:

Domani sarò come Camilla nella casa di campagna di Mr Dubster; perché il mio Lionello avrà portato via la scala con la quale sono arrivata qui, o almeno con la quale intendevo scappare, e qui dovrò restare fino al suo ritorno.
(L4, 1° settembre 1796)

Dolce e amabile Frank! ma anche lui ha il raffreddore? Come il Cap. Mirvan a Madame Duval [personaggi di Evelina], “mi augurò che non abbia più a che fare con lui”.
(L128, 26 novembre 1815)

 utili per evidenziare i dubbi gusti letterari di John Thorpe:

“stavo pensando a quell’altro stupido libro, scritto da quella donna che ha provocato tanto chiasso, quella che si è sposata con l’emigrante francese.”[Fanny Burney si era sposata nel 1793 con il generale D’Arblay, un francese espatriato]
“Immagino intendiate Camilla.”
“Sì, è quello; stupidaggini senza capo né coda!
(L’abbazia di Northanger, cap. 7)

o, nel suo ultimo romanzo, incompiuto, per informarci con concisa precisione sulla giovinezza di quella che probabilmente sarebbe stata la protagonista principale delle vicende che sarebbero seguite, se la morte non avesse interrotto il lavoro dell’autrice:

Charlotte cominciò a rendersi conto che doveva controllarsi, o meglio pensò che a ventidue anni non aveva scuse per comportarsi diversamente, e che non era il caso di spendere tutto il suo denaro il primo giorno. Prese un libro, e le capitò un volume di Camilla. Non aveva avuto la giovinezza di Camilla, e non aveva nessuna intenzione di avere le sue pene, così volse le spalle agli scaffali di anelli e spille, frenò ulteriori sollecitazioni e pagò quello che aveva comprato.
(Sanditon, cap. 6)

Proprio di Camilla, Jane Austen e il padre saranno i sottoscrittori, avendo scelto Fanny Burney di finanziare con una sottoscrizione pubblica l’uscita, nel 1795, della sua terza opera (dopo Evelina e Cecilia), come si legge nella lista a pag. X del primo volume, dove il “George Aust, Esq.” che precede “Miss J. Austen, Steventon” si riferisce quasi sicuramente al rev. Austen.

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Se le poesie di Cowper fanno capolino qua e là, parafrasate ad esempio in una lettera a Cassandra:

In questo momento sono da sola in Biblioteca, Padrona di tutto ciò che vedo – o almeno sono in grado di dirlo e di recitare l’intera poesia se mi va, senza offesa per nessuno.
(L89, 23-24 settembre 1813. Il verso di Cowper recita: “Sono il monarca di tutto ciò che vedo” ed è il primo della poesia Verses supposed to be written by Alexander Selkirk di William Cowper.)

i lunghissimi romanzi epistolari di Samuel Richardson erano letti e riletti. Su The History of Sir Charles Grandison (tra l’altro oggetto di una breve pièce teatrale, scritta a quanto pare a quattro mani con la nipote Anna) abbiamo una testimonianza del nipote James Edward, che rivela la familiarità della zia con i personaggi del romanzo:

La sua conoscenza delle opere di Richardson era tale che probabilmente nessuno potrebbe eguagliarla oggi, quando l’abbondanza e i pregi della letteratura popolare hanno distolto l’attenzione dei lettori da questo grande maestro. Ogni avvenimento narrato in Sir Charles Grandison, tutto quello che era stato detto o fatto nel salotto di cedro, le era familiare; e le date di matrimonio di Lady L. e di Lady G. erano ricordate come se fossero quelle di amici reali.
(James Edward Austen-Leigh, Ricordo di Jane Austen, cap. V)

Samuel Johnson era considerato dispensatore di insegnamenti sul metodo empirico-scientifico:

Ecco, mi lusingo di aver confezionato per te una Lettera Stimolante, considerata la mancanza di Materiale. Ma come il mio caro Dr Johnson credo di essermi occupata più di Idee che di Fatti.
(L50, 8-9 febbraio 1807. La citazione è da una lettera del 4 luglio 1774 di Johnson a James Boswell, riportata da quest’ultimo nella sua Life of Samuel Johnson.)

nonché fonte di utili massime:

