Beatrice: un’antenata di Elizabeth Bennet?

L’influenza di Shakespeare sulla letteratura inglese (e non solo) è ovviamente riconosciuta da tutti. La stessa Jane Austen tributa al bardo un omaggio molto significativo in Mansfield Park, dove (nel cap. 34) Henry Crawford afferma:

Shakespeare lo si conosce anche senza sapere come. Fa parte della natura di un inglese. I suoi pensieri e le sue bellezze sono così diffusi intorno a noi che si percepiscono dappertutto; con lui si ha un rapporto intimo per istinto. Nessuno con un po’ di cervello può entrare in contatto con una parte di valore di una delle sue opere senza sentirsi immediatamente inserito nel flusso del suo pensiero.

 e Edmund Bertram risponde:

Non c’è dubbio,verso Shakespeare si avverte un certo grado di familiarità fin dall’infanzia. I suoi brani famosi sono citati da tutti; sono nella metà dei libri che apriamo, e tutti parliamo di Shakespeare, usiamo le sue similitudini e descriviamo con le sue descrizioni;

Una delle opere shakespeariane che presenta più analogie con un romanzo di Jane Austen è senz’altro Much Ado About Nothing [Molto rumore per nulla], dove molti aspetti della trama e dei personaggi richiamano alla mente Orgoglio e pregiudizio.
Su questo argomento Romina Angelici ci ha inviato il contributo che segue, che pubblichiamo molto volentieri, invitandovi a leggerne un altro analogo di Gabriella Parisi, apparso il 25 aprile 2012 sul blog Old Friends and New Fancies: “Quanto Much Ado About Nothing ha influenzato Jane Austen nella stesura di Pride and Prejudice?

* * *

Jocelyn Harris (in Jane Austen’s Art of Memory, 1989, pag. 109 dell’edizione 2003) sostiene che “Shakespeare was part of Jane Austen’s mental furniture” [Shakespeare era parte del bagaglio mentale di Jane Austen] e, parlando delle caratteristiche del personaggio di Darcy, richiama esplicitamente Molto rumore per nulla, insieme, ma in misura minore, a The History of Sir Charles Grandison di Samuel Richardson, uno dei romanzi più amati e letti da Jane Austen.
In effetti, si può affermare che le analogie della struttura tra Molto rumore per nulla e Orgoglio e pregiudizio siano talmente tante da rivelare un rapporto di filiazione tra le due opere, e non solo nel personaggio di Darcy.
Shakespeare scrisse questa pièce teatrale (1598/99) ispirandosi in gran parte a una novella italiana del Bandello (la XXII della prima parte delle Novelle, pubblicate nel 1554), e intrecciando poi la vicenda con una reminiscenza dell’episodio ariostesco di Ginevra e Ariodante nell’Orlando Furioso (l’equivoco generato da una cameriera che indossa gli abiti della padrona e per quella viene scambiata), del quale esistevano numerose versioni inglesi.

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In Jane Austen si possono ritrovare le strategie narrative usate dal  famoso drammaturgo: ciascuna coppia ha la sua copia speculare: Benedetto/Beatrice, Claudio/Ero ed Elizabeth/Darcy, Jane/Bingley; il registro basso è rappresentato da personaggi minori, popolari, ciarlieri; la complicazione della trama è dovuta a una duplice congiura: quella a opera del personaggio malvagio (don Juan/Wickham) e quella a fin di bene ordita dai personaggi positivi (don Pedro e Claudio, che vogliono far dichiarare Benedetto e Beatrice parlando all’uno dell’innamoramento dell’altra; Darcy, che distoglie Bingley da Jane perché pensa che lei non sia abbastanza coinvolta). Quanto alla struttura della trama, come osservato da Marilena Saracino nel suo saggio “Pride and Prejudice, le possibilità della deception” (in Dalla parte di Jane Austen, a cura di Francesco Marroni, 1994), le tappe sono pressoché identiche: entrambe le opere si aprono con l’arrivo di qualcuno che sembra destinato a essere l’eroe (Don Pedro e Bingley), mentre in ritardo entrano i veri protagonisti sia maschili che  femminili.

Quando l’attenzione si focalizza sui due protagonisti, essi ingaggiano un duello verbale che li presenta in magnetica contrapposizione: c’è una specie di allegra guerra tra Beatrice e Benedetto, lui la apostrofa “Oh la mia cara signora Sdegnosità” e lei risponde piccata: “È possibile che muoia la sdegnosità quando a nutrirla trova un cibo come il signor Benedetto?” (Atto I, Scena I, ).

