Vi presentiamo oggi un articolo di Monica Fairview apparso il 24 agosto 2013 su The Book Rat, che riguarda le somiglianze fra Mansfield Park e Jane Eyre di Charlotte Brontë, un argomento che vale davvero la pena esplorare e discutere.
Per me era terribile tornare a casa al tramonto, con le dita delle mani e dei piedi intirizzite, il cuore afflitto per via dei rimproveri di Bessie, la bambinaia, e umiliata dalla consapevolezza della mia inferiorità fisica in confronto a Eliza, John e Georgiana…
Eliza John e Georgiana si erano riuniti intorno alla loro mamma in salotto, dove lei si era sdraiata su un divano vicino al caminetto, e con i suoi piccoli cari tutti intorno a sé (in quel momento nessuno di loro litigava o piangeva) sembrava completamente felice. Quanto a me, mi aveva proibito di unirmi al gruppo dicendo che “le dispiaceva dovermi tenere a distanza”, ma che “finché Bessie, dopo attenta osservazione, non le avesse riferito che io mi stavo dando da fare sul serio per assumere un atteggiamento più socievole, proprio come si addice alla mia età, e maniere più cortesi – un atteggiamento più allegro, più aperto, più naturale di quanto non fosse il mio – si vedeva davvero costretta a escludermi da quei privilegi riservati soltanto ai bambini felici e sorridenti. (**)
Così inizia Mansfield Park. Una bambina che non appartiene all’ambiente in cui vive viene rimproverata perché non si comporta in un modo socialmente più appropriato.
È l’outsider, esclusa da un mondo di persone che sono più sicure di sé e più felici. È una situazione paradossale. A meno che non si comporti come ci si aspetta da lei, è un’esclusa, ma come si suppone che possa diventare uno dei “bambini felici e sorridenti” quando viene “tenuta a distanza”?
È così che Fanny Price si sente quando arriva a Mansfield Park. Naturalmente, come ben saprete, la citazione all’inizio non è l’incipit del romanzo di Jane Austen. Proviene da Jane Eyre, ma sono colpita dalle analogie con cui le due scrittrici fanno cominciare le loro storie. Credo che mettere a confronto il modo in cui la Austen e la Brontë presentano le loro eroine sia un approccio molto proficuo nella comprensione di Mansfield Park.
Come nella scena precedentemente descritta, l’infelicità di Fanny viene presentata come una marcata antitesi al quadretto della famiglia felice: “Era una famiglia notevolmente fine, i figli molto attraenti, e le figlie decisamente belle, e tutti ben sviluppati e precoci per la loro età”. (***) Essi sono sicuri di sé, disinvolti e istruiti, mentre Fanny è timida, piccola e fuori dallo loro portata.
Come in Jane Eyre, vediamo una zia apparentemente benevola sul sofà, ma di fatto il sofà rappresenta indolenza, egoismo e inabilità a considerare il punto di vista di un’altra persona. Quando, in principio, le venne chiesto se Fanny fosse dovuta andare ad abitare con loro, l’unica preoccupazione di Lady Bertram fu che Fanny non disturbasse il suo piccolo carlino. Più avanti è descritta come “una donna che passava le giornate elegantemente abbigliata sul sofà” (***), che aveva poco tempo da dedicare ai suoi figli e neanche un po’ a Fanny.
In Mansfield Park, Mrs. Norris incoraggia attivamente le ragazze a non considerare Fanny come una loro pari, dal momento che, sebbene “vostro padre e vostra madre siano stati (grazie a me) così buoni da farla crescere insieme a voi, non è affatto necessario che diventi istruita come lo siete voi; al contrario, è più desiderabile che ci siano delle differenze.” (***) In Jane Eyre, “Padron” Reed, il cugino di Jane, le ricorda che è “una mantenuta qui, che non hai un soldo perché tuo padre ti ha lasciata senza niente. Dovresti andare a mendicare invece di vivere insieme ai figli di un gentiluomo, di mangiare quello che mangiamo noi…” (**) In entrambi i casi, le eroine dovevano soffrire non solo per il disprezzo dei loro parenti, ma anche per quello dei servitori. Jane è trattata molto malamente dai domestici, in particolar modo da Miss Abbott, malgrado Bessy prenda a volte le sue parti. Nel caso di Fanny, anche “le cameriere mettevano in ridicolo i suoi abiti”.(***)
Non solo l’inferiorità delle ragazze viene espressa apertamente, ma viene costantemente ricordato a entrambe che dovrebbero essere grate. Sin dal principio Fanny viene “quasi sopraffatta dagli ammonimenti di Mrs. Norris” che sottolinea “la sua prodigiosa fortuna, e la straordinaria gratitudine e comportamento ineccepibile che ciò doveva produrre”. (***) Anche in Jane Eyre, quando Jane devia dalla retta via, la si fa sentire in colpa.
“«Dovete essere consapevole, signorina, che siete tenuta a fare tutto quello che vi dice la signora Reed. Lei vi ha presa con sé, e se un giorno dovesse mandarvi via, allora non avreste altro posto dove andare oltre all’orfanotrofio.»