In un confronto tra le due case, così come le apparivano alla fine della prima settimana, Fanny era tentata di adottare il famoso giudizio del dr. Johnson sul matrimonio e il celibato, e dire che sebbene a Mansfield Park potesse esserci qualche pena, a Portsmouth non poteva esserci nessun piacere.
(Mansfield Park, cap. 39)

Il primo a parlare delle sue letture fu il fratello Henry, nella breve biografia scritta come prefazione ai due romanzi postumi:

A un’età molto precoce si era innamorata dei libri di Gilpin sul pittoresco, e raramente cambiava opinione su libri o uomini. Le sue letture erano molte estese in storia e belle lettere, e la sua memoria estremamente tenace. I suoi scrittori morali prediletti erano Johnson per la prosa e Cowper per la poesia. È difficile dire a che età non fosse intimamente consapevole delle qualità e dei difetti dei migliori saggi e romanzi in lingua inglese. La capacità di Richardson di creare e mantenere la coerenza dei propri personaggi, esemplificata in particolare in Sir Charles Grandison, appagava la naturale perspicacia della sua mente, mentre il suo gusto la preservava dagli errori dello stile narrativo prolisso e noioso di questo autore. Non riteneva allo stesso livello nessuna opera di Fielding.
(Henry Austen, Notizia biografica sull’autore, pubblicata come prefazione alla prima edizione di Persuasion e Northanger Abbey)

Dopo più di cinquant’anni, il nipote James Edward fa più o meno gli stessi nomi, aggiungendo il poeta George Crabbe, del quale dice anche:

Adorava Crabbe, forse per una certa somiglianza con lei nei dettagli più minuti e finemente cesellati, e talvolta diceva, per gioco, che se mai si fosse sposata avrebbe voluto diventare Mrs. Crabbe, guardando all’autore come a un’idea astratta, senza conoscerlo e senza curarsi di che tipo d’uomo fosse.
(James Edward Austen-Leigh, Ricordo di Jane Austen, cap. V)

William Cowper e George Crabbe
William Cowper e George Crabbe

Ma, come abbiamo visto, lei stessa ci ha lasciato molte testimonianze sulle proprie letture e le proprie fonti letterarie. La teoria sul pittoresco di William Gilpin sembra aver prodotto il suo influsso sin dalle prime descrizioni di Amore e amicizia fino a Ragione e sentimento e poi a Orgoglio e pregiudizio. In quest’ultimo, ad esempio, quello che Elizabeth Bennet dice agli zii Gardiner dopo essere stata invitata a un viaggio nella regione dei laghi (poi in realtà limitata, con benefici effetti, al Derbyshire) è un chiaro riferimento alle teorie di Gilpin e all’importanza di saper “vedere” le bellezze naturali:

Noi sapremo dove siamo stati, rammenteremo quello che abbiamo visto. Laghi, montagne, fiumi, non saranno confusi nella nostra immaginazione; né, quando cercheremo di descrivere un qualche paesaggio particolare, ci metteremo a discutere su dove fosse situato. Sapremo esprimere le nostre emozioni in modo meno insopportabile di quanto faccia la maggior parte dei viaggiatori.
(Orgoglio e pregiudizio, cap. 27)

Marianne Dashwood trova compiutamente espressa la propria sensibilità romantica nei versi di Cowper, poi declamati perfettamente  dal passionale Willoughby, mentre Edward Ferrars non sa farsene trascinare:

“Sono riuscita a stento a restare seduta. Sentire quei bellissimi versi che spesso mi hanno fatto quasi impazzire, pronunciati con una tale impenetrabile calma, con una così orribile indifferenza!”
“Avrebbe certamente reso più giustizia a una prosa semplice ed elegante. In quel momento l’ho pensato, ma tu hai voluto dargli Cowper.”
“Ma come mamma, se non riesce a scuoterlo nemmeno Cowper! Però bisogna ammettere che i gusti possono essere diversi. Elinor non ha le mie stesse emozioni, e quindi può passarci sopra, ed essere felice con lui. Ma mi avrebbe spezzato il cuore, se fossi stata io ad amarlo, sentirlo leggere con così poco sentimento.”
(Ragione e Sentimento, cap. 3)

E non è un caso che il titolo del suo romanzo più famoso derivi probabilmente da un brano dell’ultimo capitolo di Cecilia, di Fanny Burney, dove le parole “orgoglio” e “pregiudizio” sono ripetute tre volte ed evidenziate dal maisucolo:

Tutta questa sfortunata faccenda […] è stata il risultato dell’ORGOGLIO e del PREGIUDIZIO. […] Ma, comunque, rammentate questo: se all’ORGOGLIO e al PREGIUDIZIO dovete le vostre disgrazie, il bene e il male sono così meravigliosamente bilanciati che all’ORGOGLIO e al PREGIUDIZIO dovete anche la loro fine.