Tra Elizabeth e Darcy la scintilla si accende altrettanto fulmineamente: lui la snobba al primo incontro e quando poi ripensandoci vorrebbe invitarla a ballare, è lei a ritrarsi: “E prendendole la mano, l’avrebbe offerta a Mr. Darcy, che, sebbene estremamente sorpreso, non era restio ad accettarla, quando lei indietreggiò improvvisamente e, con una certa agitazione, disse a Sir William, “A dire il vero, signore, non ho la minima intenzione di ballare. Vi prego di non pensare che sia venuta in questa direzione allo scopo di mendicare un cavaliere.” (cap. 6).

A un ballo − occasione pubblica di incontro − si compiono i primi fraintendimenti: don Pedro velato da una maschera si dichiara a Ero in nome di Claudio, che don Juan prova a far ingelosire, mentre Benedetto, celata la sua identità, riporta a Beatrice i poco lusinghieri giudizi che sul suo nome va spargendo il signor Benedetto. George Wickham arriva di stanza a Meryton e si insinua in pregiudizi già formati con la propria versione diffamatoria su Mr Darcy, e al ballo Lizzie arriva quasi alla contestazione diretta mentre balla con lui, del tutto fuorviata dal primo, che trama nell’ombra come don Juan.

Marcus Stone: Caudio, ingannato da don Juan, accusa Hero
Marcus Stone: Caudio, ingannato da don Juan, accusa Hero

L’espediente usato per  allontanare la coppia coprotagonista, Ero/Claudio e Jane/Bingley, è lo stesso: l’equivoco, anche se nel primo caso si arriva a far credere morta Ero per poterne preservare e ripristinare l’onorabilità, mentre nel secondo il malinteso tra Bingley e Jane consiste nel non aver compreso  i reciproci sentimenti, con conseguenze comunque non meno dolorose per entrambi. Anche in Orgoglio e pregiudizio si parla dell’onorabilità che Lydia, con la sua fuga passionale e sconsiderata con Wickham, rischia di far perdere a se stessa e a tutta la sua famiglia. E come qui è Darcy, per amore di Elizabeth, a rintracciare la coppia e a convincere Wickham a sposare la ragazza disonorata, là è Benedetto che, vedendo la disperazione di Beatrice per non poter fare giustizia alla cugina, giura di sfidare il suo stesso amico Claudio che l’ha calunniata e offesa. L’offerta d’aiuto è accorata in Benedetto: “Basta così. Mi impegno a sfidarlo. Vi bacio la mano e vi lascio. E sulla vostra mano giuro che Claudio me la pagherà cara” (Atto IV, sc. II); silenziosa quella di Darcy, che vuole agire nell’anonimato; ma lo scopo è lo stesso: alleviare la sofferenza dell’amata.

L’orgoglio e l’erroneo convincimento insaporiscono i dialoghi e le scene in entrambe le opere: Benedetto disdegna Beatrice invitandola a conservare il suo parere di non sposarsi “così qualche gentiluomo scamperà al destino di aver la faccia graffiata” (Atto I, scena I); Darcy definisce Lizzie appena “passabile”: “«Di chi stai parlando?» e girandosi, guardò per un istante Elizabeth, finché, avendone incrociato lo sguardo, distolse il suo e disse freddamente: «È passabile, ma non bella abbastanza da tentarmi; e al momento non sono dell’umore giusto per occuparmi di signorine trascurate dagli altri uomini. Faresti meglio a tornare dalla tua dama e a goderti i suoi sorrisi, perché con me stai perdendo tempo.»” (cap. 3).

Le connotazioni caratteriali di alcuni personaggi sono simili: l’arrendevolezza di Bingley e Claudio, la forza persuasiva di Darcy e don Pedro, la rassegnazione di Ero e di Jane. Ma la somiglianza si fa più stringente tra le due eroine: Beatrice ed Elizabeth.
Beatrice è la prima donna che con la sua intelligenza, il buonumore, l’ironia e le battute sagaci tiene testa agli uomini. Shakespeare ha caratterizzato questo personaggio femminile indomito, per nulla docile e remissivo, romantico o svenevole, ma ardito e sfrontato nell’affrontare l’uomo, nel sostenere con lui un confronto dialettico e polemico. Beatrice non teme di sbeffeggiare Benedetto, di sminuirne anche le doti militari e virili, e, accompagnandosi sempre con un’allegra risata, lo liquida con leggerezza e senza volgarità. Non è una popolana dalla lingua sciolta ma una nobile autosufficiente che ha la padronanza delle sue parole “madonna Lingua” e “parla pugnali”, dice Benedetto.
Anche Lizzie adora ridere e si diverte lanciando pungenti frecciatine, senza farsi intimidire dalle diecimila sterline di rendita di Mr Darcy, e non perde occasione di commentare sardonicamente le affermazioni del signore di Pemberley: il fuoco di fila delle tirate di Beatrice verso Benedetto e di Elizabeth verso Darcy segue lo stesso climax serrato.