Non avevo nulla da rispondere a quelle parole che non mi erano affatto nuove. […] Il rimprovero della mia dipendenza era diventato una cantilena costante nel mio orecchio, molto dolorosa e umiliante, ma comprensibile solo a metà.” (****) Come in Jane Eyre, il fatto che Fanny non sia una bambina bella né affascinante fa una bella differenza sul modo in cui viene trattata: “Era piccola per la sua età, con un colorito spento, nessun’altra attrattiva che colpisse.” (***)
“A Gateshead Hall io ero come una nota stonata, non ero nessuno. […] Sapevo che se fossi stata una bambina allegra, solerte, spensierata, esigente, bella e divertente – anche se in fondo dipendevo sempre da loro ed ero senza amici – la signora Reed avrebbe sopportato la mia presenza con più generosità, i suoi figli mi avrebbero dimostrato più simpatia e i domestici sarebbero stati meno inclini a fare di me un capro espiatorio.” (****)
L’inizio dei due romanzi è simile, ma essi divergono più avanti perché i due personaggi reagiscono in modo completamente diverso alla loro condizione. In parte ciò è accidentale. Jane Eyre non intende ribellarsi, ma l’ingiustizia della sua situazione quando il cugino la colpisce e la fa sanguinare le fa perdere le staffe.
“Per tutto il tragitto continuai a dimenarmi: non mi era mai successo prima e questo episodio rafforzava di molto la pessima opinione che Bessie e la signorina Abbot erano propense ad avere di me. Il fatto è che ormai ero fuori controllo […] Ero consapevole che la ribellione di un istante mi aveva già resa oggetto di punizioni speciali e, come ogni altro schiavo ribelle, ero risoluta, nella mia disperazione, ad andare fino in fondo.” (****)
La ribellione di Jane Eyre la porta a essere allontanata da Gateshead Hall e condotta nella scuola da incubo di Mr. Brocklehurst. Di contro, il comportamento placido di Fanny si rivela essere un vantaggio, abbastanza da farla diventare “di tanto in tanto un’accettabile compagnia […] i loro divertimenti e i loro progetti erano talvolta di una natura tale da rendere utile una terza persona, specialmente quando quella terza persona aveva un carattere servizievole e accomodante”. La conclusione generale è che “Fanny aveva un carattere abbastanza buono”.(***)
Mansfield Park è il “giardino molto ben curato” di cui Charlotte Bronte parla quando rigetta con disprezzo Jane Austen come autrice. A parte l’inizio, Mansfield Park è per tanti versi esattamente l’opposto di Jane Eyre. Jane si ribella al fato, rifiutandosi di accettare il suo ruolo nella vita, sebbene le costi caro – quasi perde la vita per due volte. Fanny, d’altro canto, coglie la gentilezza laddove può trovarla (in Edmund) e cerca di mantenere un basso profilo, rifugiandosi nella sua superiorità morale e usandola come scudo contro il loro disprezzo.
In definitiva, la salvezza di Fanny è la gentilezza di Edmund. Se John Reed non fosse stato violento fisicamente, se invece fosse stato gentile, come Edmund, mi chiedo se il fato di Jane Eyre non sarebbe stato differente. Il momento fondamentale in cui il futuro delle due fanciulle viene definito dipende dal comportamento del cugino maschio più grande.
I primi due capitoli di Mansfield Park sono cruciali per capire cosa succede nel resto del romanzo. Sicuramente mi hanno aiutata a comprendere molto meglio l’adorazione di Fanny per Edmund. Paragonare la situazione di Fanny con quella di Jane Eyre serve da sollecito a essere arrendevole. L’alternativa per lei sarebbe stata il ritorno alla povertà. Infatti, è proprio quel che accade quando Fanny sfida effettivamente lo zio e rifiuta di sposare Henry Crawford. Viene mandata via – e anche noi diveniamo consapevoli di quanto siano odiose le condizioni della sua casa quando è costretta a tornare a viverci.
Cosa ne pensate? Fanny si sarebbe dovuta ribellare come Jane Eyre?
Potete leggere l’articolo originale a questo LINK.
Monica Fairview è una scrittrice inglese di romanzi ambientati nell’Inghilterra Regency. È l’autrice di due sequel di Orgoglio e pregiudizio, The Other Mr. Darcy e The Darcy Cousins e del racconto Nothing less than Fairy Land, un breve sequel di Emma sulla raccolta Jane Austen Made Me Do It a cura di Laurel Ann Nattress. Il 15 ottobre 2013 uscirà per White Soup Press il romanzo Steampunk Darcy: A Pride and Prejudice Inspired Comedy Adventure.