Nell’appassionata difesa del romanzo citata prima a proposito de L’abbazia di Northanger, è elencato anche Belinda, un romanzo di Maria Edgeworth, altra autrice molto famosa all’epoca, che in una lettera sembra l’unica a scampare a un’insofferenza generale, aperta da uno scherzoso rimbrotto a Sir Walter Scott:

Walter Scott non ha il diritto di scrivere romanzi, specialmente belli. – Non è giusto. – Ha abbastanza Fama e Profitti come Poeta, e non dovrebbe togliere il pane di bocca agli altri. – Non mi piace lui, e non intendo farmi piacere Waverley se posso farne a meno – ma temo che dovrò. – Tuttavia sono assolutamente decisa a non farmi piacere Alicia de Lacy di Mrs West, se mi capitasse mai di incrociarlo, cosa che spero di evitare. – Credo di poter opporre una fiera resistenza a qualsiasi cosa scritta da Mrs West. – In realtà mi sono messa in testa di non farmi piacere nessun Romanzo, tranne quelli di Miss Edgeworth, i Tuoi e i miei.
(L108, 28 settembre 1814, ad Anna Austen)

mariaedgeworth

In Mansfield Park, la commedia Lovers’ Vows di Elizabeth Inchbald diviene il centro nevralgico che funge, in quanto finzione scenica, da specchio alla realtà ipocrita dei rapporti tra i protagonisti del romanzo, mentre anche in un racconto giovanile, Catharine, ovvero la pergola, Jane Austen non manca di citare, rendendole omaggio, un’altra scrittrice da lei apprezzata, Charlotte Smith:

“Avete letto i romanzi della Smith, immagino?” disse alla sua Compagna -. “Oh! Sì, rispose l’altra, e mi piacciono tantissimo – Sono le cose più deliziose del mondo” – “E quale preferite?” “Oh! cara, credo che non ci sia possibilità di confronto – Emmeline è talmente superiore a tutti gli altri” –
“Sono in molti a pensarla così, lo so; ma secondo me non c’è una tale sproporzione nel loro Valore; credete che sia scritto meglio?”
“Oh! di questo non ne so nulla – ma è il migliore in tutto – E poi, Ethelinde è così lungo” – “Credo che questa sia un’Obiezione molto Comune, disse Kitty, ma da parte mia, se un libro è ben scritto, lo trovo sempre troppo corto.”

Qui la domanda letteraria di Kitty alla nuova amica, Miss Stanley, serve ad approfondirne la conoscenza, un metodo applicato anche dall’autrice, visto che di una ragazza incontrata ad un ballo scriveva:

Miss Fletcher e io portavamo vestiti molto gonfi, ma io sono la più sottile delle due – Indossava la Mussola color porpora, che è abbastanza carina, ma non dona alla sua carnagione. Ci sono due qualità del suo Carattere che sono gradevoli; vale a dire, è un’ammiratrice di Camilla, e non mette il latte nel Tè.
(L6, 16 settembre 1796)

Come abbiamo visto, nei romanzi le citazioni letterarie sono moltissime, talvolta specifiche, altre volte più generali. In Persuasione Anne al concerto è paragonata alla Miss Larolles di Cecilia:

 … a causa di altri spostamenti, e di qualche sua piccola manovra, Anne fu in grado di mettersi molto più vicina all’estremità della panca di quanto lo fosse prima, molto più a portata di mano di qualcuno che passasse. Non lo poté fare senza paragonarsi a Miss Larolles, l’inimitabile Miss Larolles, ma comunque lo fece, e con effetti non molto più felici, anche se, a causa di quello che era sembrato un colpo di fortuna sotto forma di un prematuro abbandono da parte dei suoi vicini più prossimi, si ritrovò proprio all’estremità della panca prima che il concerto si concludesse.
(Persuasione, cap. 20)

mentre Catherine Morland, durante la sua visita a Northanger Abbey, crede di essere, autosuggestionandosi,  l’eroina di uno dei romanzi gotici di Ann Radcliffe, offrendo l’opportunità all’autrice di mettere bonariamente alla berlina tutta la produzione “tale of terror”. L’abbazia di Northanger diventa una sorta di manifesto letterario: in esso convergono opinioni, citazioni, critiche relativi alle opere in voga all’epoca.