Il tutto dura finché rimangono libere e autonome, scevre da mire matrimoniali, anzi entrambe sono completamente disinteressate a una prospettiva nuziale, a contrarre un legame coniugale. Beatrice risponde  senza mezzi termini allo zio che le augura di maritarsi un giorno: “No, finché Dio non farà gli uomini d’altra pasta che d’argilla. Non è penoso per una donna farsi sopraffare da un pezzo di polvere prepotente, dover rendere conto della sua vita a una zolla di creta testarda? No, zio, non ne voglio sapere: i figli di Adamo sono miei fratelli e sarebbe peccato grave sposarsi fra parenti” (Atto II, scena I). Elizabeth respinge prima la proposta di Mr Collins e poi quella di Mr Darcy, anche se bisogna riconoscere come nessuna delle due fosse formulata in maniera propriamente accattivante.

A poco a poco però entrambe perdono smalto e brillantezza, ambedue si fanno cogliere nella rete dell’equivoco, del misunderstanding, e poi cadono nelle braccia di Amore. Come Beatrice si lascia vincere da quello che crede essere l’innamoramento di Benedetto, così Elizabeth, dopo la prima dichiarazione di Mr Darcy, guarda dentro di sé e riconsidera i suoi sentimenti e le sue sensazioni. La resa è abbastanza veloce.
Non giungono subito a una piena consapevolezza, devono ancora ammettere a loro stesse di amare; nel frattempo si immalinconiscono, perdono il sorriso, e parallelamente l’intreccio si complica, intervengono circostanze esterne a ritardare il lieto fine. La conclusione a cui tutte e due giungono è la stessa: colui che credevano antipatico e odioso non è poi così indifferente.

Intanto colui che è stato sdegnosamente ignorato (nel caso di Beatrice) e rifiutato (nel caso di Elizabeth) si prodiga per risolvere i guai in cui è incappata l’amata, per sollevarla dalla sofferenza che la tocca da vicino: l’accusa ignominiosa a Ero e la fuga di Lydia turbano tantissimo rispettivamente la cugina e la sorella.
Sia Benedetto che Darcy non sopportano di vedere Beatrice ed Elizabeth in lacrime e passano prontamente all’azione, guadagnandosi la loro sicura gratitudine. L’equivoco è risolto, e dopo una serie di chiarimenti e disvelamenti la verità viene a galla. Il congiungersi delle due coppie e il loro matrimonio concludono entrambe le storie.

Se Beatrice era un personaggio rivoluzionario per il Seicento, una femminista ante-litteram, l’eroina di Orgoglio e Pregiudizio, scritto due secoli più tardi, lo è ancora per i suoi tempi, come possono esserlo due donne ribelli e indomite, irriducibili al silenzio e al capo chino, ma erette e fiere nella loro bellezza intelligente.

Romina Angelici

Nota
Le citazioni da Molto rumore per nulla sono tratte dalla traduzione italiana di Maura Del Serra (Newton Compton, 1993), mentre quelle da Mansfield Park e Orgoglio e pregiudizio sono dal sito jausten.it a cura di Giuseppe Ierolli.

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4 commenti

  1. Complimenti per il bellissimo parallelo tra le due storie.
    Il Bardo sicuramente ha trovato in Jane come nel resto dell’umanità e negli scrittori in particolare, schiere di innamorati delle sue parole e del suo stile, come pochi altri artisti possono vantare. Inoltre penso che abbia uno stile talmente riconoscibile che bastano due frasi per dire: questo è Shakespeare, anche questa caratteristica non comune, che ritrovo ad esempio in uno dei miei preferiti Oscar Wilde.
    Quindi non mi sorprende che si ritrovi in Jane ispirazione dal Bardo, nè che abbia voluto riprendere un personaggio tanto carismatico e rivoluzionario come Beatrice, inventando la nostra adorata Lizzie.
    Devo ammettere che la prima volta che ho letto Orgoglio e Pregiudizio mi sono innamorata delle risposte a tono di Elizabeth, del suo rimanere a testa alta e pretendere rispetto, ma mantenendo sempre maniere perfettamente educate, non come ahimè si vede nella trasposizione cinematografica più recente con la Knightley che dà in escandescenze e si alza da tavola davanti a tutti. Trovo inoltre che sebbene Beatrice sia del seicento e Lizzie dell’800 siano tutt’ora personaggi simbolo di una donna che difficilmente riceve il giusto trattamento e considerazione, cosa che ritengo sia attuale anche in questo terzo millennio.

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