(*) In una lettera del 12 gennaio 1848 di Charlotte Brontë a George Henry Lewes la scrittrice dice: “Perché Miss Austen vi piace così tanto? Non riesco a comprenderne il motivo. Cosa vi ha indotto a dire che avreste preferito scrivere “Orgoglio e pregiudizio” o “Tom Jones” piuttosto che uno qualsiasi dei romanzi di Waverley (serie di libri di Sir Walter Scott. N.d.T.)? Non conoscevo “Orgoglio e pregiudizio” fino a quando non ho letto quella vostra frase, e dunque mi sono procurata il libro e l’ho studiato. E cosa vi ho trovato? Un accurato e minuzioso ritratto di un volto ordinario; un giardino molto ben curato, meticolosamente recintato con i confini ben delimitati e fiori delicati; ma nessun accenno a una fisionomia vivida e brillante; nessuna descrizione del paesaggio; dell’aria aperta; delle azzurre colline; di un bel torrente impetuoso. Difficilmente mi piacerebbe vivere con le sue dame e gentiluomini nelle loro case eleganti, ma limitate. Queste osservazioni probabilmente vi irriteranno, ma correrò il rischio.”
(**) Jane Eyre, capitolo 1. Traduzione di Marianna D’Ezio, Giunti, Firenze 2011
(***) Mansfield Park, capitolo 2. Traduzione di Giuseppe Ierolli
(****) Jane Eyre, capitolo 2. Traduzione di Marianna D’Ezio, Giunti, Firenze 2011
11 commenti
Il nipote biografo J.-E. Austen Leigh aveva colto un’analogia tra le due scrittrici così diverse nel loro comune schivare le interferenze nel loro progetto creativo riportando le parole di C. Bronte in riferimento alla collega: “Mai due scrittori potrebbero essere più diversi tra loro di quel che furono Jane Austen e Charlotte Bronte; tanto che questa non arrivava a capire per cosa di potesse ammirare l’altra, e confessava che “molto le sarebbe costato vivere con le sue dame e i suoi gentiluomini, nelle loro eleganti ma chiuse abitazioni”; ma ciascuna delel due resistette ad ogni interferenza nel proprio lavoro. Miss Bronte, rispondendo a un amichevole critico che l’aveva ammonita di non essere troppo melodrammatica, e si era azzardato fino a proporle di studiare le opere di miss Austen, scrive così: “Se mai dovessi scrivere un altro libro, penso che non avrà nulla di ciò che lei chiama melodramma…Penso anche che mi sforzerò di seguire il suggerimento che irraggia dal “mite sguardo” di miss Austen, di rifinire di più, di essere più pacata; ma neanche di questo sono sicura”… La giocosa ironia con cui l’una si difende dall’attentato alla sua libertà (verso il bibliotecario del Principe Reggente) e la veemente eloquenza dell’altra che combatte per la stessa causa e difende l’indipendenza dell’ispirazione, sono molto significative del carattere di queste due intelligenze” – da Ricordo di Jane Austen.
Segnalo un articolo di Roberto Bertinetti su IlSole24ore in cui viene citato proprio il passo riferito al giardino ben curato di Jane Austen:
http://www.ilsole24ore.com/art/cultura/2011-10-09/femminucce-sbarco-081608.shtml?uuid=AaQVjQBE&fromSearch
Articolo interessante. La citazione dalla lettera di CB non è però dalla lettera del gennaio 1848, come affermato nell’articolo, ma da una del 12 aprile 1850 indirizzata a W. S. Williams, con giudizi che sono comunque analoghi a quelli della lettera a Lewes di due anni prima.
Un articolo molto interessante perché mette in luce un parallelismo non immediato ma calzante, come ha saputo spiegare brillantemente Monica Fairview. Le analogie tra Jane e Fanny bambine sono davvero molte, anche se Jane dimostra sin da subito di avere una propensione maggiore alla ribellione… mi chiedo come avrebbe reagito Fanny se Edmund fosse stato simile all’odioso John Reed…
Grazie per la traduzione!
Sono contenta che tu l’abbia gradita, Gwen. Ma sai che ho pensato che anche la Murail abbia fatto lo stesso accostamento in Miss Charity? Non a caso, le cugine si chiamano Bertram, ma in realtà si comportano proprio come Eliza e Georgiana Reed!
Hai proprio ragione Gabriella, non a caso la Murail nei molteplici riferimenti letterari inseriti all’interno di “Miss Charity” sembra attingere soprattutto da questi due romanzi… e allora mi viene da pensare che l’intuizione di Monica Fairview per lei fosse già lampante 😉
Infatti ho consigliato a Monica di leggerlo, anche se non credo sia stato tradotto in inglese! :/
Davvero non è stato tradotto in inglese? Che peccato :-/ è un romanzo scritto benissimo e per di più è un omaggio alla cultura anglosassone!
Comunque no, Fanny ha fatto bene come ha fatto, o meglio Jane Austen le ha fatto fare la scelta più consona; Marianne avrebbe fatto come Jane Eyre…
A chi fosse interessato volevo segnalare il nuovo libro del prof. Francesco Marroni, Come leggere Jane Eyre, ed. Solfanelli che trovate su http://www.edizionisolfanelli.it/comeleggerejaneeyre.htm o su ibs.
Grazie per questo suggerimento Romina! Leggendo la bio – bibliografia del Prof. Marroni ho visto che è un esperto del periodo vittoriano e che ha scritto altre pubblicazioni molto interessanti… sicuramente da approfondire 🙂