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Nelle lettere troviamo precise indicazioni dei libri che si leggevano in famiglia. Jane riferisce e commenta le letture sue e degli altri alla sorella Cassandra, e aggiorna continuamente la lista di nuove voci, di scrittori più o meno famosi ed emergenti, da Marmion di Walter Scott, non molto gradito (L53, 20-22 giugno 1808), a Alphonsine di Madame de Genlis, stroncato da una pessima traduzione e scambiato con The Female Quixote di Charlotte Lennox (L49, 7-8 gennaio 1807), da Clarentine di Sarah Harriet Burney, “sciocco” e “pieno di comportamenti artificiosi e difficoltà forzate” (L50, 8-9 febbraio 1807) al secondo libro di Joseph Baretti, Account of Manners and Customs of Italy, poco apprezzato in confronto al primo, Journey from London to Genoa, letto anni prima (L51, 20-22 febbraio 1807).
La lista si allungava perché c’erano sempre nuovi romanzi da conoscere, talvolta recensiti in poche battute:

Sto dando di nuovo un’occhiata a Self Control, e confermo il mio giudizio sul fatto che sia un’Opera molto ben concepita e scritta con eleganza, senza nulla di Realistico o Plausibile.
(Self Control di Mary Brunton – L91, 11-12 ottobre 1813)

Ieri sera ho finito The Heroine e mi sono molto divertita. Mi meraviglio che a James non sia piaciuto di più. Io l’ho trovato estremamente spassoso. […] Abbiamo preso il tè e io ho divorato il 3° vol. di The Heroine, e non mi pare che peggiori. – È una deliziosa parodia, in particolare dello stile della Radcliffe.
(The Heroine or The Adventures of Cherubina di Eaton Stannard Barrett – L97, 2-3 marzo 1814)

Ho letto il Corsair, rammendata la mia sottoveste, e non ho nient’altro da fare.
(The Corsair di Lord Byron – L98, 5-8 marzo 1814)

Abbiamo ricevuto “Rosanne” nella nostra Associazione, e ci sembra proprio come lo descrivi tu; scritto molto bene ma noioso. Il punto di forza di Mrs Hawkins sono gli argomenti seri. Ci sono alcune conversazioni e riflessioni davvero deliziose sulla religione: ma su temi più leggeri credo che si lasci andare a molte assurdità; e, quanto all’amore, la sua eroina nutre dei sentimenti molto comici. Ci sono mille inverosimiglianze nella storia. Ti ricordi le due signorine Ormesden, introdotte giusto alla fine? Molto piatte e innaturali. – Invece Mademoiselle Cossart è la mia passione.
(Laetitia Matilda Hawkins, Rosanne; or a Father’s Labour Lost – L118, fine febbraio/inizio marzo 1815, ad Anna Lefroy)

Da ultimo, scopriamo anche una vena “didattica”: a Godmersham, residenza del fratello Edward, Jane Austen si dedicava anche all’istruzione della nipote Fanny, allora undicenne, non solo leggendo insieme a lei i romanzi che sicuramente amavano entrambe, ma anche testi probabilmente meno accattivanti e, a quanto sembra, coltivati con meno assiduità:

Fanny e io andiamo avanti insieme con Modern Europe, ma fino adesso siamo solo alle prime 25 Pagine, è sempre successa una cosa o l’altra che ha ritardato e ridotto l’ora della lettura.
(John Bingland, Letters on the Modern History and Political Aspect of Europe – L89, 23-24 settembre 1813)

 Romina Angelici

Nota
Per i rimandi alle Lettere di Jane Austen, la numerazione è quella dell’ultima edizione curata da Deirdre Le Faye (Jane Austen’s Letters, Oxford University Press, 2011). Quando non c’è l’indicazione del destinatario, la lettera era indirizzata a Cassandra Austen. Le traduzioni riportate sono tutte tratte dal sito jausten.it curato da Giuseppe Ierolli, dove si trova anche l’elenco completo delle citazioni letterarie nell’epistolario e nelle opere di Jane Austen

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